Pollisti disperati: con la scusa deL senato federale e dell'election day vogliono far slittare le regionali del 2005 al 2006, in modo da evitare un'altra batosta.

PAURA, EH?


Il Messaggero, Mercoledì 25 Febbraio 2004

Berlusconi vuole l’election day per governatori e Senato Federale. Senza intoppi si tenterà il voto nel 2006
Riforme, patto per far slittare le regionali


E per l’elezione del Capo dello Stato una platea con 150 delegati degli enti locali


di ALBERTO GENTILI


ROMA - C’è di più, molto di più dell’intesa sulla ”contestualità affievolita”, nel bilancio del vertice di palazzo Chigi. Quello sulle riforme. C’è che Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Umberto Bossi e, per l’Udc, Francesco D’Onofrio hanno deciso di dare un anno di vita in più ai governatori. Se al centrodestra riuscirà l’operazione-devolution, in Lombardia, Lazio, Toscana, Umbria, Abruzzo, Marche e nelle altre regioni a statuto ordinario, non si voterà a scadenza. Cioè nella prossima primavera. Ma nel 2006, con appunto un anno di ritardo. Obiettivo ufficiale: procedere all’elezioni del nuovo Senato federale contestualmente a quelle dei consigli regionali, per risparmiare denaro pubblico, scongiurare l’astensionismo, fissare un’unica linea di partenza per Regioni e Senato federale. Obiettivo ufficioso: imporre un nuovo election-day per sfruttare al meglio l’effetto-traino-Berlusconi.
«L’idea», confida il coordinatore leghista Roberto Calderoli, «è venuta al premier, ed è ottima. Basta guardare come stanno andando le cose e vedere la capacità di comunicazione del Cavaliere, per capire che l’annunciata vittoria delle sinistre nel 2006 sta già virando in sconfitta...».
Lo stato maggiore della Casa delle libertà, nel lungo vertice dedicato alle riforme, ha anche pianificato il calendario. Per prima cosa è stato deciso che il termine ultimo, la dead-line , sarà l’ottobre 2005. «Se entro quella data», dice D’Onofrio, «la nuova architettura dello Stato non avrà ottenuto il quarto e ultimo voto parlamentare, getteremo la spugna. Sarebbe inutile del resto andare avanti, tanto più che la Lega avrà già tratto le conseguenze politiche: si sarà consumata la catastrofe politica della Casa delle libertà...». E tutto sarà rinviato al 2011.
Se invece l’accordo stretto ieri dovesse reggere fino all’autunno del 2005, la maggioranza procederà in due direzioni. La prima: l’indizione del referendum confermativo della riforma istituzionale poco prima delle elezioni politiche fissate nel maggio 2006. La seconda: il varo della legge ordinaria con la quale spostare in avanti di un anno il rinnovo dei consigli delle quindici Regioni a statuto ordinario. «Possiamo farlo dopo la prima lettura della Camera, se i deputati cambiano poco o nulla dell’impianto riformista. Oppure, dopo la seconda lettura del Senato», dice Calderoli.
Lo stato maggiore della Casa delle libertà non sembra per nulla impressionato dalle obiezioni dei governatori, che hanno già fatto sapere di non condividere la proroga. «Davanti alle telecamere e ai taccuini i presidenti delle Regioni protestano», sostiene il coordinatore leghista, «ma poi in segreto ti telefonano, ti chiedono se è vero. E si fregano le mani». «Non vedo quale sia il dramma di un eventuale slittamento», aggiunge il capogruppo forzista Renato Schifani, «non togliamo mica un anno di vita ai governatori, non li mandiamo a casa prima del tempo. Un anno di più al governo fa piacere a tutti...».
Berlusconi & C. hanno anche preso in considerazione la questione dell’elezione del nuovo capo dello Stato. L’idea è di scegliere il futuro inquilino del Quirinale con il nuovo sistema. «Per questo nessuno suggerirà a Ciampi di dimettersi anzitempo», afferma D’Onofrio. «Il nostro obiettivo è eleggere il nuovo presidente della Repubblica in quella che verrà chiamata ”l’Assemblea della Repubblica” che, oltre ai deputati e ai senatori, ospiterà 150-160 rappresentanti degli enti locali».
Naturalmente questo piano salterà in aria, e Berlusconi potrebbe tornare a fantasticare sulle dimissioni anticipate di Ciampi, se dovesse essere superata la dead-line dell’ottobre 2005. In quel caso - per nulla improbabile - niente Senato federale, niente norme anti-ribaltone e ”premier forte”. Niente anno in più di vita per i governatori.