In questi giorni si fa un gran parlare della necessità, per una chiesa asservita al denaro “sterco del demonio”, di ritornare alla purezza evangelica, alla povertà cristica da taluni, facili demagoghi, intesa come vera essenza del cristianesimo.
E’ davvero così? ovvero il filantropo dalla lagrima facile preoccupato dell’altrui sciagura rappresenta il vero cristiano? la povertà e la carità sono il fine ultimo? e i romiti solitari che cercano quiete e beatitudine nascosti alla folla? e i mistici che insegnano che quando si raggiunge la quiete interioriore si prova un’indifferenza totale per quello che ci circonda, che cosa sarebbero? pericolosi eretici secondo questo dogma di “cristianesimo umanitarista” ... non si nasconde invece anche nel gran criterio della povertà un pericoloso inganno e una truffa? Il donare deve essere “gratuito” non imposto dalla morale o da convenzioni sociali (come avviene nell’umanitarismo moderno) altrimenti ciò non può che portare ad una sorta di ipertrofia dell’io, ad un appagamento interiore ben lontano alla morte a se stessi che si dovrebbe invece cercare.
Il Rosmini invitava all’indifferenza verso tutte le opere buone scrivendo che “santa può essere l’opera in se medesima; ma non è l’opera in se medesima che Iddio vuole, ma quella che è santa per noi” aggiungendo a proposito della carità che “tale è l’esercizio della carità del prossimo: la perfezione sta nell’accettare le occasioni di fare il bene, più che nel cercarle: cercandole ci mettiamo spesso del nostro, distinguiamo bene da bene, escludiamo l’uno per attender all’altro, mentre noi non sappiamo quello che ci convenga, nè sappiamo quello che convenga al bene generale.”