Il fenomeno della conversione dell'Irlanda celtica al cristianesimo, nelle sue modalità e nel suo significato profondo, è una di quelle che - dal punto di vista pagano - non manca di suscitare grandi problemi e dubbi, non appena si tenti di spiegarla e di darne una interpretazione di fondo.
Che fine ha fatto, ci si può chiedere, il sapere druidico ?
Perché, al contrario che nell'impero romano si ebbe una conversione dall'alto, a partire dai druidi stessi, che avrebbero dovuto essere i custodi e non i liquidatori della religione antica ?
E perché non ci furono episodi di resistenza ? Bisogna supporre che la religione celtica fosse già in stato di decadenza all'arrivo dei cristiani ?
Prendo spunto da una citazione, tratta da Le Roux - Guyonvarch, La civiltà celtica, in cui si tenta in modo abbastanza disinvolto di rintracciare una continuità tra le due religioni.
Nella Bretagna insulare, dove la religione ufficiale romana ha costituito anch'essa uno schermo tra la tradizione celtica e il cristianesimo, i druidi sono scomparsi senza discendenza (...)
In Irlanda, la differenza radicale consiste nell'introduzione alquanto tardiva, verso la metà del V sec del cristianesimo, in un paese vergine di ogni insediamento romano e di qualsiasi traccia di paganesimo classico. Prima di san Patrizio l'Irlanda era pagana, dopo san Patrizio era divenuta cristiana: l'evangelizzazione - poco importano i dettagli - è frutto dell'opera di un unico grande missionario.
E l'Isola dei Santi non ha avuto martiri, se non in qualche testo agiografico che segue la moda di tutta la cristianità. I testi appaiono espliciti: i primi convertiti non sono stati, come a Roma o in Gallia, individui umili e poveri, ma membri della classe sacerdotale, filid del rango + elevato. Sono stati loro a suscitare la conversione dei re, della classe guerriera, poi del resto della popolazione. E la "conversione dall'alto" spiega da sola l'assenza di inimicizia ed ostilità di cui la religione celtica ha beneficiato dopo la sua scomparsa.
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I druidi una volta convertiti hanno dunque cessato di praticare il sacrificio pagano e una parte notevole dei loro incantesimi. La grande innovazione del cristianesimo - certo la principale - è stata l'introduzione della scrittura, il passaggio dal Verbo parlato al Verbo scritto con la bibbia come referente. Ma anche a questo riguardo, a differenza dei bardi gallici, i filid irlandesi, che già facevano uso della scrittura ogamica nelle loro tecniche magiche, erano preparati alla transizione.
Secondo ogni apparenza, da quanto desumiamo dalle glosse più antiche, costoro hanno appreso facilmente il latino liturgico e la scrittura che lo veicolava. Nel corso dei secoli non hanno introdotto varianti: l'onciale carolingio è rimasto staticamente, sino ai giorni nostri, l'alfabeto gaelico.
Appunto perché si sono convertiti al cristianesimo e hanno imparato il latino - che all'inizio è stata la sola lingua scritta - gli Irlandesi hanno in seguito scritto in gaelico. E proprio per la medesima ragione il loro sapere tradizionale ci è giunto, anche se spogliato di qualsiasi efficacia religiosa.
Ma a noi basta averne conoscenza. Il fatto rivelatore è che, durante tutto l'alto Medioevo, in un paese in cui né la struttura sociale né la mentalità sono state cambiate dal cristianesimo, è esistita congiuntamente una letteratura cristiana scritta, latina e gaelica, sovrapposta ad una trasmissione orale delle leggende precristiane e dei testi giuridici, perché le scuole dei filid hanno continuato a funzionare. I racconti mitologici ed epici sono stati trascritti solo tardivamente, ma tale trascrizione ritardata non modifica la loro venerabile antichità.
In nessun caso gli eruditi irlandesi medievali, monaci o filid, si sono rivelati i continuatori o i misteriosi affiliati di un essoterismo dissimulato sotto il saio. Il ruolo loro assegnato dal destino è stato di trasmetterci una particella del Verbo spento, sostituito da un altro Verbo.