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    Caro Pietro,
    la materia è complessa e difficile, e i possibili punti di vista, troppi. Ci vorrebbero diversi impegnativi saggi, che né tu né io abbiamo il tempo di scrivere. Così, al posto delle cento pagine che non scriveremo, provo a scrivere in trenta righe un compendio delle mie opinioni e congetture.

    1) Del mondo islamico e del Medio Oriente io so troppo poco per parlarne senza ricorrere a una analogia storica. Ricorro. L’analogia storica è con l’imponente fenomeno politico e culturale del sionismo, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli anni Cinquanta del Nove (dentro, cioè contro o per, ci stanno nomi come Martin Buber, Max Brod, Kafka, Benjamin, e tanti altri). I popoli di religione islamica si trovano infatti nella medesima situazione spirituale degli ebrei della diaspora in quegli anni, che erano divisi fra ebrei orientali, ancora legati alla religione e alla tradizione ebraica vissuta ma culturalmente, antropologicamente e politicamente arretrati rispetto alla civiltà occidentale; ed ebrei occidentali assimilati, modernizzati e civilizzati, ma sradicati dalla tradizione dell’ebraismo come religione e come cultura popolare, e insieme non integralmente accettabili e accettati dalle civiltà occidentali che li avevano emancipati dal ghetto: a metà del guado, per usare una formula sintetica. Il sionismo politico diceva: dobbiamo recuperare l’autenticità della tradizione ebraica che sola può darci una identità, ma senza rinunciare alla modernità illuministica che solo può darci una prospettiva politica praticabile. Il sionismo culturale diceva: dobbiamo trasformarci, noi ebrei occidentalizzati e sradicati, ritrovando i fondamenti della nostra tradizione e l’anima del nostro popolo: noi soli potremo superare la dicotomia fra modernità atomizzata (Occidente) e arretratezza senza prospettive (ghetto). Con la II guerra mondiale e la Shoa di mezzo, il risultato politico di quel doppio movimento è l’attuale Israele.
    2) Se la mia analogia ha senso, e credo ovviamente che ce l’abbia, nel mondo islamico ci sono due correnti fondamentali (escludo la corrente minoritaria dei ceti che vorrebbero direttamente assimilarsi ai loro omologhi occidentali, conservando le loro particolarità nella forma del colore locale e dell’incentivo al turismo). Una corrente ritrova l’antico sogno politico del Califfato, che è l’equivalente del sogno della Palestina per i sionisti politici, e lo persegue usando come strumento ideologico (indispensabile per conferire coerenza identitaria ai suoi seguaci) quel che si è soliti chiamare “fondamentalismo”, cioè una religione immaginaria imposta a se stessi e agli altri al principale scopo di inventare chi si è, per sapere che si deve fare. Questo è l’equivalente islamico del sionismo politico, e com’è naturale, alligna soprattutto fra gli islamici occidentalizzati e assimilati (com’erano gli attentatori dell’11/9). L’altra corrente dice: la civiltà occidentale mette la scure alle radici del nostro albero. Dobbiamo stendere un cordone sanitario fra noi e loro, e l’unico cordone sanitario efficace è un ritorno alle fonti religiose (un rafforzamento delle difese immunitarie). Questo è l’equivalente del “sionismo culturale”. E’ pensato da minoranze che conoscono la cultura e la civiltà occidentali, ma si rivolge soprattutto agli islamici “arretrati”, cioè quelli che hanno minor contatto con la civiltà occidentale, e che vivono il rapporto con la tradizione in modo più naturale e irriflesso. Qui il “fondamentalismo” è difensivo, e non offensivo: è la costruzione di una Grande Muraglia per tener fuori i barbari (noi). Esempio principe, l’Iran.
    3) Poi ci sono gli abitanti del Medio Oriente, che non sono né tutti arabi, né tutti mussulmani; e molti dei quali hanno conosciuto una forma di secolarizzazione autoctona e relativamente sopportabile, finora, attraverso le esperienze dei vari laicismi, da quello di Kemal Ataturk a quelli di Nasser e di Saddam.
    4) L’iniziativa bellica degli Stati Uniti, nella forma che le ha dato l’ideologia neoconservatrice, tende a polarizzare tutte queste forze in una ideologia e una pratica politica che potremmo chiamare “sionismo islamico”, con il Califfato, appunto, al posto della Palestina, e il Corano al posto della Bibbia. In entrambi i casi un luogo della memoria storica identitaria, e un testo sacro perso nella notte dei tempi, vengono resuscitati in un esperimento alla Frankenstein che produce incubi storici dai quali non ci sveglieremo ancora per un pezzo. Il motore che origina questo tropismo è alimentato da un propellente di rara potenza: il terrore della propria cancellazione dalla storia e della memoria (genocidio culturale, o nel caso degli ebrei dopo la Shoa, sterminio fisico)
    5) Io credo, ma non ho il tempo di argomentare seriamente, che gli ideologi neoconservatori questo lo sappiano e lo facciano apposta. Non perché sono pazzi, ma perché come argomenta il loro ispiratore Leo Strauss (non per caso grande studioso della tradizione ebraica e del sionismo) ritengono che il liberalismo e le civiltà al liberalismo ispirate non possano che dar luogo a un diffuso nichilismo, a uno sradicamento di massa che le indebolisce e le mina dall’interno (dall’interno degli uomini) fino a provocarne lo sfacelo antropologico e il crollo politico. L’unico modo di arrestare questa decadenza altrimenti inarrestabile è: usare la religione (una qualsiasi, tanto sono tutte invenzioni umane) come ideologia, e trovare, o suscitare dal nulla qualora non sia disponibile, un nemico con obiettivi non negoziabili. In due parole, gli ideologi neocon vogliono israelizzare l’America, e in prospettiva l’intero Occidente (nel loro linguaggio, cioè, anche l’Europa).Vogliono cioè farne uno Stato fondato su una religione e una appartenenza comunitaria nelle quali nessuno crede sul serio, ma che stanno iscritte nel patto sociale fondamentale; e uno Spazio vitale circondato da nemici implacabili, che con la paura che ti fanno ti obbligano a rifugiarti nel seno della religione, della tradizione e della comunità, anche se in fondo in fondo le sai fasulle. Questa situazione esistenziale garantirebbe all’Occidente una via d’uscita dal nichilismo della debolezza, obbligandolo a perseguire le virtù legate alla potenza grazie al convincente dilemma minestra /finestra, nuota/affoga, etc. Il nichilismo della forza è più tonico e più adatto alla sopravvivenza, come insegna il Nietzsche del quale Strauss fu attento lettore e discepolo.
    6) Bisogna battere questo disegno, e per farlo, è indispensabile sia dividere il fronte Occidentale (l’Europa dall’America) sia dividere il fronte Orientale (i “sionisti islamici” dai semplici mussulmani e dalle popolazioni più o meno secolarizzate del Medio Oriente).
    7) Per ottenere il primo scopo (dividere Europa da America) bisogna pregare che si riesca a formare un asse Parigi – Berlino - Mosca. Io prego, ma la fede non mi soccorre più di tanto. Putin va forte, ma gli altri due cavalli della troika sono pieni di acciacchi.
    8) Per ottenere il secondo, bisogna sì sostenere la resistenza contro l’imperialismo americano in Medio Oriente, ma anche fare il possibile perché non si formi, laggiù, l’union sacrée contro l’Occidente, che vedrebbe l’inevitabile egemonia dei “sionisti islamici”, che mi sembrano i soli ad avere un progetto politico-culturale coerente, anche se non meno demenziale e pericoloso di quello attuato dai sionisti ebrei (di più, perché le dimensioni sono maggiori).
    9) Per dividere il fronte Orientale, è di importanza decisiva che non si premino le iniziative terroristiche dei “sionisti islamici” con clamorose vittorie politiche. Questa mi sembra la verità interna delle proteste dei guerrafondai contro gli annunci di ritiro delle truppe di Zapatero. Ribadisco che a me i guerrafondai neoconservatori fanno più che schifo; però, la verità possono dirla tutti, anche i nemici; e secondo me, stavolta l’ hanno detta. E’ a dir poco incauto, dar l’impressione di dargliela vinta, perché nella situazione in cui si trovano gli irakeni e gli altri sotto tiro degli americani, la tentazione di allearsi col diavolo pur di vincere è grande. Non incoraggiamola.

    Ecco tutto, cioè ecco niente, perché per discutere sul serio questa cosa, ci vorrebbe ben altro. Cordialmente, tuo RB

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    Predefinito CAMPO ANTIMPERIALISTA: Comunicato sui fatti spagnoli

    www.antiimperialista.org

    CAMPO ANTIMPERIALISTA

    Comunicato sui fatti spagnoli

    15 marzo 2004


    Le vicende spagnole degli ultimi giorni – strage di giovedì 11 ed elezioni di domenica 14 marzo – meritano una riflessione da inquadrarsi in un contesto storico in rapida evoluzione.

    Come la guerra della NATO alla Jugoslavia ha riportato nel 1999 i bombardamenti aerei in Europa; le criminali aggressioni americane all’Afghanistan ed all’Iraq, così come la crescente oppressione sionista del popolo palestinese, hanno alla fine catapultato sull’Europa un nuovo tipo di bombardamento, quello messo in atto sui treni a Madrid.



    Il Campo Antimperialista condanna la strage di Madrid, perché sono stati colpiti e uccisi civili innocenti. Come antimperialisti esprimiamo il nostro cordoglio per queste vittime, così come per tutte le vittime delle aggressioni imperialiste.

    Quello che deve essere affermato con forza e contro ogni ipocrisia è che i veri colpevoli della strage di Madrid sono coloro che hanno avviato una politica aggressiva, guerrafondaia e totalitaria che sta trascinando il mondo verso una vera e propria “guerra di civiltà”.

    I veri colpevoli si chiamano Bush, Blair, Aznar, Berlusconi e le varie oligarchie che si raccolgono attorno al disegno imperiale americano.



    Buona parte del popolo spagnolo – in grandissima maggioranza contrario alla partecipazione all’occupazione dell’Iraq – ha compreso molto bene la situazione.

    Il voto di domenica non è stato tanto un voto “per Zapatero” (sulla cui politica futura è bene non nutrire alcuna illusione), quanto piuttosto contro Aznar, non dimentichiamolo uno dei tre partecipanti al “Consiglio di Guerra” (così venne chiamato) che si tenne alle Azzorre pochi giorni prima che l’inferno sull’Iraq venisse scatenato.

    Milioni di spagnoli hanno capito chi è il vero responsabile di questa strage e l’hanno punito.



    Gli eventi spagnoli assestano un colpo importante al disegno di Bush.

    L’Occidente è oggi un luogo meno sicuro di tre anni fa. E mentre il popolo iracheno resiste, fermando quanto meno le nuove aggressioni già programmate dagli USA, l’onda lunga delle lotte contro la guerra ha mandato a casa uno dei più stretti alleati dell’amministrazione americana.

    E’ evidente che questo è avvenuto a seguito della scoperta di avere la guerra in casa. Solo così si spiega il clamoroso ribaltamento dei risultati rispetto alle unanimi previsioni della vigilia.

    La realtà della guerra è invece ben conosciuta da tempo dai tanti popoli oppressi dall’imperialismo, ed in particolare da quello americano.



    Il mondo islamico è sotto la pressione imperialista da lunghissimo tempo. Ma questa pressione, sempre più asfissiante, sta producendo reazioni di ogni tipo.

    Tra queste vi è la concezione integralista che si propone come una potenza statuale in fieri, che giudica l’Occidente in blocco come nemico e che considera lo stragismo come uno degli strumenti per condurre una guerra asimmetrica – caratterizzata da una abissale disparità di forze senza precedenti storici – altrimenti insostenibile.

    Ecco quindi che, alla necessaria condanna etica, occorre far seguire una analisi politica rigorosa, anche perché questo sarà presumibilmente il fosco quadro entro cui gli antimperialisti dovranno agire con lucidità e fermezza nei prossimi anni.



    Il Campo Antimperialista ritiene che questi ultimi avvenimenti confermino la giustezza degli orientamenti espressi in questi anni, ed in particolare sulla necessità e l’urgenza di costruire, assieme ad un fronte antimperialista internazionale, un ampio movimento di resistenza all’impero americano.

    Nell’immediato, ciò significa:

    1. Rafforzare ed estendere il sostegno alla Resistenza irachena a partire da una forte caratterizzazione in questo senso delle manifestazione del 20 marzo.

    2. Lavorare all’unità degli antimperialisti a livello mondiale, sulla scia di quanto emerso al Forum di Mumbai Resistance 2004.

    3. Avviare, a partire dal “caso spagnolo”, un intervento più mirato sulla realtà europea nella consapevolezza che la sconfitta di Aznar verrà presto recuperata se non si svilupperà una battaglia per un’Europa diversa e contrapposta a quella disegnata dalle classi dominanti; un’Europa dei popoli che punti allo scioglimento della UE e della NATO, che escluda qualsiasi “force de frappe” euroimperialista e incentrata su una politica di collaborazione solidale con i popoli dell’altra sponda del Mediterraneo e con tutti i popoli oppressi.


    www.antiimperialista.org

 

 
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