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Discussione: il velo

  1. #1
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    Predefinito il velo

    Dopo aver sentito la notizia dell'aspirante educatrice Fatima che con il velo che copre la sua testa potrebbe impaurire i bambini dell'asilo piemontese, dove dovrebbe fare il suo tirocinio, ho scoperto che sono stata una bimba traumatizzata!

    All'asilo tutte quelle suore con il velo e gli abiti a cui si è ispirato lo stilista di Belfagor!

    Non è mai tardi per scoprire che hai avuto un trauma

    L'altro

  2. #2
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    Predefinito veramente....

    ...anch'io ho subito lo stesso trauma però non me n'ero mai accorta!!!

  3. #3
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    Predefinito

    Non è opportuno fare ironia su quest'episodio. E' il segnale che la nostra società, fondata su valori propri e condivisi, sta davvero cedendo. Tutto fa pensare che a breve casi del genere si moltiplicheranno e l'Islam avrà accesso a diversi gangli sociali conquistando POTERE.

    Possibile che non faccia scalpore che un musulmano assolva nelle nostre terre e rispetto ai nostri figli un ruolo tanto delicato e importante come quello di educatore?

    Possibile che non desti perplessità il fatto che a molti ragazzi saranno indotti un'idea laicista (e non laica) della società, il dubbio sulla verità di Dio che si fa uomo, ossia il vero cardine della civiltà europea, il disimpegno in merito a quei valori sostanziali che caratterizzano il nostro essere?

    Ma è così difficile vedere il destino delle società multietniche? E' così difficile fare un giro per le periferie delle grandi e medie città? E' così difficile chiedersi cosa accadrebbe in caso di congiuntura economica critica? Quali riflessi avrebbe su una società etnicamente differenziata? E' così difficile interrogarsi su quale scenario si creerebbe in caso di etnicizzazione del conflitto politico?

    A me fa paura che in questo paese ormai tutti si siano rassegnati a ciò che i poteri morali dicono loro, ai continui "bombardamenti" mediatici su cosa uomini e donne europee devono pensare e a cosa devono credere. Stanno lentamente conducendo la nostra società a volere l'eutanasia in nome di diritti individuali che non hanno alcun valore se non si riconosce la radice etnica e culturale dell'individuo e quindi i diritti di questa "radice" a un proprio spazio esclusivo.

  4. #4
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    Predefinito perchè esiste ancora una morale cristiana



    Io in giro vedo tanto menefreghismo e poi essere cristiano non fa chic!!!!????

    Chi conosce oggi le verità professate dalla Fede Cristiana???

    Chi si batte perchè i presupposti di tali verità vengano assunti e diffusi in quanto patrimonio comune'????( vedi Costituzione europea)' sic!

    Hai ragione caro ZENA ... la mia era solo una sciocca battuta!

  5. #5
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    Predefinito

    Il passaggio ad una società multietnica impone riflessioni attente sui fenomeni di incontro tra diversità, che spesso assumono aspetti conflittuali.

    Nel caso specifico Fatima, dimostrandosi più equilibrata delle famiglie dei bambini, si era resa disponibile a togliere il velo durante il lavoro.

    L'argomento è grave e delicato e porta a guardare a Paesi vicini che propongono reazioni diverse.

    La Francia impone per legge l'esibizione, non l'ostentazione, di ogni simbolo religioso (ne deduco anche la croce).

    In Inghilterra nessuno si stupisce di incontrare ogni genere di lavoratore magari con il turbante perché indiano.

    In riferimento a quello che esprimi, mi pare audace pensare a una società europea che vede nella "verità di Dio che si fa uomo, ….il vero cardine della civiltà europea".

    Preferisco pensare ad una società laica, nata dalla condivisione del cristianesimo, religione centrata sulla libertà dell'uomo di agire con libero arbitrio, nel rispetto e nell'amore.

    La nostra storia è fatta di lotte e sangue versato per costruire una società laica alla quale fare riferimento per individuare i modi e i limiti dell'accettazione delle diversità.
    In caso diverso mi sembrerebbe una cultura più propria della teocrazia che non della democrazia (definite da qualcuno il minore dei mali)

    Ricordo di aver avuto un'insegnate di filosofia ciellina, che preferiva catechizzarci piuttosto che educarci a pensare.
    La madre preside, con tanto di velo, la riprese pesantemente richiamandola a rispettare il suo ruolo di insegnante.

    Perché allora non possiamo lavorare per la costruzione di una società che, nel RISPETTO del pensiero e della fede, faccia del RISPETTO del ruolo istituzionale e sociale laico uno dei suoi valori portanti?

    Il rifiuto a priori porta alla miopia e all'intolleranza, germi pericolosi e sterili nella crescita della civiltà.


    L'altro

  6. #6
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    Predefinito

    Originally posted by l'altro
    Il passaggio ad una società multietnica impone riflessioni attente sui fenomeni di incontro tra diversità, che spesso assumono aspetti conflittuali.

    Nel caso specifico Fatima, dimostrandosi più equilibrata delle famiglie dei bambini, si era resa disponibile a togliere il velo durante il lavoro.

    L'argomento è grave e delicato e porta a guardare a Paesi vicini che propongono reazioni diverse.

    La Francia impone per legge l'esibizione, non l'ostentazione, di ogni simbolo religioso (ne deduco anche la croce).

    In Inghilterra nessuno si stupisce di incontrare ogni genere di lavoratore magari con il turbante perché indiano.

    In riferimento a quello che esprimi, mi pare audace pensare a una società europea che vede nella "verità di Dio che si fa uomo, ….il vero cardine della civiltà europea".

    Preferisco pensare ad una società laica, nata dalla condivisione del cristianesimo, religione centrata sulla libertà dell'uomo di agire con libero arbitrio, nel rispetto e nell'amore.

    La nostra storia è fatta di lotte e sangue versato per costruire una società laica alla quale fare riferimento per individuare i modi e i limiti dell'accettazione delle diversità.
    In caso diverso mi sembrerebbe una cultura più propria della teocrazia che non della democrazia (definite da qualcuno il minore dei mali)

    Ricordo di aver avuto un'insegnate di filosofia ciellina, che preferiva catechizzarci piuttosto che educarci a pensare.
    La madre preside, con tanto di velo, la riprese pesantemente richiamandola a rispettare il suo ruolo di insegnante.

    Perché allora non possiamo lavorare per la costruzione di una società che, nel RISPETTO del pensiero e della fede, faccia del RISPETTO del ruolo istituzionale e sociale laico uno dei suoi valori portanti?

    Il rifiuto a priori porta alla miopia e all'intolleranza, germi pericolosi e sterili nella crescita della civiltà.


    L'altro

    cara l' altro
    il problema è sempre lo stesso, cioè lo stare in bilico tra ideologia (o fede) e realismo ed evitare gli usi distorti di questi concetti.

    i nostri vicini e partners europei hanno al proposito diversi atteggiamenti, che derivano loro da diverse estrazioni culturali.

    i francesi sono ossessionati dalla laicità dello stato, che di fatto dalla rivoluzione francese in avanti ha sostituito ogni forma di divinità, al punto da proibire ogni simbolo religioso negli edifici pubblici.

    gli inglesi, sostanzialmente, se ne fregano, interessati molto di più al reale che al soprannaturale.

    i tedeschi hanno una visione protestante, manichea, una formazione per la quale è l' etica il vero feticcio.

    poi ci siamo noi italiani, culla del cattolicesimo ma anche bizantini.
    troppo spesso in italia la religione, così come l' ideologia, è usata come comodo grimaldello per suscitare passioni ed auto-distoglierci dal problema principale:
    crescere ed accettare le regole di una società democratica ed armonica.

    l' italia di oggi è estremamente diversa da quella del dopoguerra, nella quale la chiesa era assolutamente compenetrata con le istituzioni.
    oggi la chiesa è molto meno influente riguardo alla cosa pubblica.

    se da un certo punto di vista il "bigottismo" di allora risultava intollerabile oggi, noi dobbiamo comunque domandarci serenamente, quanto, nella nostra vita, abbiano inciso i religiosi.

    inoltre, anche nell' italia attuale, ampi settori sono supportati in maniera insostituibile da associazioni collegate alla chiesa, soprattutto nel sociale

    si capisce allora come un fatto intimo come la religione in pratica possa avere risvolti pubblici decisamente importanti.

    ma la strada della radicalizzazione della fede è la peggiore da percorrere.

    non possiamo ridurre tutto al "fattore stadio", cioè alla logica dell' ultrà: la bandiera da sventolare urlando per potersi così nascondere davanti alla realtà.

    la strada è quella di capire chi hai davanti e poi, se lo merita, accettarlo come è, anche se ha il velo.

    sbaglio o l' avvevano detto anche quattro scrittori dell' antichità, tali matteo, luca giovanni e marco?

    saluti

  7. #7
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    Predefinito

    Io credo si parta da un presupposto non corretto: pensare che la religione sia essenzialmente un fatto intimo, da confinare nella sfera privata in quanto privo di risvolti sociali. Questa mi sembra una forma di indebito riduzionismo nei confronti di dottrine che hanno innegabilmente forgiato lo "zoon politikon" europeo e la sua idea di con-vivenza. Oggi si vuole superare la societas christiana per evolvere verso una società super-laica, ovvero laicista, che misconosca il ruolo che il dato religioso ottempera nella formazione della coscienza sociale, della percezione che il soggetto ha di sè, al di là del suo stato personale di grazia.

    L'altro si appella al sangue versato perchè i principi rivoluzionari irrompessero nel tessuto europeo: io parlerei anche del sangue versato DAI rivoluzionari affinchè ciò avvenisse, affinchè il libero arbitrio diventasse un diritto, affinchè l'eguaglianza soffocasse il ruolo che le differenze, naturali e culturali, assolvono all'interno di ogni società, affinchè la fraternità più astratta obliasse i legami reali di tipo comunitario destinati a proteggere l'individuo e dare un senso sociale all'esistenza individuale.

    Oggi il senso dell'esistenza è piuttosto la sua stessa elevazione a problema insolvibile, con ovvi riflessi sul piano sociale e quindi politico.
    Io credo che il principale errore sia quello di sottovalutare quando non screditare il ruolo che l'appartenenza a una lingua,a una cultura, quindi a un tipo etnico, riveste all'interno dell'identità sociale e politica. Non voglio disquisire su società chiuse o su società aperte, ma semplicemente invitare a riflettere su come l'assenza di equilibri possa portare non a un'apertura proficua bensì a un dissolvimento della persona stessa.

    Il diritto sembra oggi sempre più fondarsi su una concezione astratta e quindi irreale e fittizia dell'individuo, come se la sua vita non si svolgesse all'interno di comunità, come se la sua libertà e felicità non vivessero in stretta relazione con la specifica cultura dalla quale emergono come idee.

    Si vuol distruggere, io credo, il dato etnico come forma intermedia capace di esprimere, naturalmente e concretamente, l'umanità, a vantaggio di un costruttivismo spacciato per civiltà. Ma dove sarebbe la civiltà attuale? Quale tradizione è in grado di creare? Quali riferimenti spirituali è in grado di trasmettere? Quale weltanschaung produce?

    Sarò pessimista ma io vedo intorno a me solo individualismo,nichilismo, relativismo, decadenza, al limite irenismo, piccola utopia, filantropia. In ogni caso l'esatto contrario della parola, alta e nobile, di civiltà. Del resto se ne stanno distruggendo tutti i presupposti, soprattutto il logos (continuamente scarnificato da tecnologie e sterotipizzazione televisiva, per non parlare della continua rarefazione quantitativa e qualitativa delle lingue locali a causa dei processi di assimilazione statalisti e globali), il genos (ormai la sovranità tende a diventare sovranità di tutto su tutti, a prescindere da cittadinanza e appartenenza, come se fosse indifferente per la sussistenza di un popolo CHI vota CHI), il topos ( guardate come stiamo riducendo la nostra terra, le nostre città, quale alto senso dell'abitare ci ispira e quanta suggestione estetica e affettiva ormai stimola nei più).

  8. #8
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    Predefinito senza banalizzare

    ritengo che si possano benissimo armonizzare logos, genos, topos specifici nel rispetto delle altrui differennze:
    si può mangiare pesto anche se chi è seduto accanto a te mangia cous-cous.

    diversa è la posizione di chi si crede superiore in virtù di una qualsiasi auto-investitura e spesso rifiuta mentalmente il fatto di essere sullo stesso piano di uno che da piccolo non ha fatto il chierichetto o non appartiene al "suo mondo".

    per questi c'è solo un futuro di frustrazioni, una vita di straniamento al di fuori di un mondo sempre più aperto.

    e la riduzione della loro tanto venerata tradizione a folklore.

    ricordiamoci che i genovesi, come tutti i naviganti, erano assolutamente aperti verso i popoli con i quali entravano in contatto e ricettivi a tutte le novità.

    prova ne è il fatto che questo diverso approccio mentale nei confronti dello "straniero" ha fatto si che a genova il processo di integrazione dei molti immigrati sia decisamente più evoluto rispetto ad altre realtà italiane (vedi "padania" vera).

    e non mi sembra che la città ne abbia risentito, anzi.

  9. #9
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    Predefinito Re: senza banalizzare

    Originally posted by BITRE
    ritengo che si possano benissimo armonizzare logos, genos, topos specifici nel rispetto delle altrui differennze:
    si può mangiare pesto anche se chi è seduto accanto a te mangia cous-cous.

    diversa è la posizione di chi si crede superiore in virtù di una qualsiasi auto-investitura e spesso rifiuta mentalmente il fatto di essere sullo stesso piano di uno che da piccolo non ha fatto il chierichetto o non appartiene al "suo mondo".

    per questi c'è solo un futuro di frustrazioni, una vita di straniamento al di fuori di un mondo sempre più aperto.

    e la riduzione della loro tanto venerata tradizione a folklore.

    ricordiamoci che i genovesi, come tutti i naviganti, erano assolutamente aperti verso i popoli con i quali entravano in contatto e ricettivi a tutte le novità.

    prova ne è il fatto che questo diverso approccio mentale nei confronti dello "straniero" ha fatto si che a genova il processo di integrazione dei molti immigrati sia decisamente più evoluto rispetto ad altre realtà italiane (vedi "padania" vera).

    e non mi sembra che la città ne abbia risentito, anzi.
    Scusami, Bitre, ma premetto che mi sembra di dialogare con un comunista. Comunque, se vogliamo fare storia, citiamo anche il ruolo preponderante che i genovesi assolsero in occasione delle crociate, e non cerchiamo esempi di tolleranza nella storia remota, dove il dato etnico non è mai stato messo in discussione come oggi. Io credo che sia giusto pensare e desiderare un mondo multipolare, ma pensarlo e desiderarlo coerentemente, ossia denunziando come l'integrazione o l'assimilazione presupponga necessariamente la rarefazione e svalutazione delle identità. E' sufficiente guardarsi intorno: viviamo contornati da subculture di ispirazione afro-americana, giriamo per città che hanno dimenticato i loro tratti caratteristici per omologarsi e spersonalizzarsi in ossequio alla modernità, pensiamo che una religione equivalga ad un'altra perchè abbiamo de-socializzato i valori; abbiamo dimenticato le nostre parlate e facciamo di tutto per sentirci parte di un villaggio globale che è esaltazione dell'uomo medio, senza caratteri, radici, senso dell'origine: puro nulla aperto sul nulla. Pensiamo eliminando e cercando di superare continuamente le differenze, quindi la realtà stessa, per esistere all'interno di uno spazio vuoto dove c'è solo posto per un'unica lingua, un'identica religione che riassuma tutte le Fedi, un'identica economia e quindi un'identica cultura. Stiamo facendo trionfare l'astrazione più bieca contro la concretezza e l'eterogeneità della natura e della storia. In una parola siamo divorati da quell'egalitarismo che l'autentica cultura di destra ha sempre denunciato e che, attraverso i media, sta invece riducendo tutto all'unico, semplice, volgare principio d'identità. Hegel (che qualche responsabilità la ha) avrebbe detto che è come ostinarsi a vedere le vacche di notte, Zena dice che è come darsi delle martellate sulle palle.

    P.S: dici che a Genova gli immigrati non comportano problemi. Ma ne sei proprio sicuro????

  10. #10
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    Predefinito direi che ...

    a proposito delle culture e delle tradizioni ormai "dimenticate" dai bombardamenti mediatici ecc... nelle nostre città e cittadine
    persino gli architetti , nel progettare il rifacimento di piazze , di edifici nuovi ecc.... hanno perso il contatto con la realtà locale!

    Basta guardare i materiali usati per il rifacimento dei nostri ( allora ) bellissimi giardini.......materiali e tecniche che contrastano con lo stile , la cultura e le tradizioni locali!

    Per quanto riguardano le cosiddette " radici cristiane" dell'europa intera oltre che dell'Italia , non si intende affermare l'appartenenza ad una confessione religiosa che trasformi lo stato laico in teocratico ( questo semmai accade con l'islam)

    ma semplicemente affermare che in Europa ovunque si giri le cattedrali , i monasteri, gli edifici, le opere d'arte ecc dimostrano come il cristianesimo abbia permeato tutta questa parte del mondo!
    Nei secoli bui dell'alto medioevo un S. Benedetto con i suoi monaci , contribuì a salvare la cultura occidentale greco-romana e quel po' di agricoltura di cui si aveva ancora memoria ecc....
    Tutto questo fa di noi quello che siamo: non siamo orientali , anche se oggi fa scic arredare le nostre case e i nostri corpi con lo stile 'etnico, e neppure africani o indio australiani.
    Questo non vuol dire che si possa convivere, ma una cosa è , accettare l'altro un'altra farci fagocitare dall'altro!

 

 
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