Corriere della Sera

Che Tolkien si dichiarasse cattolico è cosa nota; ma i lettori comuni del
Signore degli anelli (e ora il pubblico del cinema) non ravvisano segni
biblici nella saga, evocatrice semmai di quei miti e poemi nordici (Edda,
Kalevala) così amati dal professore oxoniano. Cristiano o pagano, dunque?
Dalla disputa, per la verità tutta italiana, è uscito un libro ( Paganesimo
e cristianesimo in Tolkien , e dizioni il Minotauro, pag. 210, 14,50) dove
due studiosi, Errico Passaro (tesi pagana) e Marco Respinti (tesi cristiana)
si affrontano, anche se sovente gli argomenti tendono più a integrarsi che a
respingersi. Per la loro ambivalenza. Una volta, per esempio, Tolkien
dichiarò: «L'Evangelium non ha abrogato le leggende; ma le ha santificate
nel lieto fine». Ciò può deporre a favore della tesi cristiana, del senso
religioso celato nelle pieghe del racconto; ma suona anche di critica agli
anatemi ecclesiali che, a partire dalla Chiesa costantiniana, hanno
rigettato i miti, le credenze e le cosmogonie dell'umanità cosiddetta
pagana; che Tolkien, invece, accoglie come grandioso preambolo dell'era
cristiana.
Una via per dirimere la questione è cercare nella saga valori affini o
estranei al cristianesimo: impresa ardua perché la solidarietà, il perdono,
la lealtà, il sacrificio, la stessa provvidenza non si trovano solo nella
Bibbia. Altra, e più utile via è considerare l'insieme, l'impianto della
creazione tolkeniana a partire dal Silmarillon , dal creatore Iluvatar agli
Ainun fino agli Elfi, agli Uomini e agli Hobbit. Il signore degli anelli si
ferma alla fine della Terza Era, quando gli Elfi si ritirano su altri piani
dell'essere e comincia l'era degli Uomini. L'incarnazione di Cristo, dunque,
si manifesta in un'era a venire rispetto alla saga e quindi non vi figura,
anche se tutto scorre entro un'aura di sacralità non sapremmo dire quanto
«profetica».
Per capire il nesso fra paganesimo e cristianesimo in Tolkien è utile,
piuttosto, la vicenda del suo amico Clive S. Lewis, grande scrittore
fantastico e studioso di mitologie nordiche: perché, si chiedeva da buon
ateo, non considerare la storia di Gesù alla stregua di altre remote
letterature?
Nel 1931, però, ebbe luogo una storica riunione in casa Tolkien: e prima
dell'alba, pressato dall'amico, Lewis si convertì e si convinse che «in quei
racconti pagani era sempre Dio ad esprimersi attraverso voci ispirate. Erano
l'intuizione poetica di un mito a venire: quello narrato in forma
meravigliosa da Isaia e dai profeti biblici, non diverso dagli altri, ma che
divenne fatto nella nascita di Cristo». Il cattolico Tolkien non abrogò,
quindi, ma fece amare i miti precristiani; e volle scrivere il Pater Noster
in Sindarin , la lingua elfica.
Cesare Medail


Avvenire
CULTURA E SOCIETÀ
Mentre sta per arrivare in Italia l'ultimo film della trilogia, nuovi studi
rivendicano la dimensione cristiana dell'epica di Tolkien
La redenzione degli anelli
La Vergine Maria rappresenta il modello di una bellezza sublime E la
tormentata vicenda di Frodo ha molti punti di contatto con la Passione di
Gesù
Da Londra Silvia Guzzetti
Finalmente ci siamo. Dopo un viaggio stremante, affaticati fino alla morte
nel corpo e nella mente, sopravvissuti per miracolo all'agguato di Shelob,
Frodo e Sam si affacciano al cratere della Monte Fato. È il momento che
milioni di spettatori aspettano da tre anni, per il quale la Compagnia
dell'Anello ha affrontato battaglie estenuanti e terrificanti avventure, il
culmine dell'epica della Terra di Mezzo. A Frodo basterebbe pochissimo per
buttare l'anello e sconfiggere Sauron, ma l'hobbit esita. «L'anello è mio»,
grida, vittima anche lui dell'influenza del Maligno. Ed è a questo punto che
Gollum stacca con un morso il dito del padrone e, traballando, precipita,
insieme con dito e anello, nella voragine.
Un finale poco eroico, quasi inspiegabile, che sembra contraddire il
significato dell'intero racconto. Ma Secondo Stratford Caldecott, direttore
del Chesterton Institute di Oxford e autore di due volumi sulla spiritualità
di Tolkien, la spiegazione si trova nella visione cristiana che ha ispirato
lo scrittore. In Secret Fire. The Spiritual Vision of J.R.R. Tolkien («Fuoco
secreto. La visione spirituale di J.R.R. Tolkien», pubblicato da Darton,
Longman & Todd) e in A Hidden Presence. The Catholic Imagination of J.R.R.
Tolkien, («Una presenza nascosta. L'immaginazione cattolica di J.R.R.
Tolkien», collezione di saggi curata con Ian Boyd e pubblicata dalla
Chesterton Press) Caldecott dimostra che la distruzione dell'anello avviene
per un intervento della Grazia divina.
Quello che sembra un incidente - il morso di Gollum al dito di Frodo e la
conseguente caduta nel cratere della montagna - è una infatti conseguenza
della decisione di Frodo di risparmiare la vita di Gollum. Mentre Sam, servo
fedele dell'eroe del Signore degli Anelli, si sarebbe liberato già da tempo
di Gollum, Frodo lo salva più volte con gesti di pura misericordia.
Tolkien stesso spiega nelle sue lettere, riprese nei due volumi curati da
Caldecott, che la salvezza del mondo e di Frodo vengono ottenute grazie alla
capacità di perdono e di pietà dell'hobbit. Con il suo finale a sorpresa,
Tolkien dimostra che è Dio a salvare la Terra di Mezzo, agendo attraverso
l'amore e la libertà delle sue creature.
E non si tratta dell'unico esempio del fatto che Il Signore degli Anelli è
stato modellato su una visione cristiana del mondo. Benché nella storia non
siano presenti Dio o una religione organizzata, Tolkien ammette nelle sue
lettere di aver tratto personaggi, date e episodi dalle pagine del Vangelo e
della Bibbia. Lo scrittore ammette, tra l'altro, di aver assunto la Vergine
Maria come modello di bellezza sublime. L'immagine di Maria come stella del
mare ispira i personaggi di Varda o Elbereth, la regina delle stelle
venerata dagli elfi, e il personaggio di Galadriel, che per Frodo
rappresenta la visione terrena di Elbereth. Nella descrizione che Sam ne fa
a Faramir i cattolici non stentano a riconoscere la ragazza di Nazareth,
coronata con fiori e stelle: «È bella! Signore! Bellissima! Qualche volta
come un grande albero in fiore, qualche volta come un giglio bianco, piccolo
e magro. Dura come diamanti, soffice come il chiaro di luna. Calda come la
luce del sole, fredda come il gelo nelle stelle. Orgogliosa e lontana come
una montagna coperta di neve e felice come qualunque ragazza in primavera
con le margherite fra I capelli».
Anche il viaggio della Compagnia dell'Anello è modellato sul racconto della
Redenzione. Il desiderio di possedere il gioiello ricorda il peccato
originale, il giorno nel quale viene distrutto è il 25 marzo, data della
festa dell'Annunciazione e del momento dell'Incarnazione perché il «sì» di
Maria a Dio è l'esatto opposto della volontà della creatura di usurpare
potere per se stessa, incarnata da Adamo come da tutti coloro che vengono a
contatto con l'anello.
L'hobbit, eroe di questa epica che tanti hanno interpretato come pagana, è
modellato, secondo Caldecott, sulla figura di Cristo. Frodo è una creatura
debole e umile, al quale viene affidato un enorme compito all'interno di un
piano che, come quello della Salvezza, sembra una follia al mondo. Come
Gesù, anche Frodo si lascia umiliare e ferire, rifiuta la gloria terrena in
nome di qualcosa di più importante. E la somiglianza tra i due si
intensifica con il procedere del racconto. Il lungo passaggio delle paludi
della morte, ricorda le ore nel Giardino del Getsemani; Frodo viene tradito
da Gollum, il compagno che ha più volte salvato, come Gesù da Giuda. Il peso
crescente del suo carico ricorda quello della Croce e l'aiuto di Sam quello
di Simone.
Citando brani del Vangelo e della Bibbia e rifacendosi alle lettere nelle
quali Tolkien racconta la genesi del Signore degli Anelli, Caldecott
dimostra dunque in modo convincente come Tolkien non abbia soltanto
costruito la sua epica in coerenza con il cristianesimo, ma si sia ispirato,
persino nella scelta di date e nella costruzione di episodi e personaggi,
alla teologia cristiana.

Avvenire
ORTÍRIELYANNA RUCIMME, AINA ERUONTARI, ALALYE NATTIRA ARCA·NDEMMAR
SANGIESSEMMAN ONO ALYE ETERÚNA ME ILLUME ILYA RAXELLOR ALCARIN VÉNDE AR
MANAQUENTA
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non
disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni
pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta
Così pregano gli elfi di Tolkien
A pochi giorni dall'arrivo in Italia del «Ritorno del re» cinematografico,
si riapre il dibattito sulle convinzioni religiose dell'autore inglese. E
spuntano le sue traduzioni di alcune orazioni cristiane nelle lingue
adoperate dalle popolazioni della Terra di Mezzo
Di Alessandro Zaccuri
Ortírielyanna? Rucimme? Aina Eruontari? Ma che lingua sarebbe questa?
Semplice, è Quenya, qualcosa tipo l'antico alto-elfico. Il «latino» del
popolo al quale appartengono l'intrepida Arwen e la celestiale Galadriel,
che poi al cinema sarebbero Liv Tyler e Cate Blanchett. Volendo, lo si può
anche studiare, il Quenya, grazie agli appositi «manuali» redatti da Edouard
J. Kloczko e pubblicati in Italia dalla romana Tre Editori all'interno
dell'Enciclopedia illustrata della Terra di Mezzo (il tomo relativo
all'elfico è uscito nel 2002, quello sugli idiomi di hobbit, nani e orchi
nel 2003). Di nuovo Tolkien. E di nuovo il problema del cristianesimo del
Signore degli Anelli. Dell'opera, è chiaro, visto che delle convinzioni
religiose dell'autore - stimato medievista oltre che cattolico dichiarato -
non è dato dubitare. Lo ammette anche Errico Passaro, autore con Marco
Respinti di un libro-dibattito significativamente intitolato Paganesimo e
Cristianesimo in Tolkien (il volume, edito dal Minotauro, arriverà in
libreria il prossimo 26 gennaio, pagine 200, euro 14,50). Un faccia a faccia
nel quale Passaro - ufficiale dell'Aeronautica militare, studioso di fantasy
e autore di romanzi come Le maschere del potere, pubblicato da Nord nel
1999 - sostiene appunto il ruolo del «pagano», mentre spetta a Respinti,
curatore fra l'altro dell'edizione italiana di Tolkien e il Signore degli
Anelli di Colin Duriez (Gribaudi, 2002), rivendicare l'ortodossia del
Legendarium tolkieniano. In buona sostanza, Passaro si dice convinto che
nella Terra di Mezzo gli elementi della tradizione pagana convivano senza
contraddizione con un sostrato cristiano, risultando però più evidenti e -
in definitiva - decisivi. Di parere contrario Respinti, per il quale la
posizione di Tolkien si avvicina molto a quella di Luis Vaz de Camões, il
poeta cinquecentesco portoghese che nell'epica dei Lusiadi fa ricorso
all'apparato mitologico classico, caricandolo tuttavia di valori e
riferimenti di indubbio significato cristiano. E se Passaro parte dall'opera
di Tolkien per arrivare soltanto in subordine alla biografia dell'autore,
Respinti segue il percorso inverso, individuando in particolare i punti di
contatto fra la costruzione fantastica del Signore degli Anelli e la
profonda fede cattolica dello scrittore («Io ti propongo l'unica grande cosa
da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento», affermava nel 1941 in una
lettera al figlio Michael). Fra gli episodi più significativi ricordati da
Respinti, figura anche l'esperimento di traduzione in Quenya di una manciata
di preghiere cristiane: il Padre Nostro, l'Ave Maria, il Gloria e le Litanie
laureatane precedute dal Sub tuum presidium, antichissima invocazione
mariana (è presente in un papiro egiziano del III secolo). Quest'ultimo è il
testo che riproduciamo in questa pagina: una conferma del fatto che, pagani
o non pagani, in fatto di preghiera anche gli elfi hanno le idee chiare.