DA APRILE
Il Graffio
Questa volta D’Alema non ci è piaciuto
Questo giornale ha iniziato sabato le sue pubblicazioni con un elogio al presidente dei DS per la buona prova data a Porta a Porta. Ma oggi, purtroppo, dobbiamo ridimensionare le nostre aspettative su Massimo D’Alema.
In un’intervista a Repubblica di ieri l’autorevole esponente dei DS compie un’audace equazione tra gli aggressori di Fassino e la minoranza del suo partito, passando per la sinistra dell’Ulivo. La tesi di D’Alema è espressa in questi termini: “molti vedono la lista unitaria come una terribile minaccia … ci sono nuovi organigrammi, si riducono gli spazi di certe oligarchie, che reagiscono, a volte anche strumentalizzando episodi di violenza”. Cioè, come del resto sostiene Fassino, dietro i violenti ci sarebbero quelli che hanno boicottatto la lista unitaria. Le forze a sinistra del Triciclo insomma.
Ma D’Alema non si ferma. Lui dev’essere sempre un passo più avanti del suo segretario: “l’altro problema” – continua il presidente diessino – “è che c’è stata una sponda sciagurata anche nel nostro partito. Non capiscono che invece di puntellare Pecoraro e Diliberto, dovrebbero polemizzare con loro. Invece attaccano noi e si schierano con quelli. Giocano al fallimento della lista unitaria”. Riassumiamo: Fassino è stato contestato da un gruppo, estremamente minoritario, di disobbedienti. Gli animi di questi disobbedienti sono stati accesi dallo schieramento che va da Di Pietro fino a Diliberto, passando per i Verdi e Occhetto. Ma costoro non operano da soli: dietro di loro c’è il correntone. Se ne conclude, pertanto, che Mussi è a capo di una cospirazione. E che, pur di far fallire la lista unitaria, egli non esiti a servirsi di Marco Rizzo (il cattivo maestro) e Francesco Caruso (il pessimo allievo). Adesso capiamo perché il capo del correntone ha tanto insistito per accompagnare Fassino: doveva sviare i sospetti. Per fortuna che Aprile si è staccata dalla minoranza DS, sennò saremmo finiti anche noi nella Spectre anti-riformista.
Come è evidente, la tesi non sta in piedi, ma D’Alema la espone lo stesso. Non ci stupisce. Un po’ perché conosciamo la sua insofferenza verso chiunque lo contraddica (“considero intelligenti coloro che mi danno ragione”- disse una volta). Un po’ perché, come spieghiamo nell’editoriale, il risultato finale di una polemica del genere è la deflagrazione dell’Ulivo e dei DS. Quella dell’Ulivo è un vecchio refrain (festival di Gargonza ’96) che pareva abbandonato. Quella dei DS è nuova di zecca.
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