Il ministro degli Esteri Franco Frattini conferma l'impegno
con gli alleati. "Siamo tutti nel mirino l'Europa deve unirsi"
"L'Italia non ritira i suoi soldati
la lotta al terrorismo continua"
dal nostro inviato GIOVANNA CASADIO
Franco Frattini
ROMA - "Noi restiamo in Iraq: il governo italiano non cambia strada. Perché dovremmo fare marcia indietro?". Il ministro degli Esteri Franco Frattini non ha dubbi e spiega la linea concordata con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ieri mattina presto.
La Spagna con il nuovo premier Zapatero si sfila dall'abbraccio con Bush. E noi?
"L'Italia ha deciso di impegnarsi a fondo perché a partire dal primo luglio vi sia un legittimo governo iracheno e lavora con forza perché le Nazioni Unite assumano una forte e convinta partecipazione al processo di transizione. Lo abbiamo deciso in Parlamento con il voto convinto della maggioranza e una grande spaccatura dell'opposizione. Una divisione che purtroppo non ha aiutato. Ma il governo Berlusconi ha assunto questa responsabilità, e non intende cambiarla".
Il capo della Farnesina ieri è in visita a Bucarest, dove assicura il sostegno italiano in sede europea per la conclusione entro quest'anno dei negoziati che dovrebbero consentire alla Romania di entrare nella Ue, nel 2007. Non manca di sottolineare "l'idem sentire" sulla lotta al terrorismo, sull'alleanza atlantica e sulla necessaria coesione tra Usa e Europa. Con il "collega" Mircea Geoana a mezzogiorno rispettano i tre minuti di silenzio per la strage di Madrid.
Ministro Frattini, lei pensa che l'Italia sia nel mirino dei terroristi come la Spagna, per la scelta di mandare i soldati in Iraq?
"Non vedo il nesso con il nostro intervento in Iraq. L'Iraq non c'entra. L'Italia come tutti i paesi democratici del mondo è nel mirino. Come il Marocco che ha avuto un terribile attentato un anno fa, come la Germania e la Francia che fortunatamente non sono state colpite ma si stanno attrezzando come noi. Siamo tutti sotto il tiro del terrorismo dall'11 settembre. Deve essere chiaro che quanto sta accadendo non è una reazione del terrorismo a qualcosa che l'Occidente ha fatto. È una guerra contro di noi, è un attacco puro e semplice e noi abbiamo il dovere di reagire".
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La nostra presenza in Iraq quindi non è da ripensare?
"No. Non vedo perché dovremmo cambiare. Il terrorismo è un male in sé, è un male assoluto. Penso alla strage di Bali, cioè in paesi che con l'azione militare in Iraq non hanno avuto nulla a che fare e vengono colpiti lo stesso. L'affermazione che circola dopo l'orribile strage di Madrid - "questa è la reazione all'impegno della Spagna in Iraq" - è semplicemente non vera".
Allora da quando pensa che l'Italia sia entrata nel mirino del terrorismo islamico?
"Noi siamo potenziale obiettivo dall'11 settembre, da quando i terroristi hanno sferrato l'attacco al mondo. Il terrorismo ha un suo disegno: dividerci. Invece noi dobbiamo ritrovare l'unità".
Cosa farà l'Italia se il 30 giugno non ci sarà un passaggio delle missioni militari sotto l'egida dell'Onu e, come annunciato dal nuovo premier spagnolo, le truppe di Madrid lasceranno l'Iraq?
"Non si fa la politica estera con i 'se' o con le ipotesi. Vediamo cosa succede. Ne discuteremo dopo il 30 giugno. Ora sappiamo che il terrorismo vuole attaccare ogni forma di democrazia, l'Europa è democrazia ed è evidente che è nel mirino".
Ha parlato con Aznar dopo la sconfitta del Partito popolare?
"Non ho potuto ancora farlo, ma lo farò nelle prossime ore".
Come spiega la sconfitta del Pp?
"Io credo che l'elemento emotivo abbia giocato un grosso ruolo nelle elezioni spagnole. Lo hanno del resto evidenziato tutti i commentatori europei. Detto questo, dalla Spagna ci aspettiamo che prosegua sulla strada della cooperazione europea e di una solida coesione euroatlantica".
Ma le prime mosse con l'annunciato ritiro delle truppe sembrano andare in un'altra direzione?
"Ogni paese decide le sue linee di politica estera che purtroppo non sono comuni. L'Italia propone nella nuova Costituzione Ue il voto a maggioranza sulle scelte di politica estera, ma malgrado questa nostra spinta europeista, dubito possa mai esserci un voto a maggioranza su questioni come quella irachena".
Problema sicurezza. È d'accordo con la proposta di Schily, il ministro dell'Interno tedesco, di maggiore cooperazione europea?
"Credo che sia di estrema importanza. La presidenza italiana aveva indicato nel Consiglio europeo di dicembre la lotta al terrorismo come assoluta priorità. Da quella conclusione dobbiamo partire e la questione-terrorismo va affrontata nel consiglio Ue di marzo con una sessione di lavoro autonoma, ad hoc. Ritengo inoltre si possa puntare a una forte cooperazione tra i servizi di intelligence. Non un servizio unico, ma una rete permanente sì".
Zapatero sollecita la nuova Costituzione Ue
"Va fatta il più presto possibile, entro l'anno. Ne va della credibilità dell'Europa stessa".
(16 marzo 2004)