La corrida è qui
16 marzo 2004
di Massimo Gramellini
Il primo politico al mondo a dichiarare che le elezioni spagnole le aveva vinte Bin Laden non è stato Aznar, ma Gustavo Selva. Mentre a Madrid andava in scena il minuetto sacro della democrazia, con i vincitori che esultavano composti e gli sconfitti che riconoscevano il risultato senza metterne in dubbio la validità, a Roma le trombette della destra denunciavano che il voto era stato falsato dagli attentati e i tromboni della sinistra si impossessavano impunemente della vittoria in contropiede di Zapatero, scoprendosi zapateristi dopo essere già stati lulisti, clintoniani e a mesi alterni pure blairiani, sempre in attesa di capire che cosa siano davvero.
Si può dunque immaginare ciò che sarebbe accaduto da noi in circostanze analoghe, nell'ipotesi remota che gli elettori italiani avessero punito le bugie del governo, con le quali convivono serenamente da almeno un secolo. Emilio Fede avrebbe invalidato la vittoria dell'Ulivo fin dagli exit poll, mostrando un fotomontaggio della moglie di Prodi col burqa. Di Pietro e Sabina Guzzanti avrebbero spiccato un mandato di cattura nei confronti di Forza Italia per concorso esterno in strage. Quanto a Berlusconi, si sarebbe barricato nel salotto di Vespa, giurando sui suoi figli che quando aveva parlato di Eta intendeva Eta Beta, il vero capo di Al Qaeda anche secondo il suo amico George Bush, e che in ogni caso le elezioni non erano perse perché bisognava ancora giocare il ritorno e stavolta la formazione l'avrebbe fatta lui.