Da sempre esiste una sorta di pudore nel proporre al pubblico le fotografie che documentano lo scempio della morte e la brutale realtà dei corpi devastati. I terribili effetti di una bomba o di un machete sui corpi, lo strazio dei cadaveri mutilati, i segni delle guerre e del terrorismo tendono a non venire mai mostrati, neppure nei reportage dal fronte. Una remora che per alcuni serve a preservare l'opinione pubblica da un orrore che potrebbe rivelarsi ancora più dannoso mentre per altri assomiglia a una censura, necessaria perché il mito della guerra tecnologica non venga brutalmente smascherato.
In realtà il dilemma sull'opportunità di pubblicare o non pubblicare certe immagini non ha solo connotazioni, per così dire, "politiche" ma ne presenta anche, molto profonde, di carattere morale, oltre che giornalistico. Tanto che il dibattito su "fin dove spingersi" è attuale da decenni e, nella società della globalizzazione mediatica, assume un'importanza cruciale.
In Italia la discussione è stato riaccesa nei giorni scorsi dalla decisione del quotidiano Il Foglio di pubblicare una serie di fotografie diffuse dal governo israeliano sui devastanti effetti di un attentato suicida a bordo di un autobus di linea. Il titolo scelto dal giornale per lanciare il servizio ci dà subito l'idea del terribile contenuto: "La macelleria terrorista".
Arti mozzati, resti umani insanguinati tra le lamiere, viscere sparse sull'asfalto. Questo, molto in breve, il contenuto delle scioccanti immagini dell'attentato di Gerusalemme, 11 le vittime e 40 i feriti gravi, pubblicate sul Foglio del 3 febbraio scorso.
L'intento del quotidiano di Ferrara è quello di mostrare, con un evidente pugno nello stomaco, che "il terrorismo - citiamo il giornale - è una paura dell'invisibile, e questa paura forgia le coscienze degli occidentali che cedono terreno alla sua logica nell'invisibilità. Ecco, adesso si vede di che si tratta".
Da sempre schierato a sostegno della causa israeliana, Il Foglio intende difendere, anche ricorrendo a queste atroci immagini, il diritto del governo di Sharon di dotarsi della controversa barriera difensiva - fence per i sostenitori, semplice muro per i detrattori - contro gli attacchi suicida.
La presa di posizione del giornale è chiara: "Queste membra sparse non appartengono a militanti, a gente impegnata in una battaglia patriottica, qualunque essa sia e comunque sia motivata; appartengono a corpi di persone comuni, che abitano in un paese e hanno un'identità, quella ebraica, che le espone al macello da molti secoli".