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Il Sole
Nel mirino dell'Europa
L'obiettivo di un rapporto deficit/Pil ancora sotto il 3% è a rischio nel 2004. L'economia italiana non cresce e la spesa continua a correre. Scatta l'allarme della Commissione di Bruxelles sul rispetto del Patto di stabilità. Difficili i tagli fiscali senza un'adeguata copertura finanziaria.
di Michele De Gaspari
Il 2004 si sta delineando come un nuovo anno in salita per i conti pubblici italiani, probabilmente ancora più dei tre precedenti. E questo perché il risultato dell'indebitamento netto per il 2003 - pari al 2,4% del Pil e migliore delle stesse previsioni governative - è stato ottenuto in larga misura grazie alle entrate straordinarie. Esse sono, infatti, ammontate a circa 21 miliardi di euro, l'1,6% del Pil, e sono dovute nella gran parte ai condoni fiscali. Le entrate correnti, invece, sono leggermente diminuite in rapporto al Pil, al contrario dei contributi sociali, in lieve aumento; il saldo di parte corrente, a sua volta, è tornato negativo dopo cinque anni. Ci sono da considerare, poi, altre misure una tantum per 5 miliardi, così che le correzioni temporanee ammontano in totale a ben due punti percentuali di Pil. (Quanto fa 2,4 + 2?)
La dinamica della spesa pubblica complessiva, per contro, continua a essere sistematicamente più elevata rispetto alle previsioni. Le uscite correnti, al netto degli interessi, sono innanzitutto aumentate di un punto percentuale sul Pil, sempre nel corso del 2003, per effetto della crescita (piuttosto sensibile) del costo del lavoro dei pubblici dipendenti. Allo stesso modo, appaiono in notevole aumento i consumi intermedi e le prestazioni sociali. Ne risulta, quindi, un'ulteriore e preoccupante diminuzione del saldo primario - l'indebitamento netto meno gli interessi sul debito - sceso in tre anni di quasi due punti percentuali e oggi pari al 2,9% del Pil.
Se negli ultimi due anni le cartolarizzazioni avevano contribuito a mascherare questa tendenza, nel 2004 la realtà dei dati sta riemergendo con chiarezza, rendendo impossibile tenere fede all'impegno di una significativa riduzione delle imposte dirette, senza un drastico aggiustamento dal lato della spesa corrente. Ma la manovra non può certo essere effettuata in un contesto di stagnazione dell'economia (e nel pieno di un lungo ciclo elettorale). La pressione fiscale è, anzi, aumentata lo scorso anno, a causa del rilevante incremento delle entrate in conto capitale per le sanatorie fiscali. E le imposte appaiono difficilmente comprimibili, se si vuole mantenere sotto controllo il saldo dei conti.
Il fabbisogno gonfia il debito
Nei primi tre mesi di quest'anno si registra, in particolare, un nuovo sfavorevole andamento nel deficit di cassa. Il fabbisogno statale ha, infatti, mostrato nel trimestre gennaio-marzo un disavanzo di circa 27,8 miliardi di euro, in sensibile aumento (oltre 8 miliardi) rispetto al corrispondente periodo del 2003, che a sua volta si era chiuso con un fabbisogno di 19,7 miliardi. Il ministero dell'Economia spiega il maggiore deficit del periodo con una forte concentrazione di spese legate a diversi fattori, tra cui i rinnovi contrattuali di importanti categorie del pubblico impiego e il pagamento di debiti pregressi degli enti locali e sanità.
E' senza dubbio prematuro trarre conclusioni dai risultati di un periodo, come il primo trimestre, tradizionalmente difficile per i conti statali. Ma resta il fatto che l'aggravio del fabbisogno si trasferisce sul debito, bloccandone il percorso di discesa (almeno in rapporto al Pil). Il debito pubblico è il principale fronte caldo delle politiche di risanamento finanziario, su cui si concentra l'attenzione delle autorità europee e dei mercati. Nel 2003 esso è sceso al 106,2% del Pil, ma solo grazie a forti correzioni temporanee, rimanendo in ogni caso molto al di sopra della media di Eurolandia (risalita nel frattempo al 70% circa).
Il processo di riduzione è considerato troppo lento e si ripetono, pertanto, gli inviti ad accelerarne il percorso di rientro, dal momento che il debito italiano continua a essere parte consistente di quello dell'intera Unione europea. Per la sostenibilità nel medio periodo occorre, innanzitutto, riportare l'avanzo primario intorno al 5% del Pil, recuperando i due punti persi negli ultimi tre anni. Ma il persistere del ciclo congiunturale sfavorevole rischia di allontanare nel tempo il conseguimento di questi obiettivi, che appaiono ancora una volta legati alle speranze di ripresa economica.
6 aprile 2004