CRESCITA DELL'OCCUPAZIONE IN ITALIA
1998:+1,1%
1999:+1,2%
2000:+1,9%
2001:+2,0%
2002:+1,5%
2003:+1,0%
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IL SALARIO BASTA PER VIVERE?
SI 32%
NO 21%
SI, PERO' DEVO VIVERE NELLA FAMIGLIA DI ORIGINE E FARE SACRIFICI 47%
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AUMENTO DELLA CASSA INTEGRAZIONE (ORDINARIA E STRAORD.)
2001: VALORE 100%
2002: VALORE 122%
2003: VALORE 162%
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PRESSIONE FISCALE (SUL LAVORO DIPENDENTE E PENSIONATI)
1999: 100%
2000: 97%
2001: 106%
2002: 111%
2003: 115%
PREVISIONE 2004: 118%
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OLTRE 16 MILIONI DI PENSIONATI IN ITALIA
PENSIONI FINO A 500 EURO: 32%
PENSIONI DA 501 A 1000 EURO 33%
TOTALE PENSIONI FINO A 1000 EURO : 65%
PENSIONI OLTRE 1000 EURO 35%
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26.02.2004
Berlusconi: 1500 licenziamenti all'Alitalia? Non è un dramma
di Marcella Ciarnelli
A chi ha osato ironizzare sulla sua immagine di presidente-operaio Silvio Berlusconi risponde proponendosi come presidente-pilota. L’improbabile Barone rosso, da quasi tre anni ai comandi dell’esecutivo, è atterrato in una mattinata di pioggia nel ministero delle Infrastrutture, ha ridotto il ministro Lunardi al rango di comparsa non consentendogli di dire neanche una parola, e ben oltre l’ora di colazione ha fornito anticipazioni in libertà sul futuro dell’Alitalia e su tutte le grandi opere che intende portare a termine. Che, precisa, sarebbero già finite, se non ci fosse stato da fare i conti con la tragica eredità del governo di centrosinistra. Unici dati concreti quelli del dopo patente a punti.
Per il futuro della compagnia di bandiera, un problema che «incombe ed è urgente», che «fa tremare i polsi» ma che «viene dal passato» il premier spera di «arrivare ad una soluzione nella notte di giovedì» per poter discutere nel Consiglio dei ministri di venerdì delle ipotesi di soluzione elaborate assieme al sottosegretario Gianni Letta che compare ogni volta che c’è da togliere le castagne dal fuoco. Ufficialmente Berlusconi esclude che «al momento» ci sia un’ipotesi di privatizzazione, conferma «l’ipotesi di un nuovo team manageriale» tanto più che «quel galantuomo di Mengozzi» ha messo a disposizione il suo posto «per il bene dell’azienda», preannuncia strategie «per attrarre capitale estero» e iniziative per «definire la politica delle alleanze». Resta, per il momento sullo sfondo, il piano di cui il muto Lunardi ha più volte parlato in questi giorni. Ci sarebbero tre cordate italiane pronte a comprare che hanno già presentato le proposte alla presidenza del Consiglio. Ma per il momento non è il caso di parlarne. Come non è il caso di affrontare il caso Fazio negandosi ad argomenti che non riguardino strettamente il dicastero messo sotto tutela. «Come sapete sono un noto dittatore...» afferma per driblare una domanda sul govenatore di Bankitalia.
Nel tentativo di rabbonire a scopi preelettorali i dipendenti del colosso dell’aria con le ali ferite «che perde ogni giorno due miliardi delle vecchie lire» Berlusconi conferma che è allo studio l’ipotesi di «estendere la cassa integrazione» anche ad un «settore in cui non era prevista» ma poi non ce la fa a nascondere il fastidio nei confronti di quei lavoratori che per difendere il proprio posto di lavoro hanno dato vita a una serie di manifestazioni e scioperi e altri sono pronti a farne. Che vogliono, si chiede il premier. «Dopo l’11 settembre molte compagnie straniere hanno risolto la crisi in cui erano precipitate con tagli al personale e riduzione dei costi. Alcune ne hanno effettuati anche diecimila. Il piano presentato dall’Alitalia prevedeva circa 1.500 tagli ed è successo il finimondo. Si è bloccata la vita normale dei cittadini. È difficile ipotizzare una politica di intervento operando in queste condizioni». A stretto giro gli ha risposto il sindaco della capitale, Walter Veltroni: «1.500 esuberi vanno considerati con grandissima preoccupazione sociale, sono tante famiglie e non le liquiderei con una battuta». Ed il presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra non manca di sottolineare che «i dipendenti di Rete4 sono stati più fortunati: hanno saputo subito che il loro datore di lavoro non gli avrebbe voltato le spalle e puntuale è arrivato il decreto».
Durante l’occupazione del palazzo di Porta Pia, Berlusconi ha provveduto a lanciare i soliti spot elettorali, lasciando per ora nel cassetto quelli turistiche che pure confessa di avere pronti, ed a lamentarsi del comportamento dell’opposizione. Ma anche di quello dei suoi partner di governo. «La difficoltà di un governo di coalizione» e del doversi misurare con un centrosinistra che «dice sempre bianco quando noi diciamo nero» sono i problemi che in egual misura lo affliggono. Insomma, si perde un sacco di tempo con i meccanismi della democrazia. «L’Italia -si lamenta il premier- non è come un’azienda e quando hai preso una decisione succede che ti scontri con un sistema burocratico che è il contrario di quanto necessario per uno stato efficiente».
Hai voglia a perdere ore di sonno tanto che per la stanchezza confessata il premier si confonde nella fluviale conferenza stampa anche sul nome dei ministri chiamando Moratti il muto Lunardi. Hai voglia ad elencare grandi opere che non ci sono, annunciando trentacinque visite nell’anno in corso di cui otto in campagna elettorale ai cantieri fantasma il cui elenco è contenuto in una misteriosa cartellina gialla che il capo del governo sventola ma non apre mai.
Non gli restano che il Milan e Bruno Vespa. La squadra del cuore («non sono mai stato interista, non si può cambiare religione, se no si abiura») a suo pare solo spronata in diretta tv perché «aveva bisogno di osare» ed il comodo salotto di Raiuno in cui Berlusconi si augura di essere invitato al più presto con il senza parola Lunardi e i modellini degli ipotetici cantieri, «sperando che la Rai consenta al dottor Vespa di mantenere l’impegno che ha assunto con me». E ridacchia, convinto di aver liquidato con una battuta il conflitto d’interessi che lui impersona
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