22.03.2004
«Un partito nel partito?». La maggioranza Ds chiede chiarimenti al Correntone
di Simone Collini
«Ci siamo rifiutati di votare un decreto che metteva insieme tutte le missioni italiane all’estero. E ci hanno additati nel Paese come coloro che erano favorevoli alla guerra. Una campagna infame. Che è stata utilizzata da qualcuno nel centrosinistra per attaccare e colpire la lista unitaria. Ora serve un chiarimento». Gavino Angius parla alzando a tratti la voce per sottolineare alcuni passaggi del suo ragionamento.
Il coordinatore della segreteria Ds Vannino Chiti invece parla con tono pacato, ma il messaggio che lancia agli alleati non è meno chiaro: «Se si vuole tenere unita la coalizione, le polemiche non possono essere astiose e strumentali. Diliberto chiede le nostre scuse? So che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma se non lo farà da solo, saranno gli elettori a fargli capire che dovrà aprire una riflessione».
A 48 ore dalle contestazioni a Piero Fassino e dall’aggressione ai militanti diessini durante la manifestazione pacifista di Roma, a via Nazionale tutti si stringono attorno al segretario. La linea dura nei confronti degli alleati dell’Ulivo scelta dal leader della Quercia viene appoggiata da tutta la maggioranza del partito.
Il Correntone rimane invece un po’ in disparte rispetto a questa polemica, forse complice l’irritazione per una dichiarazione riportata da Repubblica di Massimo D’Alema (e non smentita) che dipinge la minoranza di sinistra come «una sponda sciagurata» per Verdi e Comunisti italiani. Al Botteghino nessuno dice di condividere quella definizione e anzi molti mettono in dubbio che il presidente della Quercia abbia effettivamente parlato in quei termini.
Però da Livia Turco allo stesso Chiti e, sull’altro fronte, da Pietro Folena a Cesare Salvi, sono in molti a ritenere che un chiarimento sia necessario non solo nell’Ulivo ma anche all’interno del partito.
«Da un’accusa nei confronti degli alleati siamo passati, se quelle frasi riportate sono vere, a un’aggressione senza precedenti nei confronti del Correntone», si lamenta Folena, che già aveva preso le distanze dalla nota della segreteria diffusa dopo gli incidenti di sabato. «Sarebbe grave se si volessero colpire le posizioni politiche che noi esprimiamo all’interno del partito. Soprattutto perché nel popolo ds c’è una grande parte che ha una posizione vicina a quella che abbiamo espresso noi in Parlamento votando no al rinnovo delle missioni italiane. Se D’Alema pensa veramente quelle cose dovrebbe chiedere la riunione degli organismi di garanzia. Altrimenti lo faremo noi, perché si tratta di una questione morale. Ma detto questo, dico: chiudiamo questa polemica e apriamo una riflessione politica sulle ragioni che, al di là degli atti di violenza che vanno condannati, hanno portato alle contestazioni».
Per Livia Turco quelle contestazioni sono state il frutto del clima creato nei giorni della vigilia da Verdi e Comunisti italiani. «Se dobbiamo tornare a governare, dobbiamo metterci d’accordo. Perché ci possono essere delle differenze, ma le fondamenta della casa devono essere forti. Non possiamo più permetterci il rischio di una casa che traballi». Dice la responsabile Welfare dei Ds che nella vicenda del voto sull’Iraq il merito non c’entra: «Noi abbiamo ribadito la contrarietà alla nostra presenza. Ma per una manciata di voti è stata stravolta la realtà, è stato detto che noi eravamo favorevoli alla guerra. Una strategia suicida, a favore della destra». Per Livia Turco, al contrario di un po’ tutti gli altri membri della segreteria, non serve neanche un chiarimento con gli alleati. «Ma cosa ci dobbiamo chiarire?», sbotta. «Ci vuole soltanto un po’ di buon senso, che si eviti di fare la caricatura degli altri. Fassino, per aver sostenuto la proposta dell’Anci, è stato accusato di fare un inciucio con Berlusconi. E questo quando a insegnarci a fare le grandi manifestazioni tutti uniti contro il terrorismo è stato il Pci, è stato Enrico Berlinguer. Queste sono regole che si praticano, cosa c’è da chiarire?», domanda con foga.
E poi, anche se tornando su toni più pacati, se la prende anche con Folena: «Non ho capito la sua presa di distanza dalla nota della segreteria e dalle dichiarazioni di Fassino. Il problema non è il comunicato dei Ds, il problema è che c’è stato un attacco premeditato, aiutato dalle ingiurie dei nostri alleati. Anche nelle divergenze deve prevalere l’interesse comune e non ci si può comportare da partito nel partito».
D’Alema, a chi gli chiede un commento su queste vicende preferisce non rispondere. Il fatto che però neanche smentisca le dichiarazioni apparse sulla stampa irritano il Correntone. C’è chi parla di «riflesso antico di intolleranza di ricercare i nemici interni, che si pensava superato con la fine del comunismo», chi ricorda che «la minoranza ds, rispetto ad altri, è stata al corteo e a fianco di Fassino» e chi dice: «D’Alema, se vuole fare il presidente dei Ds, deve favorire i dialogo e il confronto tra posizioni qualche volta diverse».
Il coordinatore del Correntone non entra nella polemica e invece sottolinea come i Ds non siano divisi «fra chi vuole e chi non vuole la guerra».
Giuseppe Caldarola, solitamente ritenuto molto vicino alle posizioni di D’Alema, non crede che il presidente della Quercia abbia detto quella frase. «Non ha senso buttare la croce al nostro interno», dice insistendo invece sul fatto che bisogna aprire una discussione con Verdi e Pdci. «Il dissenso deve essere catalogato come politico, non come etico. Non si può parlare di delinquenti politici». Poi lancia una frecciata al segretario del Pdci: «È curioso che Diliberto oggi trovi eticamente impossibile stare con Fassino per una modesta divergenza sull’Iraq e però riteneva eticamente compatibile stare al governo durante una guerra che dichiarava di non condividere».
Per Cesare Salvi «hanno sbagliato tutti: chi ha fatto certe battute e chi non ha lavorato per entrare in sintonia con i movimenti. Perché se giovedì al Campidoglio non c’era nessuno, la colpa non può essere di Marco Rizzo o di Paolo Cento». Per l’esponente della Nuova Sinistra le parole di D’Alema, se vere, «sono profondamente sbagliate»: «Noi stiamo cercando disperatamente di evitare che ci sia una frana a sinistra. Comunque se non ci vogliono ce lo dicano». Chiti non vuole alimentare la polemica, però alle minoranze di sinistra ds, riferendosi al voto sull’Iraq ma non solo, dice: «I casi di coscienza non possono essere collettivi, altrimenti si tratta di un’altra cosa. Non possiamo permetterci di avere un partito nel partito».