TANZI: COSI' HO PAGATO PRODI
SALLUSTI
Ho letto i segreti di Calisto Tanzi. Quelli che fino al 27 dicembre, giorno del suo arresto, erano inconfessabili e che ora sono parole imbarazzanti trascritte su verbali secretati e custoditi nella cassaforte dei giudici di Parma. Sì, perché l'ex capo della Parmalat non solo ha ricostruito nel corso dei numerosi interrogatori già resi pubblici i meccanismi della grande truffa, ma ha raccontato anche dei suoi rapporti con i politici di tutti i partiti, con banchieri, con i giornalisti. Rapporti spesso ambigui, scambi di favori, di cortesie. E di soldi. Nelle pagine dei verbali che non sono state consegnate neppure agli avvocati difensori ci sono nomi importanti, alcuni di personaggi insospettabili. Pure quelli di alte cariche - presenti e passate - del governo e dello Stato. Una mappa che da oggi Libero è in grado di ricostruire. E di raccontare andando oltre le poche indiscrezioni trapelate. Qualche premessa è necessaria. Primo: Tanzi non parla mai di tangenti o di reati ma di «finanziamenti», a volte spontanei, a volte consigliati da qualcuno, e che come tali potrebbero quindi essere leciti e regolari. Secondo: Tanzi risponde alle domande da una cella del carcere, senza poter consultare agende o documenti e quindi il suo racconto è a volte privo di riferimenti temporali chiari, di cifre precise. In alcuni casi l'ex presidente racconta di elargizioni fatte da lui direttamente, in altri di incarichi affidati a collaboratori, mediatori e faccendieri che potrebbero anche aver mentito al capo. Terzo: quella di Tanzi è una versione di parte, per di più di una parte che i fatti venuti alla luce dimostrano non essere particolarmente affidabile e trasparente. Fatto sta che questa che stiamo per raccontare è la verità che «l'indagato Tanzi Calisto, nato a Collecchio il 17.11.1938», «privo di sopranome», come burocraticamente scrivono i verbalizzanti, ha raccontato ai pm. Un capitolo degli interrogatori si intitola: «Finanziamenti a Romano Prodi». Senza tanti giri di parole, Tanzi ammette di aver effettuato pagamenti a Prodi «in contanti» due volte. L'ex presidente di Parmalat ricorda di aver dato, tramite Gianni Pecci, 150 milioni al leader dell'U- livo in occasione della campagna elettorale del 1996 e altrettanti «lo scorso anno». Pecci in effetti è stato uno dei fedelissimi del presidente europeo: fu l'inventore del famoso pullman di Prodi, direttore generale di Nomisma (l'istituto fondato da Prodi stesso) e poi amministratore delegato della Cirm. Tanzi non si limita a raccontare di questi due finanziamenti. Ai giudici spiega di come fu consigliato a entrare come socio, apportando capitale fresco, proprio in Nomisma e a far nominare come presidente della stessa Paolo De Castro (famoso più come ministro delle politiche agricole del governo d'Alema). L'operazione avvenne (l'ingresso in Nomisma attraverso la controllata Boschi) e l'ex patron di Parmalat fa mettere a verbale che così facendo si augurava un occhio di riguardo rispetto alle esigenze legislative e finanziarie del gruppo sia da parte del presidente dell'Europa che del governo. Qualcuno gli fece promesse in tal senso? Tanzi non precisa, ma si limita a ribadire una sua convinzione. Sì, l'uomo era convinto che conveniva ungere o as- secondare richieste di soldi da parte di personaggi chiave. Racconta: «Per questo tipo di finanziamenti ai politici e per evitare le norme antiriciclaggio aprimmo due conti a San Marino, uno intestato a me, l'altro a Gorreri». Tanzi si riferisce a Franco Gorreri, personaggio chiave della vicenda Parmalat, passato da membro del consiglio di amministrazione del gruppo di Collecchio a presidente della Banca Monte Parma per volontà di Calisto, arrestato il 19 gennaio. E proprio da Monte Parma, racconta Tanzi ai pm, venivano travasati i soldi che servivano per alimentare i due conti clandestini di San Marino. Un po' come la Cirio di Cragnotti che - è notizia di ieri - con i fondi del gruppo pagava i premi ai giocatori della Lazio invece che i debiti con i risparmiator i. Gorreri, sostiene ancora Tanzi, segnalò l'importanza di finanziare anche un altro esponente di punta dell'Ulivo, il ministro dei Trasporti del governo D'Alema, Pierluigi Bersani. Che nell'inter rogator io viene citato come beneficiario delle attenzioni economiche del gruppo con una sola annotazione: «Avvenne quattro anni fa». Il presidente di Parmalat è parco di dettagli ma non esita a snocciolare nomi, anche grossi della sua lista personale. «Abbiamo dato soldi anche a Massimo D'Alema», dice. E precisa come: «Attraverso Minniti». Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo D'Alema, allora indiscusso e potente braccio destro dell'attuale presidente dei diessini. Secondo Tanzi le elargizioni a D'Alema passavano anche attraverso l'interessamento di Pierluigi Piccini, presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. E attraverso un altro canale raggiungevano pure la «Fondazione Italiani europei», ideata da D'Alema stesso. Quanti soldi? In che forma, a che titolo? Nella cella di San Vittore l'ex tutto Tanzi Calisto da Collecchio non precisa o non ricorda. Qualcuno però sta già accertando. Questo ed altro.
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Vorrei capire perchè mi è stato censurato?