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    Predefinito Domani si vota in Russia per le presidenziali

    MOSCA - Domenica oltre cento milioni di russi sono chiamati alle urne per eleggere il presidente della federazione. Grande favorito e senza nessun rivale di rilievo, l'attuale capo dello stato, Vladimir Putin. Il voto russo di domenica e' il quarto nella storia del Paese per l'elezione diretta a suffragio universale del presidente, dopo quelli del giugno 1991 (quando la repubblica russa era ancora un soggetto interno all'Urss, seppure in via di sganciamento), del giugno 1996 e dell'aprile 2000. Sulla base di quanto stabilito dalla Costituzione del '93, il leader del Cremlino viene eletto per un mandato di quattro anni, rinnovabile una volta sola. Il termine era fissato invece in cinque anni al momento delle elezioni del '91.

    Ecco di seguito i risultati delle precedenti competizioni presidenziali (prendendo in considerazione i candidati dallo 0, 4% dei voti in su), e la previsione media di voto indicata dai vari sondaggi per i pretendenti in gara domenica. 1991: - BORIS IELTSIN (fronte democratico): 57,3%. - Nikolai Rizhkov (comunista): 16,8%. - Vladimir Zhirinovski (ultranazionalista) 7,8%. - Aman Tuleiev (sinistra moderata): 6,8%. - Albert Makhashov (sinistra nazionalista antisemita): 3,7%. - Vadim Bakatin (indipendente filogorbacioviano): 3,4%. Affluenza: 74,7%. Nota: Ieltsin eletto al primo turno con 45,5 milioni di voti, record finora imbattuto in cifra assoluta, in Russia ed Europa. 1996: - BORIS IELTSIN: 35,3%. - Ghennadi Ziuganov (comunista): 32%. - Aleksandr Lebed (nazionalista moderato): 14,5%. - Grigori Iavlinski (liberal-riformista): 7,3%. - Vladimir Zhirinovski (ultranazionalista): 5,7%. - Sviatoslav Fiodorov (socialdemocratico): 0,9%. - Mikhail Gorbaciov (ex leader Urss-sinistra moderata): 0,5%. - Martin Shakkum (imprenditore, centrista): 0,4%. Affluenza: 69,8% (67,2% al ballottaggio). Nota: Ieltsin rieletto al ballottaggio con il 53,7% dei voti, contro il 40,4% di Ziuganov. 2000: - VLADIMIR PUTIN (successore designato da Ieltsin): 52,9%. - Ghennadi Ziuganov (comunista): 29,2%. - Grigori Iavlinski (liberal-riformista): 5,8%. - Aman Tuleiev (sinistra moderata): 2,9%. - Vladimir Zhirinovski (ultranazionalista): 2,7%. - Konstantin Titov (liberale): 1,5%. - Ella Pamfilova (liberal-moderata): 1%. - Stanislav Govorukhin (regista, nazionalista): 0,44%. - Iuri Skuratov (ex procuratore, ind. sinistra) 0,43%. Affluenza: 68,7%. Nota: Putin eletto al primo turno con 39,7 milioni di voti.
    13/03/2004 198
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  2. #2
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    RUSSIA: ELEZIONI, PUTIN E 5 AVVERSARI SENZA SPERANZE
    MOSCA - Un vincitore annunciato e cinque outsider: sembra essere questo lo scenario delle elezioni presidenziali di domani in Russa, nelle quali Vladimir Putin sembra non avere rivali. Quelle di domenica sono le quarte elezioni presidenziali a suffragio universale nella storia russa. E sono quelle per le quali il risultato appare il piu' scontato, dopo quelle del 1991 e del 1996 (vinte entrambe da Boris Ieltsin) e le prime vinte da Putin (nel 2000). Ecco un profilo dei sei candidati, con le previsioni di voto accreditate loro dai sondaggi.

    VLADIMIR PUTIN, 51 anni compiuti a ottobre, e' al Cremlino dal 2000. Nato a San Pietroburgo (allora Leningrado) da una famiglia modesta (padre cuoco, madre casalinga), si laurea in giurisprudenza ed entra nel Kgb negli anni '70. Agente segreto all'estero (in Germania est) per diverso tempo, lascia il Kgb ed entra in politica a inizio anni '90, al fianco dell'allora sindaco liberale di Pietroburgo, Anatoli Sobciak. Dal 1996 e' a Mosca nello staff del presidente russo Boris Ieltsin, che nel '98 lo fa tornare ai servizi segreti, in veste di direttore dello Fsb (successore post-sovietico del Kgb). Piu' tardi diventa consigliere della sicurezza nazionale e nel '99 viene scelto dal presidente come premier ed erede designato. Subentra al Cremlino nel 2000, dopo le dimissioni di Ieltsin con qualche mese di anticipo sulla scadenza del suo mandato, e a marzo viene confermato dal voto popolare. Negli ultimi quattro anni ha accentrato attorno a se' il potere; i vari sondaggi gli accreditano oggi tra il 61 e il 78% dei consensi.

    NIKOLAI KHARITONOV, 53 anni, perito agrario, candidato dell' opposizione comunista (Kprf). Nato nella regione Novosibirsk (in Siberia), ha alle spalle una carriera di burocrate nei kolchoz e nei sovchoz, le fattorie statali dell'Urss. Deputato ininterrottamente da 13 anni e leader del partito agrario, una formazione satellite confluita nel partito comunista, e' considerato un personaggio privo di carisma e un fedelissimo del leader del Kprf, Ghennadi Ziuganov, che per la prima volta dal '96 non si presenta agli elettori. Gli istituti demoscopici indicano Kharitonov tra il 4 e il 6% dei consensi, contro il 30% circa raccolto da Ziuganov nel 2000.

    SERGHIEI GLAZIEV, 43 anni, nato in Ucraina da una famiglia russa, e' un economista e ha alle spalle una lunga e ondivaga carriera politica nella Russia post-sovietica, malgrado la giovane eta'. Ministro nei primi governi della presidenza Ieltsin, rompe con l'allora presidente nel 1993 e nel 1995 cerca di farsi eleggere deputato, senza successo, in un partito nazionalista fondato dal defunto ex generale Aleksandr Lebed. Ci riprova nel '99, dopo essersi accostato ai comunisti, e stavolta ce la fa, ma nel 2003 si sgancia anche dal gruppo del Kprf per fondare il movimento social-nazionalista Rodina (Patria), una formazione aiutata sotto banco dall' entourage del Cremlino allo scopo di disgregare l'opposizione di sinistra. Ottenuto un buon risultato alle legislative del dicembre scorso, Rodina si spacca tuttavia subito dopo il voto e Glaziev resta in minoranza. Accentua allora le sue critiche a Putin e si candida alle presidenziali da indipendente: i sondaggi lo danno al 4-5% dei voti, la meta' di quelli ottenuti da Rodina a dicembre.

    IRINA KHAKAMADA, 48 anni, candidata liberale indipendente, e' nata a Mosca da madre russa e padre giapponese. Figlia di un dirigente comunista nipponico rifugiatosi in Urss, ritiene tuttavia che il comunismo e il regime sovietico siano stati una sciagura storica per la Russia. Laureata in economia all' Universita' Lumumba di Mosca, ricercatrice e insegnante, si dedica all'imprenditoria dagli anni '90, entrando in seguito a far parte di diversi movimenti di impronta liberale. Riveste anche qualche incarico minore di governo in epoca ieltsiniana e nel 1999 e' tra i fondatori dell'Unione delle forze di destra (Sps, un sodalizio di sigle liberal- democratiche) nelle cui file e' eletta deputata e poi vicepresidente della Duma. Non rieletta nel 2003, si candida da indipendente alle presidenziali del 14 marzo dopo che Sps e Iabloko (l'altro maggiore partito liberale russo) decidono il boicotaggio ritenendo insufficienti le garanzie democratiche del voto. E' la seconda donna mai candidata alle presidenziali russe dopo Ella Pamfilova nel 2000. I sondaggi le attribuiscono un 3-4% di suffragi.

    OLEG MALYSHKIN, 53 anni, nato a Rostov sul Don, nel Sud, e' il candidato del partito ultranazionalista Ldpr. Perito meccanico, ha praticato in gioventu' calcio e pugilato e ha fatto anche il minatore. Gia' capo delle guardie del corpo del leader dello Ldpr (e tre volte candidato presidenziale) Vladimir Zhirinovski, e' deputato dal 2003. Incerto nell' eloquio, e' noto soprattutto per alcune intemperanze televisive. Lo Ldpr lo ha indicato per le presidenziali al posto di Zhirinovski quasi come uno sberleffo. E' all'1-2% dei consensi.

    SERGHIEI MIRONOV, 51 anni, nato a Pushkin, vicino a San Pietroburgo, e' considerato un putiniano di complemento. Figlio di un ufficiale dell'esercito sovietico, ha fatto il servizio militare tra i para' ed e' laureato in geologia. Deputato centrista nella Duma municipale di San Pietroburgo tra il 1994 e il 2001 e' emerso all'improvviso sulla scena nazionale due anni e mezzo fa, quando e' entrato al senato (Consiglio della Federazione) e ne e' diventato presidente con la benedizione di Putin. Sembra essersi candidato per fare numero nella corsa per il Cremlino, e auspica egli stesso la vittoria di Putin. Tutti i sondaggi lo indicano sotto l'1% dei voti.
    13/03/2004 195
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  3. #3
    Ridendo castigo mores
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    e' solo un referendum su putin. Un putin votato da una consistente maggioranza diverrebbe politicamnte intoccabile il che se da una parte e' bene dall' altra apre nuovi inquietanti scenarii .... Perche' in un modo o nell' altro le immense risorse russe non potranno essere lasciate ai russi ...

    in fondo in fondo un inattaccabile putin significherebbe che la presa della russia sarebbe stata mancata per la seconda volta sul filo di lana ,quando il successo pieno sembra conseguito..

    E per ' qualcuno' questo sarebbe intollerabile....

  4. #4
    Totila
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    Una riserva di 322 miliardi di barili

    Russia, in Siberia la nuova frontiera del petrolio



    E Mosca prepara la rimonta al tavolo delle risorse

    LA RUSSIA di Vladimir Putin possiede un´arma segreta: una prodigiosa abbondanza di petrolio: 322 miliardi di barili, che giacciono in gran parte inesplorati sotto i ghiacci siberiani. Una riserva fra le più grandi al mondo. La Russia balzerebbe così al vertice delle potenze petrolifere mondiali, lasciandosi alle spalle i maggiori produttori del Golfo, ad eccezione dell´Arabia Saudita.
    L´insospettata ricchezza dei giacimenti siberiani è rivelata da un rapporto intitolato "Il risveglio dell´orso"- dove l´orso è l´emblema dell´impero russo. Lo studio è stato compilato dal Cges (Centre for Global Energy Studies), l´istituto di ricerche fondato a Londra dallo sceicco saudita Zaki Yamani, ex ministro del petrolio, l´uomo che per decenni ha avuto in pugno l´interruttore mondiale del greggio. Negli Anni Settanta lo spense, e tolse il fiato all´economia globale.
    In 245 pagine, illustrate da grafici e tabelle, il rapporto delinea la metamorfosi di Mosca da capitale periferica stremata, affondata in una economia da terzo mondo, a nuova potenza imperiale, capace di incidere sui mercati mondiali.
    Se si sta ai calcoli del Cges, la Russia del presidente Putin, già rinvigorita da un´economia in forte ascesa, con un prodotto interno lordo che galoppa al ritmo annuale del 7 per cento, e una locomotiva spinta a tutto vapore nell´intenzione del Cremlino di decuplicare il risultato, prepara una rimonta tutta giocata al tavolo delle risorse energetiche: una partita oggi tra le più importanti sullo scacchiere internazionale.
    Se infatti è vero, come avvisano gli analisti, che entro vent´anni, al tasso attuale di consumi, le riserve petrolifere conosciute non basteranno a soddisfare la richiesta mondiale, destinata ad aumentare del 40 per cento, è altrettanto vero che chi controlla le fonti e il flusso del petrolio, può governare il motore dell´economia globale. Sull´argomento si riunirà un gruppo internazionale di esperti a un seminario, "Il petrolio russo e il mercato mondiale", presieduto dallo sceicco Yamani lunedì a Londra
    (jenni.wilsoncges.co.uk).
    Fra i temi nell´agenda, la mossa che già s´indovina all´orizzonte: la sostituzione dell´euro al dollaro quale moneta di riferimento del mercato petrolifero. Un cambiamento di non poco conto. Così il Cremlino si preparerebbe a ridisegnare un suo nuovo ordine mondiale.


    Please, notare l'ultimo passaggio sulla moneta di riferimento del mercato petrolifero...


  5. #5
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    Quello che voleeva fare Saddam. Far pagre il petrolio in euro.
    Non penso però che gli yankee-sionisti siano così scemi da far guerra aperta alla Russia.
    Comincerà una stagione di attentati da parte delle bestie cecene(foraggiatiedalla CIA ed "aiutate" dal Mossad).
    Si invocheranno i diritti umani per i ceceni.
    Si dirà che hanno diritto alla autodeterminazione.
    Si verseranno vagonate di dollari a paesi islamici che facevano parte della URSS.
    Si cercherà in tutti i modi di danneggiare l'economia russa.

    Fantascianza? No. La guerra in Iraq è lì a dimostrarlo.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Perchè gli Usa mettono le loro zampe nel Caucaso




    Banca Intesa e San Paolo IMI finanziano l'oleodotto BTC
    giovedì, 05 febbraio, 2004


    Campagna contro Btc
    Banca Intesa, il più grande gruppo bancario italiano, e la San Paolo IMI fanno parte del consorzio di banche che forniranno più di un miliardo di dollari per il controverso progetto dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan. L’opera, partendo dall’Azerbaigian, passerà per la Georgia finendo poi il suo percorso di 1.760 Km in Turchia. Nonostante le diffuse preoccupazioni a livello internazionale sui gravi impatti socio-ambientali e sui diritti umani che sta già avendo il progetto, nonché le serie implicazioni geopolitiche in un’area già afflitta da conflitti, negli ultimi giorni è stato raggiunto l’accordo definitivo sul finanziamento, come riferiva ieri l’agenzia Reuters.

    Il consorzio, di cui fanno parte 15 istituti, tra cui l’olandese ABN Amro, la statunitense Citigroup e la tedesca Westlandes Bank, prevede che ogni banca versi una quota di 68 milioni di dollari. Questi fondi si vanno ad aggiungere ai 280 erogati dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ed i 310 della Banca mondiale.
    Le prime dichiarazioni ufficiali di Michael Townsend, presidente del Consorzio costruttore BTC, definiscono come “il più grande mai realizzato” il pacchetto finanziario necessario per la costruzione dell’oleodotto. Allo stesso tempo i governi dell’Azerbaigian e della Georgia hanno confermato la loro disponibilità ad ospitare truppe militari americane per vigilare la sicurezza dell’oleodotto a rischio di attentati, mentre in Turchia la gendarmeria, molto criticata per la sistematiche violazioni dei diritti umani di cui si è resa responsabile in passato, militarizzerà il tracciato mettendo a rischio la sicurezza delle popolazioni locali.

    “Ora finalmente sappiamo”, ha dichiarato Andrea Baranes della Campagna per la riforma della Banca mondiale, “di chi potrebbero essere le responsabilità del prossimo conflitto militare che si sta delineando nell’area del Caspio e delle violazioni dei diritti umani che ci saranno a danno delle minoranze curde in Turchia.”

    Roberto Cuda, referente del GLT Commercio e Finanza della rete di Lilliput, ricordando il pesante coinvolgimento di Banca Intesa nel commercio di armi e nella distruzione della foresta Amazzonica, attraverso il finanziamento di diversi oleodotti, ha affermato che “Banca Intesa, con questa decisione, si conferma come la banca del petrolio e dei conflitti”.


    Fonti: Rete Lilliput
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  7. #7
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    Il grande gioco nel Caucaso

    Christian Bouchet




    La fine di Edouard Shevarnadze non ha appassionato le folle, e i media sono rimasti piuttosto discreti sui sussulti della vita politica georgiana. Al massimo è stata evocata la caduta di un dittatore, una « rivoluzione di velluto » caucasica e la vittoria della democrazia e dei liberali.

    Ma nessun giornalista della grande stampa o della televisione ci ha spiegato quello che la stampa moscovita non ci ha tenuto nascosto. La sostituzione di Shevarnadze con Saakachvili non è un fatto anodino, si tratta di un colpo di Stato, fomentato dai servizi americani, che rientra nella strategia yankee di frammentazione dell’ex-URSS e di controllo della periferia della repubblica di Russia.

    Per comprendere di che cosa si tratti, non è inutile ricordare chi sia Edouard Shevarnadze. Egli fu uno dei tre dirigenti sovietici (con Gorbatchev e Iakovlev) artefici della perestroïka e il suo ruolo, in quanto ministro degli Esteri, fu quello di « liquidare » la potenza sovietica. Fu inoltre lui ad abbandonare l’alleato irakeno e a dare “luce verde”, nel 1990, alla prima guerra del Golfo.

    Inutile dunque dire che, quando egli prese il potere a Tbilisi, ricevette immediatamente il sostegno, discreto ma efficace degli USA. Come ci si doveva aspettare, egli aprì la strada alla presenza americana, sia militare (l’esercito georgiano è equipaggiato con elicotteri fabbricati negli USA e le truppe sono formate da consiglieri usciti dal corpo dei Marines) che economica (solo l’aiuto finanziario di Washington permette allo Stato georgiano di non essere alla bancarotta). Fu lui, inoltre, che consentì la partenza dei lavori della costruzione dell’oleodotto Bakou-Tbilisi-Ceyhan concepito per esportare il petrolio del Caspio verso l’Occidente, senza passare per il territorio russo.

    Ma, come numerosi servi degli USA, Shevarnadze ha subito la concorrenza di qualcuno più servile di lui ed è stato sostituito, dai suoi padroni, con un uomo politico che sarà loro ancora più utile.

    Che cosa rimproveravano dunque, i nord-americani all’ex uomo forte di Tbilisi?

    Due cose: di tenere male la sua casa e di essersi recentemente avvicinato ai Russi.

    Se Edouard Shevarnadze aveva portato una parvenza di pace civile in un paese lacerato, sotto il suo predecessore, dai nazionalismi centrifughi, non era riuscito a risollevare economicamente il paese e, sia la corruzione che la lotta tra clan, che erano caratteristiche del suo entourage, impedivano la ricostruzione di uno Stato stabile di cui hanno bisogno gli USA per conseguire i loro interessi in questa regione da loro dichiarata « zona d’importanza strategica ».

    Ma più grave, tale da alienarsi senza dubbio il sostegni americano, egli si era recentemente alleato con Aslan Abashidze, l’importante leader della regione adjara e il più fervido sostenitore di un riavvicinamento tra Tbilisi e Mosca.

    Tutto lascia presagire che, generosamente finanziato e ben sostenuto dagli « specialisti », Mikhail Saakachvili sarà eletto presidente della Georgia alle prossime votazioni. Questo uomo di legge, che ha fatto i suoi studi negli USA, dovrebbe essere, almeno per un certo tempo, più docile. Ben inquadrato egli sarà anche, forse, più efficace.

    Comunque, nel grande gioco che Cartagine conduce contro la Russia – e più globalmente contro l’Eurasia - l’Impero del male vince una nuova battaglia.

    Va anche rilevato e molto nettamente in questo caso, che questo stesso Impero del male ha vinto un’altra battaglia: quella del controllo sui media. La prova dell’unanimismo orwelliano di questi ultimi: ovunque nello stesso momento, le stesse immagini, gli stessi commenti, le stesse parole... e questo, naturalmente, non al servizio degli interessi geopolitici dell’Europa, ma di quelli di Washington!





    Solidarité et progrès
    La Georgia destabilizzata dall’esterno


    Questo articolo, comparso in Solidarité et progrès del 2-12-2003, completa utilmente il nostro editoriale. Ecco perché lo riprendiamo su questo sito.


    In diverse interviste concesse a partire dal 27 novembre al Daily Telegraph, alla BBC e al Frankfurter Allgemeine Zeitung, l’ex presidente georgiano Edouard Shevarnadze ha accusato gli Stati Uniti e in particolare l’ambasciatore americano Richard Miles, di aver organizzato la sua caduta. Egli sente di essere stato tradito sia da Miles che dai dirigenti dell’opposizione finanziati dagli Stati Uniti.

    Tuttavia egli non comprende perché è stato fatto cadere, tanto più che egli ha sostenuto la politica estera americana, specialmente per quanto riguarda l’Iraq. «Quando avevano bisogno del mio supporto per l’Iraq, io l’ho dato », afferma, «e non riesco a spiegarmi l’accaduto. » In ogni modo, facendo allusione al fatto che Miles si trovava a Belgrado al momento del rovesciamento di Milosevic, egli ha precisato che « per quanto riguarda l’ambasciatore, [Miles], ho gravi sospetti sul fatto che la situazione prodottasi a Tbilisi sia un’esatta ripetizione degli avvenimenti yugoslavi (...) Qualcuno aveva un piano. »

    Shevarnadze ha denunciato la presa d’assalto del Parlamento di Tbilisi, aggiungendo di aver deciso di dimettersi per evitare un bagno di sangue. «Tutto era predisposto - l'esercito, le truppe interne, la polizia - ma io ho guardato l’immensa folla », dice. « Ho visto sui loro volti che sarebbe stato impossibile calmarli. (...) Sapevo che il sangue sarebbe stato versato. Quel mattino ho detto ai miei colleghi che la sola via di uscita erano le mie dimissioni .»

    L'ex presidente georgiano ha ricordato il suo ruolo di ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica (1985-1990): « Se la guerra fredda non si fosse conclusa, ci sarebbe stata una Terza Guerra mondiale. Noi abbiamo salvato il mondo. Non dico di aver fatto tutto da solo, ma vi ho svolto uno dei ruoli più importanti. C’erano 40.000 carri armati sovietici in Europa e centinaia di migliaia di uomini armati. Nell’arco di 24 ore, essi avrebbero potuto trovarsi sulla costa atlantica, ma noi non l’abbiamo fatto, nemmeno quando le teste calde avrebbero voluto utilizzare la forza a Berlino e schiacciare Solidarnosc in Polonia. »

    Le accuse di Shevarnadze riguardo a questa rivolta, non sono senza fondamento. Il dirigente dell’opposizione Mikhaïl Saakachvili ha già fatto sapere di essersi recato a Belgrado a tre riprese, nel corso di quest’anno, per studiarvi lo svolgimento degli avvenimenti di tre anni prima, allo scopo di ripeterne lo scenario in Georgia. Secondo la FAZ del 26 novembre, il dirigente dell’ex gruppo d’opposizione serbo Otpor, Alexandre Maric, ha fatto una tournée in Georgia lo scorso giugno, al fine di informare l’opposizione sul modo in cui la sua e altre organizzazioni avevano fatto cadere Milosevic. Aveva, nel suo bagaglio, film documentari sulla presa d’assalto del Parlamento di Belgrado. Il gruppo d’opposizione georgiano, Kmara, che aveva dei contatti con i Serbi, ha anch’esso inviato delle persone per « addestrarsi » a Belgrado.

    Secondo un rapporto del Globe and Mail di Toronto del 26 novembre, il coordinamento tra gruppi serbi e georgiani è stato finanziato dallo speculatore George Soros e dal suo Istituto per una società aperta. D’altronde, Soros è vicino a Saakachvili, al quale l’anno scorso ha conferito il premio di questo Istituto. Il partito Movimento nazionale di Saakachvili, come la rete televisiva Rustavi-2 e Kmara ! sono tutti legati a Soros ed ai suoi capitali. Il Globe and Mail cita un grande giornalista georgiano per il quale « l'opinione pubblica qui accetta l’idea che sia M. Soros ad aver pianificato la caduta di Shevarnadze.»
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    I militari americani rimarranno in Georgia

    di Natalia Anelava
    In Tbilisi, Georgia
    Ufficiali americani hanno affermato che adesso la loro presenza in Georgia diverrà permanente. Gli americani stanno addestrando ed equipaggiando l'esercito georgiano dalla primavera del 2002. Avendo terminato di addestrare tre battaglioni di soldati della Georgia, gli istruttori militari americani avrebbero dovuto lasciare il paese dal mese di marzo. Ora il neo-eletto presidente della Georgia ha posto invece come priorità principale del suo governo la rimozione delle truppe russe ancora presenti nel paese

    Sabato l'ambasciatore americano ha detto che gli americani continueranno ad addestrare l'esercito della Georgia con un programma intensivo.
    Durante l'era sovietica, la base militare Krtsanisi, presso Tiblisi, era sede dell'Armata Rossa. Ora è in carico ai soldati americani e, secondo l'ambasciatore americano, Richard Miles, essi sono qui per rimanerci.

    Nel 2002, l'amministrazione Bush stabilì un programma di 18 mesi per l'addestramento e l'equipaggiamento del impoverito esercito georgiano. Il programma faceva parte della guerra contro il terrorismo, intrapresa dagli Stati Uniti, e prese il via dopo che gli americani ebbero conferma delle dichiarazioni russe relative alla presenza di guerriglieri ceceni e di al-Qaeda sulle gole di Pankisi, al confine con la Cecenia.

    I dettagli di questo nuovo e permanente programma devono ancora essere resi noti. ma gli analisti affermano che qualsiasi forma di presenza americana è una buona notizia per il governo georgiano, che vede l'impegno americano come una garanzia di sicurezza contro il paese confinante a Nord della Georgia – la Russia.

    Per Mosca, il Caucaso è un territorio strategico dal punto di vista geopolitico, ricco di risorse energetiche e cruciale per il conflitto in Cecenia. E' fonte di crescente tensione fra i due paesi, il rifiuto di Mosca di rimuovere le sue basi militari dalla Georgia.

    Il neo presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, sostiene che la partenza delle truppe russe è una priorità del suo governo. Naturalmente l'America appoggia questo punto di vista, anche perchè ltra I suoi interessi in Caucaso vi è un oleodotto per il Mar Caspio.

    La scorsa settimana, Bush ha rivolto un appello alla Russia di rimuovere i suoi militari e si è detto disponibile anche ad accollarsi parte delle spese derivanti dal ritiro dei russi.

    da BBC News
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    Der Wehrwolf

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    Originally posted by larth
    e' solo un referendum su putin. Un putin votato da una consistente maggioranza diverrebbe politicamnte intoccabile il che se da una parte e' bene dall' altra apre nuovi inquietanti scenarii .... Perche' in un modo o nell' altro le immense risorse russe non potranno essere lasciate ai russi ...

    in fondo in fondo un inattaccabile putin significherebbe che la presa della russia sarebbe stata mancata per la seconda volta sul filo di lana ,quando il successo pieno sembra conseguito..

    E per ' qualcuno' questo sarebbe intollerabile....

    Veramente Putin si è già piegato; forse non vi siete accorti che ha nominato Primo Ministro direttamente un ebreo:

    http://www.fjc.ru/news/newsArticle.asp?AID=114395

 

 

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