MARCE.
Quelli che non sfilano per la resistenza irachena
Alla marcia per la pace del 20 marzo a Roma, quella in cui qualche leaderino ha promesso di accoglierli a suon di «ceffoni umanitari», i Ds ci saranno. La Quercia, un partito retto da una maggioranza di «delinquenti politici» secondo la definizione di Gino Strada (per il fondatore di Emergency sono delinquenti tutti i parlamentari che non hanno votato no al rifinanziamento della missione italiana) sfilerà divisa in tre tronconi, come tre, del resto, sono state le dichiarazioni di voto alla Camera l'altroieri. In quanto membri del comitato organizzatore, l'associazione Aprile, alias correntone, e la sinistra “laburista” di Cesare Salvi marceranno a parte, confuse tra le altre realtà che hanno indetto la marcia e firmato il manifesto di convocazione, quello in cui si legge tra le altre cose: «Sosteniamo il diritto dei nostri fratelli e sorelle irachene a resistere alla occupazione». Il resto del partito sfilerà con una piattaforma autonoma, così autonoma che a tutelarne l'autonomia sarà organizzato un servizio d'ordine fornito per l'occasione dai camalli livornesi della Cgil e dal sindacato emiliano.
Oltre a quelle marcianti c'è nella Quercia una quarta componente: quella fetta di partito che non ha alcuna intenzione di scendere in piazza con chi, insulti a parte, professa parole d'ordine antitetiche alle proprie. Dice Enrico Morando: «Fassino ha parlato di etica della responsabilità. Secondo me bisogna fare un passaggio ulteriore, verso l'etica della convinzione, sulla base della quale è giusto non manifestare il 20 marzo e lo è altrettanto non avvertire alcun senso di inferiorità morale nei confronti di chi lo fa». Aggiunge Morando che «è inaccettabile questa tecnica ormai invalsa per cui i Ds aderiscono alle manifestazioni a giochi fatti, con una propria piattaforma che spesso non è compatibile con quella degli organizzatori. È ora di cambiare: o ci sono le condizioni per influire sin dall'inizio sui caratteri essenziali di una piattaforma di piazza oppure è bene rinunciare a partecipare». Per il leader dell'ala liberal «differenziarsi avrebbe anche rappresentato un aiuto per quei settori del mondo cattolico, come le Acli e molte ong, che da subito hanno preso nel merito le distanze dai contenuti della manifestazione». L'operazione di sponda con l'ala pacifista moderata è indifferibile anche per un altro disertore della piazza come Umberto Ranieri: «Gli eccessi e le forzatura dei vari Casarini, Strada, Caruso - dice al Riformista l'ex sottosegretario - produrranno un ripiegamento del movimento. Bisogna sostenere lo sviluppo di un movimento diverso da quello in cui a prevalere sono ormai le impostazioni estremistiche». Non solo, secondo il dalemiano Peppino Caldarola occorre ripensare completamente la logica del rapporto partiti-movimenti: «Bisogna farla finita - dice l'ex direttore dell'Unità - con l'idea che sia giusto per un partito proclamarsi parte di un movimento. Una reciproca distinzione giova invece a tutte e due le parti. Questo movimento per la pace è una realtà, ha un suo gruppo dirigente legittimato da anni di lotte. Se un altro stato maggiore bussa alla porta per affiancarsi, è del tutto normale che questo gruppo dirigente ponga la questione nei termini più estremi e dica: “o sei sulle nostre posizioni o sei fuori”. Siccome noi non siamo sulle loro posizioni, è bene per noi restarne fuori e spiegare all'opinione pubblica pacifista, che è altra cosa dal movimento, la specificità delle nostre». Caldarola cita anche un exemplum storico: «Quando Longo incontrò Scalzone e gli altri leader del Sessantotto non lo fece proclamandosi parte di quel movimento. Li incontrò, ci fu intesa di fondo e alle elezioni il Pci guadagnò un milione di voti». Quanto a Strada, per Caldarola la sua ultima uscita è «totalmente intollerabile», come lo è sfilare in appoggio alla resistenza, che «per me - dice il deputato ds - è l'equivalente di inneggiare ai ragazzi di Salò». La piattaforma è aberrante e inconciliabile con una presenza in piazza dei Ds anche per il senatore Giorgio Tonini, che il giorno della marcia sarà in missione all'estero, ma che non sarebbe andato comunque a «una manifestazione egemonizzata dai toni oltranzisti di una frangia estremista. Seminare odio con certe dichiarazioni - aggiunge Tonini su Strada - è agli antipodi di una cultura della pace, che si costruisce con la pratica della tolleranza e non con la logica della clava». Vede nero Salvatore Buglio: «Il movimento che va in piazza sabato - dice il deputato - è caratterizzato solo dall'antiamericanismo, dall'antiberlusconismo e dall'opposizione alla lista unitaria. In queste condizioni noi ci uniamo alla manifestazione in condizioni di totale subalternità, ospiti indesiderati di una casa dove i padroni hanno già preparato per noi un bel trappolone».