Originariamente Scritto da
Silvia
Ossignur, Escher avrebbe nascosto nelle sue opere messaggi alchemici? Il cerebrale, razionalissimo Escher?
Cerebrale e razionalissimo... ma certe volte ambiguo...
ESCHER FRA MATEMATICA, CRISTALLOGRAFIA E SIMBOLISMO
Una delle questioni che emergono nell'analisi dell'opera di Escher riguarda il significato delle sue opere, ovvero se l'autore abbia cercato di esprimere messaggi più complessi di quelli che potrebbero apparire a una lettura superficiale. Una dichiarazione dell'artista sembra risolvere il problema alla radice: «Non ho mai voluto rappresentare qualcosa di mistico; quello che alcune persone giudicano misterioso, non è altro che un consapevole o inconsapevole inganno!». Su questa base, Bruno Ernst (matematico, amico e biografo di Escher) precisa che, a suo parere, nell'opera dell'artista olandese «non si dovrebbero cercare più profonde interpretazioni al di là della rappresentazione». [1] Tuttavia, proprio alcune opere di Escher giocano su un'ambiguità che l'autore non ignora e che anzi, come egli stesso ammette, è perfettamente consapevole. Evidentemente però, con il termine "mistico" Escher intende una dimensione spirituale o trascendente che, a quanto afferma, non ha mai voluto rappresentare. Ma queste sue dichiarazioni sembrano contrastare palesemente con il contenuto di alcune sue stampe ed Escher a volte si muove sul filo del rasoio nella scelta dei soggetti che possono suggerire prospettive simboliche. E’ il caso della celebre xilografia intitolata Drago (1952) che pare proprio riprendere il tema antico dell’Ouroboros, intervenendo sul tema iconografico in maniera del tutto coerente rispetto al significato primario dell'immagine.
Drago (1952)
Non sarà difficile notare, infatti, che le anse del corpo del fantastico animale si annodano a formare il simbolo dell'infinito, che di sicuro non contrasta con il significato d'eternità che la tradizione attribuisce a questa figura. Vi si aggiunga il fatto che le zampe del drago artigliano una formazione complessa di cristallo di rocca, riconoscibile per i prismi esagonali che terminano in piramidi a sei facce. E così ci si avvicina a riferimenti alchimistici. Non è infatti un segreto che gli alchimisti vedessero nelle pietre e nei cristalli la metafora tangibile della più pura conoscenza e che addirittura il Cristo, detto anche "lapis" (pietra), fosse assimilato alla pietra filosofale, come spiega Jung con dovizia di particolari. [2]. Appare perciò quanto meno singolare che Escher, pur non sapendo nulla di tali argomenti e volendo fornire un «consapevole o inconsapevole inganno», abbia finito per centrare in pieno un tema simbolico arricchendolo di un'iconografia nuova.
Per quanto riguarda il tema dei cristalli, poi, non si può certo dire che manchi nella produzione di Escher. E il suo interesse non fu certo superficiale (tanto che se ne avvantaggiarono gli stessi gemmologi), ma partendo dallo studio dei solidi platonici e da quelli detti di Archimede l'artista olandese seppe applicare queste sue conoscenze alla realizzazione di opere straordinarie, come per esempio Stelle, una xilografia del 1948 che sembra entrare nel cuore della struttura geometrica dei cristalli.
Stelle (1948)
Del resto il senso profondo, ma non per questo meno evidente, del messaggio contenuto secondo Escher nei cristalli, nei solidi geometrici o nelle forme regolari in genere, pare sintetizzato bene dalla litografia intitolata Ordine e caos (1950 ) nella quale il primo concetto è rappresentato da un dodecaedro stellare racchiuso in una sfera trasparente e il secondo da oggetti inutili e rotti che, però, si riflettono nel solido traslucido; come a dire che dal primo si può risalire al secondo e viceversa.
Ordine e caos (1950)
Mi pare già questa una dichiarazione d'intenti che si chiarisce ancora, almeno per certe implicazioni, in Planetoide tetraedrico del 1954 dove il solido geometrico si rivela come una sorta di piccolo universo urbano a due facce, una di terra e una d'acqua, che fluttua nel vuoto del cosmo.
Planetoide tetraedrico (1954)
Allora è tutta qui la mistica di Escher: la ricerca della trama di perfezione matematica e geometrica in un universo apparentemente caotico. È proprio quanto afferma il nostro artista nel 1965, in occasione del conferimento di un premio assegnatogli dalla città di Hilversum: «Nei miei quadri cerco di rendere testimonianza del fatto che viviamo in un mondo bello e ordinato e non in un caos senza regole come a volte può sembrare». Ma non è forse questo lo scopo perseguito dagli alchimisti e dai teologi dei secoli passati? Non per nulla, a proposito dei cristalli, Escher scrive: «Nei principi fondamentali dei cristalli c'è qualcosa che toglie il fiato. Non sono creazioni della mente umana [...] essi "sono", esistono. In un attimo di lucidità, l'uomo può al più scoprire che esistono e rendersene conto». In altre parole, attraverso i cristalli, concretizzazione delle leggi geometriche e matematiche, Escher vede il riflesso dell'insondabilità del mistero della vita, dell'uomo e del cosmo. E altrove lo afferma in modo ancora più esplicito: «La bellezza e l'ordine dei corpi regolari sono irresistibili [...] se tu insisti a parlare di Dio, hanno qualcosa di divino, per lo meno nulla di umano».
NOTE
[1]Tanto l'affermazione di Escher, quanto quella di Ernst
sono in B. Ernst, Lo specchio – pag. 14
[2]C. G. Jung, Psychologie und Alchemie (tr. it. Psicologia
e alchimia, Torino 1981), pp. 352-438.
Sintesi dell’articolo di Marco Bussagli "Escher fra matematica, cristallografia e simbolismo"
(pubblicato su Art Dossier n° 196 - Giunti Editore)