Il piano del nuovo leader spagnolo sulla gestione del dopoguerra e il trasferimento dei poteri all´Onu
"Iraq, ecco cosa cambiare"
le condizioni di Zapatero

di JESSUS CEBERIO





MADRID - Alcuni giorni dopo il trionfo elettorale non è cambiato nulla nell'ufficio di José Luis Rodríguez Zapatero, nella sede del Psoe a Madrid. Nulla, se non le facce dei suoi collaboratori, che trasudano soddisfazione. Il leader socialista, 43 anni, mantiene lo stesso tono misurato di sempre e le stesse convinzioni. Le sue parole acquistano il sapore della responsabilità di chi, per i prossimi quattro anni, dovrà governare la Spagna.

Qualcuno ha lanciato la teoria che il risultato elettorale significa che questo paese si è messo in ginocchio di fronte al terrorismo di Al Qaeda. È così?
"La sorpresa per la sconfitta del Partito popolare ha spinto alcune persone a esprimere opinioni inesatte, che credo vadano superate immediatamente. Il risultato elettorale è stato una sorpresa per molte persone e alcuni ancora lo devono accettare. Ci vuole un periodo di digestione e di riflessione. Vorrei chiedere di non fare interpretazioni che non hanno niente a che vedere con la natura di un processo elettorale democratico, dove ogni cittadino sa benissimo per cosa vota. Nessun cittadino si lascia distorcere o manipolare, è questa la grandezza della democrazia. Chi perde deve compiere un'analisi serena delle cause del risultato e una riflessione autocritica, e spero che sia questo quello che avverrà".

In ogni caso, l'11 marzo e il 14 marzo hanno fatto di questo paese una notizia da prima pagina, una notizia di apertura dei telegiornali di tutto il mondo. Al tempo stesso, si è aperto un dibattito in Europa e negli Stati Uniti sui metodi per combattere il terrorismo globale che tanto crudelmente ci ha colpiti l'11 marzo.
- Pubblicità -

"In primo luogo, vorrei mettere in chiaro che il fatto che la Spagna sia sulle prime pagine dei mezzi di comunicazione e che attiri l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale si deve ai cittadini spagnoli, non a Zapatero né al Psoe. E questo è molto importante, perché presuppone una ripresa dell'idea centrale che bisogna governare rispettando i cittadini, ascoltando i cittadini. In secondo luogo, la lotta contro il terrorismo deve basarsi su principi molto chiari: grande cooperazione e unità politica, e utilizzo degli strumenti dello stato di diritto, della legalità internazionale, tanto nell'ambito dell'Unione Europea che delle Nazioni Unite. Credo che sarebbe utile tenere un apposito vertice europeo per la sicurezza e la strategia della lotta contro il terrorismo".

Quale deve essere la risposta operativa?
"La risposta migliore è una comunità mondiale dei servizi segreti. Deve esserci molta più cooperazione tra i servizi di intelligence. E, senza alcun dubbio, dobbiamo ridurre al massimo i focolai del fanatismo e della violenza. Questo significa che è politicamente imprescindibile, all'interno della strategia generale di sicurezza mondiale, risolvere il problema tra Israele e Palestina, e abbiamo già perso troppi anni senza giungere a risultati. Il terrorismo non si vince, non si sconfigge con le guerre. La guerra è l'ultima risorsa e, in ogni caso, è solo uno strumento di contesa fra paesi, ma non può mai essere un mezzo efficace per ridurre o combattere gruppi fanatici, gruppi radicali, gruppi criminali. È piuttosto un fattore che può provocare, come dissi a suo tempo in Parlamento quando mi opposi alla guerra in Iraq, più odio, più fanatismo, più rischi di violenza".

Cosa comporta per la lotta contro il terrorismo la sua promessa di ritirare le truppe spagnole dall'Iraq?
"La guerra in Iraq è stata un grande errore. Non vi erano ragioni, è stata fatta senza il consenso internazionale, e l'occupazione, la gestione dell'occupazione, è stata un disastro. Non si è voluto lasciare che fossero le Nazioni Unite a gestire il problema delle armi di distruzione di massa irachene. Non si è voluto lasciare alle Nazioni Unite la gestione dell'occupazione e l'unico tipo di occupazione razionale è un'occupazione sotto la direzione politica dell'Onu, con forze armate multinazionali che vedano la partecipazione di molti paesi arabi guidati dalla Lega Araba. Non si è fatto nulla di tutto ciò e il risultato è una grande insicurezza in Iraq. C'è stato quasi lo stesso numero di morti che durante la guerra, e la posizione del governo che presiederò una volta ricevuta l'investitura è molto chiara: o ci sarà un cambiamento radicale, di fondo, della strategia in Iraq, guidato dalle Nazioni Unite e con un cambiamento del comando delle forze occupanti in una prospettiva nuova, o le truppe torneranno a casa. È necessario, inoltre, aprire un grande dibattito internazionale su come si deve procedere, perché non torni mai a ripetersi un intervento militare come quello in Iraq".

C'è la possibilità che le Nazioni Unite prendano le redini della situazione in Iraq prima del 30 giugno?
"La mia impressione è che questa possibilità ci sia".
Come interpreta quel "non deluderci" che le è stato gridato dalla folla dopo la vittoria elettorale?
"La verità è che è uno degli slogan che in questi giorni, passate le elezioni, mi sono rimasti maggiormente impressi, insieme alla visita che ho fatto a due ospedali dove sono ancora ricoverati molti feriti degli attentati. Sono stati momenti emozionanti e i messaggi che mi hanno trasmesso i familiari di questi feriti erano di un'intensità enorme. Il "non deluderci" lo interpreto in questo modo: la gente vuole politici che dicano la verità, politici che abbiano un atteggiamento normale. È questo il messaggio. Per me, il più importante".

L'Europa ha cominciato a muoversi dopo la sua vittoria elettorale. La Spagna accetterà la formula della doppia maggioranza per sbloccare la Costituzione europea?
"La Spagna aprirà un processo di dialogo, perché c'è una circostanza nuova in Europa e voglio essere molto prudente e non anticipare quali saranno i nostri obbiettivi e la nostra strategia. Prima di tutto perché è in programma un consiglio europeo a cui parteciperà il governo attualmente in carica. Spero che verremo consultati al riguardo. Secondo, perché è evidente che prima di pronunciarmi pubblicamente voglio avere un colloquio con il presidente dell'Unione Europea - il primo ministro irlandese - e con Francia e Germania".

Pensa che il governo abbia gestito male l'informazione rispetto agli eventi dell'11 marzo?
"Diciamo che è evidente che l'informazione non è stata impeccabile. Ma piuttosto che criticare questa cosa penso che sia importante vederla come una lezione utile per tutti. Le società democratiche si reggono solamente con un'informazione veritiera. E il governo è il primo a dover dare un'informazione continua e trasparente. I mezzi di comunicazione privati possono avere il loro orientamento, ma un'istituzione pubblica no. Il cambiamento che propongo è fondato sul dialogo e la trasparenza. Questa sarà la norma di comportamento del governo. Quello che fino ad ora è stato fatto male mi servirà non per criticare, ma per evitare di commettere gli stessi errori".