fermiamo l'invasione
«Stanno preparando la costruzione di una grande moschea a Rimini, con
il benestare e il sostegno della Provincia: i veri cattolici devono
mobilitarsi per opporsi a questo piano, anche perché sappiamo che
questi centri non hanno una natura prettamente religiosa, ma
soprattutto politica e giuridica della comunità islamica e perseguono
il fine di conquista dettato dal Corano». Nella Chiesa ci sono ancora
sacerdoti rimasti immuni al virus ecumenico: militano nelle fila del
tradizionalismo cattolico, collaborano volentieri alle battaglie
identitarie del Carroccio e denunciano senza mezzi termini le
deviazioni dei vescovi progressisti.
Tra questi irriducibili che non hanno gettato la talare e sacrificato
la fede dei nostri padri sull'altare del modernismo, c'è un nome noto
agli ascoltatori di Radio Padania Libera, dove conduce un
apprezzatissimo programma: don Ugo Carandino, rettore della Casa San
Pio X di Rimini (San Martino dei Mulini, via Sarzana 86).
Don Carandino, già due anni fa lei aveva lanciato "l'allarme-moschea"
a Rimini: siamo arrivati al dunque?
«Direi di sì, nei giorni scorsi il parlamentino voluto dalla giunta
di sinistra per i rappresentanti degli immigrati ha rilanciato la
proposta di una grande moschea riminese che dovrà essere un punto di
riferimento per i mussulmani di tutta la Romagna. Ho saputo che
l'amministrazione provinciale ha accolto favorevolmente la richiesta,
immagino che tra poco si darà il via all'iter relativo». Inevitabilmente la Lega Nord scenderà in campo opponendosi a questa
nuova tappa dell'invasione islamica e incontrerà gli "anatemi" del
clero ecumenista. Avrà la "benedizione" di quello tradizionale? «Non c'è dubbio. Personalmente ho già partecipato a iniziative contro
la moschea di Bologna. A Rimini abbiamo una casa religiosa a San
Martino e, nel centro cittadino, in via Molini 8, una cappella dove
celebriamo la messa dei nostri padri secondo il rito tradizionale: ci
faremo sentire anche noi. A parte il fatto che l'islam è il
nemico "storico" della Cristianità, bisogna spiegare a tutti che le
moschee non sono veri luoghi di culto, ma avamposti della conquista
maomettana...»
Il vescovo di Cremona non sembra preoccuparsene molto, visto che ha
promesso agli islamici la concessione di locali della curia. Come
giudica questo atteggiamento?
«E' un comportamento indegno. è semplicemente inconcepibile che un
vescovo che si definisce cattolico si adoperi per favorire un'altra
religione. Il fine di un pastore degno di questo nome è sempre quello
di condurre all'ovile anche quelli che ancora non ne fanno parte. La
religione cattolica ha sempre considerato le varie credenze come un
ostacolo alla missione di Cristo, infatti Nostro Signore ha detto "io
sono la Via, la Verità e la Vita", e che solo attraverso di Lui si
giunge al Padre. Per questo la dottrina ha sempre posto il divieto
assoluto di promuovere culti acattolici. Oltretutto è scandaloso che
un vescovo assegni dei beni della Chiesa ai seguaci di un'altra
religione: lui è il custode, non il proprietario di questi beni che
spesso sono il frutto di donazioni e del sacrificio dei fedeli fatto
per spirito missionario».
L'ecumenismo del vescovo di Cremona, e quello dei tanti fautori di un
malinteso dialogo che mette sullo stesso piano tutte le religioni, è
dunque una colpa grave?
«Molto grave, è il frutto avvelenato di questa nuova religione
seguita al Concilio Vaticano II che finisce col promuovere
l'invasione islamica pilotata dai centri di potere del mondialismo.
Nell'attuale situazione i vescovi dovrebbero semmai adoperarsi per
convertire gli immigrati che arrivano qui e spronarli a tornare nei
loro Paesi per veicolare il cristianesimo. Invece mussulmani e
quant'altri vengono incoraggiati a rimanere nell'errore. Così
il "rispetto" delle altre fedi nasconde invece il peggior peccato del
clero ecumenico: la mancanza di vera carità, cioè la negligenza di
chi non si adopera per offrire a tutti gli strumenti di salvezza
della fede cattolica. Ma la carità è appunto il frutto della fede e
si realizza col conforto della buona dottrina: si vede che il vescovo
di Cremona difetta dell'una e dell'altra».
Gi. Fer.