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Discussione: Pentecoste

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    Predefinito Festa di Pentecoste



    Dal trattato "Sullo Spirito Santo" di s. Basilio Magno.
    De Spiritu Sancto, XVIII, 45-46; IX, 22-23; XIX,49; XXVI, 61.64. SC 17, 194-195. 145-148. 200-202. 225-227. 230-231.


    Nella semplicità di Dio l'unità delle Persone consiste nella comunione della divinità. Uno è anche lo Spirito Santo, nella sua propria realtà; ma è congiunto al Padre, che è uno, per il Figlio, che è uno, e per mezzo suo completa la beata Trinità, degna di ogni lode.

    Lo Spirito è intimamente imparentato con il Padre e il Figlio. Lo palesa il fatto che egli non è posto nella moltitudine delle creature, ma è da solo proferito. Egli non è infatti uno fra molti, ma è l'unico. Come uno è il Padre e uno il Figlio, così anche uno è lo Spirito Santo. Perciò tanto lontano si trova dalla natura creata quanto una cosa solitaria verosimilmente lo è da ciò che è congregato in un tutto numeroso. Egli è unito al Padre e al Figlio quanto il solo è in intimità col solo.

    Quindi è ovvio: lo Spirito condivide la natura del Padre e del Figlio. Ma ecco altre prove. Si dice che lo Spirito Santo è da Dio: non al modo in cui ogni cosa è da Dio, ma come colui che proviene da Dio: non al modo della generazione, come il Figlio, ma come soffio dalla sua bocca. Evidentemente non parlo di bocca corporea, né il soffio è un alito che si dissolve. L'espressione va intesa in modo degno di Dio, per cui questo soffio è sostanza vivente, che ha potere di santificazione. Questo simbolo ci aiuta a capire meglio l'intimità delle Persone, ma il loro modo di esistenza resta indicibile.

    Lo Spirito Santo è stato chiamato Spirito di Dio e Spirito di verità, che procede dal Padre: Spirito forte, Spirito retto, Spirito creatore. Spirito Santo è l'appellativo che gli conviene di più e che gli è proprio, quello che più di ogni altro esprime l'essere tutto incorporeo, puramente immateriale e semplice. Perciò anche il Signore quando vuole insegnare a colei che credeva si dovesse adorare Dio in un luogo, che l'incorporeo non si può circoscrivere, dice che Dio è Spirito.

    Perciò chi sente parlare dello Spirito non si immaginerà una natura contenuta entro certi limiti, sottoposta a variazioni e mutamenti. Non va paragonato con le creature, ma lanciandoci con il pensiero a quanto è più alto, è necessario pensare a una natura intelligente di illimitata potenza, di infinita grandezza, senza dimensioni di tempo e di secoli, elargitrice dei propri beni.

    Tutto ciò che ha un carattere sacro, da lui lo deriva. Di lui hanno bisogno gli esseri che hanno vita e, come irrorati dalla sua rugiada, ricevono vigore e sostegno nel loro esistere e agire in ordine al fine naturale per il quale sono fatti. Capace di perfezionare gli altri, lo Spirito per sé non viene meno in nessuno; vive senza bisogno di rifare le sue forze e anzi rifornisce la vita; non ingrandisce per progressivi accrescimenti, ma è la pienezza continua; è stabile in sé ed è insieme ovunque.

    Lo Spirito Santo è sorgente di santificazione e luce intelligibile. Offre a ogni creatura ragionevole se stesso e con se stesso luce e aiuto per la ricerca della verità.

    Inaccessibile per natura, può essere percepito per sua bontà. Tutto riempie con la propria forza, ma si comunica solo a quelli che ne sono degni. A essi tuttavia egli non si dà in ugual misura, ma si concede in rapporto all'intensità della fede.

    Semplice nell'essenza e molteplice nei poteri, è presente ai singoli nella sua totalità ed è contemporaneamente e tutto dovunque. Egli viene partecipato senza tuttavia subire alcuna alterazione. Di lui tutti sono partecipi, ma egli resta integro, allo stesso modo dei raggi del sole, i cui benefici vengono sentiti da ciascuno come se risplendessero solo per lui e tuttavia illuminano la terra e il mare e si confondono con l'aria.

    Così fa lo Spirito con coloro che sono in grado di riceverlo; è presente a ciascuno come se fosse solo, e infonde in tutti la grazia sufficiente. Di lui ciascuno gode quanto ne è capace, non quanto lo Spirito può donare.

    Quanto all'unione dello Spirito con l'anima, essa non consiste in una vicinanza di luogo (come ci si potrebbe avvicinare corporalmente ad un essere incorporeo?), ma nello stare lontano dalle passioni che sorgono nell'anima, a causa del suo amore verso la carne che l'allontanano dall'intimità di Dio.

    Bisogna purificarsi dalla sozzura contratta col vizio e ritornare alla nativa bellezza, restituendo per così dire all'immagine regale la primitiva forma mediante la purezza; solo così è possibile avvicinarsi al Paraclito: ed egli, come sole, se troverà un occhio puro, ti mostrerà in se stesso l'immagine di Dio invisibile. Nella beata contemplazione dell'immagine, tu vedrai l'ineffabile bellezza dell'Originale, ossia Dio.

    Grazie allo Spirito Santo i cuori si elevano in alto, i deboli vengono condotti per mano, i forti giungono alla perfezione. Egli risplende su coloro che si sono purificati da ogni bruttura e li rende spirituali per mezzo della comunione che hanno con lui.

    I corpi molto trasparenti e nitidi al contatto di un raggio diventano anch'essi molto luminosi ed emanano da sé nuovo bagliore; così le anime che hanno in sé lo Spirito e sono illuminate dallo Spirito diventano anch'esse sante e riflettono la grazia sugli altri. Dallo Spirito l'anticipata conoscenza delle cose future, l'approfondimento dei misteri, la percezione delle verità nascoste, le distribuzioni dei doni, la familiarità delle cose del cielo, il tripudio con gli angeli. Da lui la gioia eterna, da lui l'unione costante e la somiglianza con Dio, e, cosa più sublime d'ogni altra, da lui la possibilità di divenire Dio.

    Quali sono le operazioni dello Spirito Santo? Indicibili per la loro grandezza, innumerevoli per la quantità. Come noi potremo comprendere le realtà che sono anteriori ai secoli? Quali erano le sue operazioni prima che esistesse la creatura pensante? Quali sono i suoi benefici profusi a vantaggio della creazione? Quale potenza manifesterà nei secoli venturi? Egli infatti era, preesisteva e coesisteva con il Padre e con il Figlio prima dei secoli. Anche se tu concepirai qualcosa che fosse prima dei secoli, troverai che essa è posteriore allo Spirito.

    Se tu ripensi alla creazione, vedrai che le potenze dei cieli si sono consolidate per lo Spirito: consolidamento che va inteso nella inalterabilità dell'abitudine a ben operare. E' lo Spirito, infatti, che ha loro conferito l'intimità con Dio, l'impeccabilità, la beatitudine senza tramonto.

    L'avvento di Cristo: lo Spirito lo precede. L'incarnazione di Cristo: lo Spirito ne è inseparabile. Miracoli, doni di guarigione: avvengono per lo Spirito Santo. I demoni sono scacciati nello Spirito di Dio. Il diavolo, alla presenza dello Spirito, è privato di ogni suo potere. La remissione dei peccati avviene nella grazia dello Spirito. Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!

    Il nostro accesso all'intimità con Dio si compie mediante lo Spirito. Infatti Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! La risurrezione dai morti è operata dallo Spirito. Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra.

    Se si intende questa creazione come un ritorno alla vita di chi è morto, come non chiamare grande l'operazione dello Spirito, che ci distribuisce la vita dalla risurrezione e predispone le nostre anime a quella vita spirituale? Si può anche intendere per creazione la trasformazione in meglio, che avviene quaggiù, di coloro che sono caduti in peccato, come quando Paolo dice: Se uno è in Cristo, è una creatura nuova. Allora il rinnovamento, che qui avviene, e il cambiamento di questa vita terrestre e passibile nella cittadinanza celeste per dono dello Spirito, tutto questo innalza le nostre anime al colmo dello stupore.

    Dobbiamo forse temere in queste cose di oltrepassare il limite della sua dignità attribuendo allo Spirito eccessivi onori? O, al contrario, non dobbiamo temere di abbassare la nozione che abbiamo, anche quando ci sembrasse di proclamarne i massimi attributi, concepiti dalla mente e dalla lingua umana?

    Lo Spirito Santo perfeziona gli esseri razionali, portando a compimento la loro eminente dignità. Infatti, colui che ormai non vive più secondo la carne, è guidato dallo Spirito di Dio, poiché prende il nome di figlio di Dio e diviene conforme all'immagine del Figlio unigenito. Perciò viene detto spirituale. Come in un occhio sano vi è la capacità di vedere, così nell'anima che ha questa purezza vi è la forza operante dello Spirito. Perciò Paolo augura agli Efesini che i loro occhi siano illuminati nello Spirito di sapienza.

    E come l'arte in colui che l'ha acquisita, così la grazia dello Spirito in colui che l'ha accolta, è sempre compresente, senza tuttavia che operi ininterrotta. Anche l'arte è in potenza nell'artista, in atto lo è quando egli operi a sua norma. Altrettanto lo Spirito da una parte è sempre presente a chi ne è degno, dall'altra opera secondo la necessità, o in profezie, o in guarigioni, o in altre azioni prodigiose.

    Come nei corpi ci sono la salute, il calore, o in genere disposizioni passeggere, così spesso è presente lo Spirito nell'anima; ma egli non permane in quelli che per l'instabilità del carattere rifiutano alla leggera la grazia che hanno ricevuto.

    Come il Padre si rende visibile nel Figlio, così il Figlio si rende presente nello Spirito. Perciò l'adorazione nello Spirito indica un'attività del nostro animo, svolta in piena luce. Lo si apprende dalle parole dette alla Samaritana. Essa infatti, secondo la concezione errata del suo popolo, pensava si dovesse adorare in un luogo particolare; ma il Signore, facendole mutare idea, le disse che si deve adorare in spirito e verità, chiaramente definendo se stesso la Verità.

    Dunque, come per adorazione nel Figlio intendiamo l'adorazione nell'immagine di colui che è Dio e Padre, così intenderemo l'adorazione nello Spirito come adorazione di colui che esprime in se stesso la divina essenza del Signore Dio. Perciò anche nell'adorazione lo Spirito Santo è inseparabile dal Padre e dal Figlio.

    Se vivi fuori dello Spirito non potrai separartene, come non riuscirai a separare la luce da quanto vedi. È impossibile infatti vedere l'immagine di Dio invisibile, se non nell'illuminazione dello Spirito. Chi fissa gli occhi sull'immagine, è incapace di separare la luce dall'immagine, poiché quel che fa vedere un oggetto necessariamente si vede insieme con esso.

    Nello Spirito che ci illumina noi vediamo lo splendore della gloria di Dio. Attraverso il Figlio, impronta dell'essere divino, risaliamo a colui al quale impronta e sigillo appartengono, e al quale l'una e l'altro sono perfettamente uguali.

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    Predefinito Dai Discorsi di san Leone Magno.

    Sermo LXXVI, De Pentecoste II, 3-5. PL 54, 405-408.

    Quando nel giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo riempì i discepoli del Signore, non si trattò di un dono iniziale, ma di un aumento della sua liberalità. Infatti anche i patriarchi, i profeti, i sacerdoti e tutti i santi vissuti in passato furono vivificati dallo Spirito santificatore. E senza la sua grazia nessun sacramento fu mai istituito, nessun mistero fu mai celebrato; perciò non è mai venuta meno la virtù dei carismi, anche se non sempre fu eguale la misura dei doni.

    I santi apostoli non erano neppure loro privi dello Spirito Santo anteriormente alla passione del Signore; né il potere e la virtù dello Spirito mancavano nelle opere del Salvatore. Quando questi conferiva ai discepoli il potere di guarire le malattie e di scacciare i demoni, evidentemente dava loro la forza dello Spirito Santo; invece l'empietà dei Giudei si ostinava a negare che ne facesse uso nel comandare agli spiriti immondi, attribuendo i benefici divini al demonio.

    Per le loro bestemmie i Giudei si attirarono la nota sentenza del Signore che dice: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque avrà parlato male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito non gli sarà perdonata né in questo secolo né in quello futuro.

    È dunque evidente che la remissione dei peccati non avviene senza l'invocazione dello Spirito Santo e che nessuno senza il suo aiuto può gemere come è conveniente, e pregare come è necessario. Così insegna l'Apostolo: Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e ancora: Nessuno può dire:"Gesù è il Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo. Privarsi di lui è cosa molto dannosa e funesta, perché non otterrà mai perdono colui che viene abbandonato dal suo difensore.

    Tutti quelli che avevano creduto nel Signore Gesù avevano già in sé l'effusione dello Spirito Santo; così gli apostoli avevano ricevuto il potere di rimettere i peccati fin da quando il Signore dopo la sua risurrezione aveva soffiato sopra di essi, dicendo: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi.

    Tuttavia, all'ideale di perfezione, a cui erano chiamati i discepoli, era riservata maggiore abbondanza di grazia e un'effusione ancora più ricca. Occorreva che potessero accogliere quanto ancora non avevano ricevuto e possedere meglio quanto avevano già ricevuto. Per questo appunto diceva il Signore: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.

    Il Signore aveva detto ai discepoli: Tutto ciò che ho udito dal Padre, l'ho fatto conoscere a voi. Come mai ora, promettendo lo Spirito Santo, afferma: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera? Voleva forse il Signore lasciar capire di possedere un grado inferiore di scienza o di aver appreso dal Padre meno dello Spirito Santo?

    Eppure lui è la Verità, e nulla può proferire il Padre, nulla può insegnare lo Spirito senza il Verbo. Infatti è stato detto: Prenderà del mio nel senso che quanto riceve lo spirito lodona il Figlio, a cui a sua volta lo dona il Padre.

    Non si trattava dunque di comunicare un'altra verità o di annunciare un'altra dottrina: bisognava solo sviluppare la capacità ricettiva dei discepoli e potenziare in essi il vigore di quella carità che, fugando ogni timore, non si sarebbe arrestata dinanzi alla furia dei persecutori. Questo gli apostoli dimostrarono di volere più fortemente e di potere più efficacemente, subito dopo che ebbero la nuova e più abbondante effusione dello Spirito Santo; essi progredirono appunto dalla semplice cognizione dei precetti all'effettiva sopportazione delle sofferenze. Allora, senza più temere di fronte a nessuna tempesta, camminarono spediti sopra i flutti del secolo e i vortici del mondo e, disprezzando la morte, portarono a tutte le genti il messaggio evangelico della verità.

  3. #3
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    Predefinito Dai Discorsi di san Bernardo

    Sermo I de Pentec. 1‑6. PL 183, 323‑326.

    Oggi celebriamo, dilettissimi, la festa dello Spirito Santo. Onoriamolo con allegrezza e amore adorante, perché in Dio lo Spirito Santo è quanto vi è di più soave. Egli è la bontà stessa di Dio, anzi è Dio. Se celebriamo i santi, quanto più dobbiamo lodare colui che li ha santificati, e se veneriamo i santificati, quanto più dobbiamo onorare il loro Santificatore! Oggi è il giorno in cui lo Spirito Santo da invisibile si è fatto visibile, cosi come il Figlio, invisibile per natura, si degnò mostrarsi nella nostra carne. Oggi lo Spirito rivela qualcosa di sé stesso, come appunto già l'avevano fatto il Padre e il Figlio, perché ci incamminiamo verso la vita eterna, che è la conoscenza perfetta della Trinità. Per il momento, questa conoscenza trinitaria ci è possibile soltanto in parte, mentre cogliamo con la fede tutto quello che ci sfugge. Conosco il Padre grazie alla sua opera creatrice. poiché odo tutte le creature proclamare: Egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 99,3). Infatti, dalla creazione del mondo in poi.. le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità (Rm1,20).
    Invece l'eternità e l'immutabilità del Padre oltrepassano la mia comprensione, perché Dio abita una luce inaccessibile.

    Fra le persone della Santissima Trinità conosco un po' meglio il Figlio, poiché egli si è incarnato; ma chi potrà mai cogliere la sua generazione eterna e la sua uguaglianza con il Padre? Nei confronti dello Spirito Santo mi è noto soltanto che egli è spirato, poiché la sua processione dal Padre e dal Figlio oltrepassa totalmente le mie capacità: Stupenda per me la tua saggezza,, troppo alta e io non la comprendo (Sal 138,6). Vi sono due poli in una processione: donde si viene e dove si va. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ma questa processione è avvolta per me in tenebre fitte. Invece, la sua processione verso gli uomini ha preso ad apparire chiaramente agli occhi dei fedeli. Al tempo della Pentecoste. lo Spirito invisibile manifestò la sua venuta con segni visibili; oggi, questi segni sono spirituali, ben più degni della natura dello Spirito. Allora, lingue di fuoco si posarono sugli apostoli, perché essi potessero proclamare in altre lingue parole di fuoco e predicare con labbra ardenti una legge di fuoco. Non rammarichiamoci se oggi lo Spirito Santo non si presenta più a noi in quel modo, giacché a ciascuno e data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune (1 Cor 12,7).

    Potremmo dire che la manifestazione di Pentecoste è destinata più a noi che agli apostoli. A che infatti sarebbe loro servito parlare in lingue se non per convertire le genti? Ma lo Spirito ha agito in essi anche in modo più nascosto, cosi come continua a fare oggi in noi. L'azione dello Spirito Santo negli apostoli si fa evidente se consideriamo che dopo Pentecoste la loro pusillanimità cede a intrepida fermezza: essi non cercano più di nascondersi per paura dei Giudei, e l'energia che prima mettevano nel fuggire ora li anima nell'annunzio della parola.
    Il cambiamento è dovuto senz'altro all'opera dello Spirito di Dio in essi. Il capo degli apostoli era stato terrorizzato dalla parola di una serva,e ora ha il coraggio per affrontare le autorità. La Scrittura ci dice che gli apostoli se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiatiper amore del nome di Gesù (At 5,41). Chi dubiterà allora che lo Spirito di fortezza li abbia visitati, colmandoli intimamente di energia invisibile? Anche oggi la presenza dello Spirito è manifestata da quanto opera in noi.

    Lo Spirito ci comanda di stare lontani dal male e di fare il bene, ma egli soccorre la nostra debolezza in entrambe le situazioni, e benché le grazie siano diverse, esse provengono dal medesimo Spirito. Per distoglierci dal male, lo Spirito suscita in noi tre mozioni: il pentimento, la supplica e il perdono. Il nostro ritorno a Dio inizia con il pentimento, che non è nostra iniziativa, ma dello Spirito di Dio. Ce lo insegna la ragione e l'autorità lo conferma. Quando qualcuno, intirizzito dal freddo, viene a scaldarsi accanto al fuoco, potrà mai dubitare che il calore gli viene dalla fiamma? Cosi, se uno, congelato nel male, viene sciolto dagli ardori del pentimento, capisce che un altro spirito è venuto a scuotere e a giudicare il suo. Abbiamo anche nel vangelo l'autorità del Signore che sentenzia a proposito dello Spirito Consolatore: Egli convincerà il mondo quanto al peccato (Gv 16,8).

    Abbiamo detto che il pentimento è la prima tappa del ritorno verso Dio. Ma a che serve pentirsi di una colpa, se non si supplica per ottenere il perdono? Perciò lo Spirito Santo colma l'anima di una dolce speranza, che la muove a pregare con una fiducia senza incrinature. Permettimi di mostrarti che tale preghiera e opera dello Spirito di Dio. Fino a quando lo Spirito è lontano dal tuo cuore, tu non troverai la preghiera,perché soltanto lo Spirito può gridare in noi: Abbà, Padre. Infatti egli intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili (Rm 8,15-26). Lo Spirito Santo opera simultaneamente nel nostro cuore e in quello del Padre: nel nostro cuore intercede per noi presso il Padre; nel cuore del Padre perdona con lui. Nel nostro cuore è il nostro avvocato, nel cuore del Padre è il nostro Signore. Nel nostro cuore infonde la grazia della preghiera, nel cuore del Padre egli ci dona quel che chiediamo. Nel nostro cuore istilla la fiducia verso il Padre, mentre inclina il cuore del Padre ad una misericordia più grande. Sappi bene che è lo Spirito a procurarci il perdono, poiché fu detto agli apostoli: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi (Gv 20,22). Perciò mediante il pentimento, la supplica e il perdono lo Spirito Santo ci distoglie dal male.

    In che modo lo Spirito agisce in noi per attirarci al bene? Anche qui, con una triplice azione: egli ammonisce, insegna e muove. Esorta la memoria, illumina la ragione, muove la volontà, giacché in queste tre facoltà consiste tutta l'anima. Lo Spirito suggerisce alla nostra memoria il ricordo di buoni e santi pensieri. Ogni volta che ti senti spuntare in cuore l'ispirazione al bene, rendi grazie a Dio e onora lo Spirito Santo, perché ne hai sentito la voce. Il vangelo dice infatti: Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Nota bene la frase che precede: V'insegnerà ogni cosa (Gv 14,26). Si tratta della seconda opera dello Spirito: e gli istruisce la nostra ragione. Molti cercano di far il bene, ma non sanno che strada prendere. Dopo l'ispirazione al bene è perciò necessaria una seconda grazia che ci permetta di passare agli atti in modo che la grazia di Dio porti frutto. San Giacomo infatti ammonisce: Chi sa fare il bene e non lo compie, commette peccato (Gc 4,17). Non basta che lo Spirito ammonisca la memoria e illumini la ragione sul bene da compiere: deve poi smuovere la volontà perché attuiamo quel bene. Anche qui è all'opera lo Spirito che sorregge la nostra debolezza e riversa nei nostri cuori la carità; questa fa allora sorgere in noi una volontà orientata verso il bene.

    Quando lo Spirito viene in te, s'impossessa di tutta la tua anima e tu odi che ti parla dentro: suggerisce buoni pensieri alla memoria, istruisce e stimola al bene, illuminando la ragione, poi infiamma la volontà. Non ti vedi l'anima riempita di lingue di fuoco? La loro molteplicità simboleggia la diversità di operazioni, ma esse si uniscono nella luce unica della verità e nella fiamma ardente dell'amore. Soltanto nella consumazione finale la nostra anima sarà totalmente colmata, quando una buona misura pigiata, scossa e traboccante ci sarà versata in grembo. Quando accadrà ciò? Al compiersi dei giorni della Pentecoste. Beati quelli che sono già nel tempo pasquale eterno, ossia i fratelli a cui lo Spirito ha detto di riposarsi dalle fatiche terrene. Essi sono già entrati nell'anno giubilare, e aspettano con noi l'ultima Pentecoste.

    Voi sapete che celebriamo i due tempi liturgici della Quaresima e della Pasqua. L'uno precede la passione, l'altro segue la risurrezione. La Quaresima è dedicata alla compunzione del cuore e alle lagrime della penitenza, mentre nel tempo pasquale il cuore si apre all'amore adorante e al canto solenne dell'alleluia. La Quaresima è figura della vita presente e il tempo pasquale rappresenta il riposo dei santi dopo la morte. Al termine dei cinquanta giorni del periodo di Pasqua celebriamo la Pentecoste. Essa simboleggia l'ultimo giudizio, quando la casa sarà ricolma della pienezza dello Spirito Santo. Allora la terra intera sarà inondata dalla maestà dello Spirito, quando non solo l'anima ma il corpo risorgerà incorruttibile, a condizione di essere stato seminato in terra, quando ancora era corruttibile.

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    Predefinito Dal Trattato sulla Trinità di sant'Ilario di Poitiers

    De Trinitate, II, 1.33.35; XII, 57. PL 10, 50‑51.73.74.75.471‑472.

    Il Signore comandò al discepoli di battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Egli voleva infatti che fossimo battezzati professando la fede nel Padre Creatore, nel Figlio Unigenito, nello Spirito che è dono. Unico è il Creatore, Dio Padre, da cui hanno origine tutte le realtà esistenti. Unico è anche l'Unigenito, il Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto fu creato. E unico è lo Spirito offerto in dono a tutti. In seno alla Trinità tutto è ordinato secondo le virtù proprie ad ogni persona: una è la potenza da cui tutto procede; una la generazione, per la quale tutto è stato fatto; uno il dono della perfetta speranza. Non si troverà nulla che manchi alla perfezione infinita della Trinità. Nel suo seno vi è l'infinita nell'eternità del Padre, la bellezza dell'immagine nel Figlio, il godimento del dono nello Spirito Santo.

    In che modo Dio agisce in noi? Ascoltiamo le parole del Signore stesso: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portane il peso. E' bene per voi che io me ne vada; se me ne vada;se me ne vado,vi manderò il Consolatore. lo pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore. Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future (Gv 16,12.7; 14,16‑17; 16,13‑14). Oltre a tante altre promesse, queste parole del Signore sono destinate a rivelarci sia la volontà del donatore, sia la natura e la funzione di colui che è donato. La nostra limitatezza non ci consente di conoscere ne il Padre ne il Figlio, e stentiamo a credere nell'incarnazione di Dio. Pero il dono dello Spirito Santo ci illumina e con la sua intercessione diventa il nostro alleato. Riceviamo il dono divino per conoscere. Al corpo umano i sensi sarebbero inutili se venissero meno i requisiti per il loro esercizio. Se non c'è luce o non è giorno, gli occhi non servono a nulla; gli orecchi in assenza di parole o dì suono non possono svolgere il loro compito; se non vi sono odori o profumi, le narici non servono a niente. Questo succede non perché venga loro a mancare la capacità naturale, ma perché la loro funzione è condizionata da fattori particolari. Lo stesso è per l'anima umana: senza il dono dello Spirito Santo, tramite la fede, ha si la capacita di intendere Dio, ma le manca la luce per conoscerlo. Il dono dello Spirito, che è in Cristo, è dato interamente a tutti. Resta ovunque a nostra disposizione e ci è concesso nella misura in cui vorremo accoglierlo. Dimorerà in noi nella misura in cui ciascuno vorrà disporsi ad ottenerlo. Questo dono resta con noi sino alla fine del mondo, è il conforto della nostra attesa, è il pegno della nostra speranza nei beni futuri, è la luce delle nostre menti, lo splendore delle nostre anime.

    O Dio onnipotente, conserva puri, ti prego, questi principi della mia fede e fino al mio ultimo respiro da voce alla mia coscienza, perché mi mantenga sempre fedele a ciò che ho professato nel Simbolo della mia rigenerazioni quando sono stato battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Fa che io possa sempre adorare te, nostro vero Padre, insieme con il Figlio tuo. Concedimi di ottenere il tuo Santo Spirito, che procede da te attraverso il tuo Unigenito. Basta infatti alla mia fede il mio Signore Gesù Cristo, che dice: Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie (Gv 17,10). Egli, che sempre rimane Dio in te, da te e presso di te, è benedetto nei secoli eterni. Amen.

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    Predefinito Dalle Omelie di Giovanni Giusto Lanspergio sul Vangelo di Giovanni

    Exegesis huius Evang. Opera ornala, Monsterolii, 1890, t. II, 342‑343.

    Non vi è niente che inviti, attiri, provochi l'uomo quanto l'amore. Senti perciò che forza racchiudono le parole del Signore quando dice: Dio ha tanto amato il mondo (Per mondo qui va intesa l'intera cristianità). Non si poteva trovare espressione migliore per stimolarci, nulla sarebbe stato più efficace per far balzare la nostra risposta d'amore. Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo (Gv 3,14) sulla croce. Perché è necessario che tu sia innalzato, Signore? Perché tu non muoia e io possa salvarti con il mio sangue. Tu fosti ferito dal peccato e avvelenato dal serpente. Con la mia passione ti guarisco, perché sono stato trafitto a causa delle tue iniquità e schiacciato a motivo dei tuoi delitti. La tua salvezza o la tua perdizione non sono per me di poco rilievo: io non voglio la morte del peccatore, dal momento che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.

    Come dicevo, le parole del vangelo odierno hanno un'efficacia ineguagliabile per spingerci ad una risposta d'amore.
    Non vedi che sollecitudine Dio ha per noi? Chi siamo per attirare la sua attenzione? Che cosa di buono o di utile Dio può sperare dall'uomo perché si ricordi di noi? Che ci guadagna salvandoci ?
    O cosa perde se ci allontaniamo da lui? Che gli giova amarci? Proprio niente. Dio non ci ama per ricevere qualcosa da noi, ma lo fa per prodigarci i suoi doni, anzi addirittura se stesso. Tutti i suoi benefici sono motivati da una causa sola: egli ci ama! Soppesa che significhi essere amato da un Dio. Non è incredibile che egli si interessi di noi? Non è cosa stupenda, colma di grazia e di gloria, che il nostro Re si ricordi di noi? Che dovremo pensare di Dio, la cui carità è tale verso di noi che egli preferì consegnare il Figlio, il suo unico, alla morte, piuttosto che lasciarci in preda a tale morte? Dio è così generoso che non ci ama per sé, ma per il nostro proprio bene. La sua dilezione non mira a conquistare qualcosa per sé, ma a comunicarci il bene che è lui stesso.

    Dio ha amato il mondo con una forza così travolgente che scelse la via più folle e temeraria: egli abbandonò alla morte il suo unico Figlio per liberare lo schiavo malvagio. La tenerezza che Dio ha per noi è immensa e puoi contemplarla secondo quattro angolature. Considera anzitutto chi sia colui che ti ama, scrutane la grandezza e l'infinità. Vedrai che fonte di gioia purissima sia essere amato da Dio e quale onore meraviglioso sia beneficiare della grazia dell'Onnipotente. Renditi poi conto dell'abisso che intercorre tra la grandezza del Dio amante e l'abiezione della creatura che egli predilige, questo essere vile, corrotto, indegno d'amore. Adesso fissa lo sguardo sul dono manifestato. E' il Figlio, il suo unigenito, che Dio ha dato per il mondo. Ammira infine che gerla di frutti riceviamo dall'amore fecondo di Dio. Qui scoppia ogni possibilità di misurazione. Dio non solo rimuove la nostra perdizione, ma ci procura la vita definitiva, l'eterna comunione con lui.

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    Predefinito Dalle Omelie di san Giovanni Crisostomo

    In Jo. hom. XXVII, 2-3. In Genes. hom. XXXIV, 5-6. PG 59, 159-160. PG 53, 319-320

    Con tali affermazioni Cristo intende dire: Non meravigliatevi che io debba essere innalzato sulla croce, perché voi otteniate la salvezza. È stato il Padre che ha deciso così; egli vi ha tanto amato da consegnare il suo Figlio in favore di schiavi, anzi di schiavi ingrati.

    Eppure nessuno farebbe questo neppure per un amico, neppure per un giusto. È cosa rarissima, come dice Paolo: A stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto. L'Apostolo, che parlava ai credenti, si è dilungato su questo tema; Cristo invece, che si rivolge a Nicodemo, è stato più breve. Però ogni sua parola ha una forza estrema di espressione.

    La frase: Dio ha tanto amato il mondo esprime la grandezza e l'intensità di tale amore. Enorme, anzi infinita era la distanza tra Dio e il mondo. Da un lato lui immortale, senza principio, l'infinitamente grande, senza limiti di sorta: dall'altro noi fatti di terra e di cenere, carichi di peccati innumerevoli, pronti in ogni tempo a offenderlo e ingrati: proprio costoro Dio ha amato.

    Le parole che seguono sono altrettanto forti, perché sottolineano che Dio ci ha amato talmente da dare non un servo, neppure un angelo o un arcangelo, ma il suo Figlio unigenito. Nessun padre ha mai avuto tanto a cuore il proprio figlio quanto Dio ha avuto a cuore noi servi ingrati.

    Come non sentirci sconvolti di fronte alla carità del Signore? Vergogniamoci di noi stessi davanti a un tale eccesso di amore. Per salvarci Dio non risparmia neppure il suo unico Figlio; noi invece ci mostriamo avari e restii a donare persino beni materiali, e ciò a nostro danno. Dio consegna per noi il suo Figlio Unigenito; noi non sappiamo estraniarci da ciò che abbiamo per riconoscenza verso di lui, anzi neanche in vista del nostro vantaggio.

    Che perdono potrebbe meritare un tale comportamento? Se vedessimo che un uomo per salvarci affronta pericoli e morte, lo anteporremmo a chiunque; sì, ecco che lo annoveriamo tra gli amici più intimi, gli cediamo tutto ciò che è nostro, sostenendo che appartiene più a lui che a noi. E neppure così pensiamo di contraccambiarlo in modo degno di lui.

    Nei confronti di Cristo, invece, non ci manteniamo neppure su questa linea di gratitudine. Egli ha dato la vita per noi, per noi ha versato il suo sangue prezioso, per noi, dico, che non siamo né buoni né riconoscenti. Invece, neppure in vista dei nostri veri interessi sappiamo privarci di qualche sostanza e lasciamo povero e derelitto colui che è morto per noi.

    Nostro Signore fu crocifisso perché in cambio dell'attuale esistenza ottenessimo quella futura, o, meglio, perché con questa potessimo acquistare l'altra. La vita presente, se permaniamo in stato sveglio e attento, ci guida verso la felicità della vita eterna. Per poco che restiamo vigili, con l'occhio dello spirito desto, sapremo senza posa nutrire quaggiù il pensiero di tale felicità; daremo poco peso al presente per fissare il cuore sulla vita futura, seguendo gli insegnamenti di quel Beato che ci dice: Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.

    Vedi che anima di fuoco ha Paolo, a quella altezza egli si libra? Che incendio l'amore di Dio ha acceso nel cuore dell'Apostolo! Questa vita io la vivo nella fede. Non crediate - egli ci ammonisce - che io mi dia da fare in vista dell'esistenza presente. Sebbene sia ancora rivestito di carne mortale e soggetto a tutte le necessità che ne derivano, vivo però nella fede, nella fede in Cristo. Incurante di tutto quello che è la realtà presente, tutta la trascuro: la mia mente, infatti, senza interruzioni è protesa verso di lui, il Cristo Gesù.


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    Predefinito Dal trattato «Contro le eresie» di sant'Ireneo, vescovo

    (Lib. 3, 17, 1-3; SC 34, 302-306)

    Il Signore concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio, diceva loro: «Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).
    E' questo lo Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché ricevessero il dono della profezia. Perciò esso discese anche sul Figlio di Dio, divenuto figlio dell'uomo, abituandosi con lui a dimorare nel genere umano, a riposare tra gli uomini e ad abitare nelle creature di Dio,
    operando in essi la volontà del Padre e rinnovandoli dall'uomo vecchio alla novità di Cristo.
    Luca narra che questo Spirito, dopo l'ascensione del Signore, venne sui discepoli nella Pentecoste con la volontà e il potere di introdurre tutte le nazioni alla vita e alla rivelazione del Nuovo Testamento. Sarebbero così diventate un mirabile coro per intonare l'inno di lode a Dio in perfetto accorto, perché lo Spirito Santo avrebbe annullato le distanze, eliminato le stonature e trasformano il consesso dei popoli in una primizia da offrire a Dio.
    Perciò il Signore promise di mandare lui stesso il Paraclito per renderci graditi a Dio. Infatti come la farina non si amalgama in un'unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l'acqua, così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un'unica Chiesa in Cristo Gesù senza l'«Acqua» che scende dal cielo. E come la terra arida se non riceve l'acqua non può dare frutti, così anche noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di vita senza la «Pioggia» mandata liberamente dall'alto.
    Il lavacro battesimale con l'azione dello Spirito Santo ci ha unificati tutti nell'anima e nel corpo in quell'unità che preserva dalla morte.
    Lo Spirito di Dio discese sopra il Signore come Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore di Dio (cfr. Is 11, 2).
    Il Signore poi a sua volta diede questo Spirito alla Chiesa, mandando dal cielo il Paraclito su tutta la terra, da dove, come disse egli stesso, il diavolo fu cacciato come folgore cadente (cfr. Lc 10, 18). Perciò è necessaria a noi la rugiada di Dio, perché non abbiamo a bruciare e a diventare infruttuosi e, là dove troviamo l'accusatore, possiamo avere anche l'avvocato.
    Il Signore affida allo Spirito santo quell'uomo incappato nei ladri, cioè noi. Sente pietà di noi e ci fascia le ferite, e dà i due denari con l'immagine del re. Così imprimendo nel nostro spirito, per opera dello Spirito Santo, l'immagine e l'iscrizione del Padre e del Figlio, fa fruttificare in noi i talenti affidatici perché li restituiamo poi moltiplicati al Signore.

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    Predefinito

    István Dorffmaister, Pentecoste, 1782, Hungarian National Gallery, Budapest

    Joseph Ignaz Mildorfer, Pentecoste, 1750 circa, Hungarian National Gallery, Budapest

    Duccio di Buoninsegna, Pentecoste, 1308-11, Museo dell'Opera del Duomo, Siena

    Giotto di Bondone, Pentecoste, 1304-06, Cappella Scrovegni, Cappella Arena, Padova

    Giotto di Bondone, Pentecoste, 1300-10, National Gallery, Londra

    Giotto di Bondone, Pentecoste, 1290 circa, Basilica superiore di S. Francesco, Assisi

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    Predefinito Veni, Creator Spiritus

    Veni, creátor Spíritus,
    mentes tuórum vísita,
    imple supérna grátia,
    quæ tu creásti péctora.

    Qui díceris Paráclitus,
    donum Dei, Altíssimi,
    fons vivus, ignis, cáritas,
    et spiritális únctio.

    Tu septifórmis múnere,
    dextræ Dei tu dígitus,
    tu rite promíssum Patris,
    sermóne ditans gúttura.

    Accénde lumen sénsibus:
    infúnde amórem córdibus:
    infírma nostri córporis
    virtúte firmans pérpeti.

    Hostem repéllas lóngius,
    pacémque dones prótinus:
    ductóre sic te prævio
    vitémus omne nóxium.

    Per te sciámus da Patrem,
    noscámus atque Fílium,
    te utriúsque Spíritum
    credámus omni témpore.

    Deo Patri sit gloria,
    Et Filio, qui a mortuis
    Surrexit, ac paraclito,
    In sæculorum sæcula.
    Amen.

    * * * *

    Per ascoltarlo, v. QUI e QUI.
    Attribuito a S. Rabano Mauro (776-856), abate di Fulda, è usato nei Vespri di Pentecoste, nei riti di dedicazione di una Chiesa, nel rito di Confermazione, nel conferimento dei Sacri Ordini e nelle occasioni in cui è solennemente invocato lo Spirito Santo. Un'indulgenza parziale è garantita ai fedeli che lo recitano. L'indulgenza plenaria è garantita se lo si recita il 1° gennaio o nella festa di Pentecoste.


  10. #10
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    Predefinito Veni, Sancte Spiritus

    Veni, Sancte Spiritus,
    Et emitte coelitus
    Lucis tuae rádium:
    Veni, Pater páuperum,
    Veni, Dator múnerum,
    Veni, Lumen córdium.
    Consolátor óptime,
    Dulcis hospes ánimae,
    Dulce refrigérium.
    In labóre réquies,
    In aestu tempéries,
    In fletu solátium.
    O lux beatissima,
    Reple cordis intima
    Tuótum fidélium.
    Sine tuo númine,
    Nihil est in hómine,
    Nihil est innóxium.
    Lava quod est sórdium:
    Riga quod est áridum.
    Sana quod est sáucium.
    Flecte quod est rigidum:
    Fove quod est frigidum:
    Rege quod est dévium.
    Da tuis fidélibus
    In te confidéntibus
    Sacrum septenárium.
    Da virtútis méritum:
    Da salútis éxitum:
    Da perénne gáudium.
    Amen.

    *****
    Conosciuto come la "Sequenza d'oro" è la Sequenza della Messa di pentecoste. L'inno è attribuito a tre diversi autori, Re Roberto II di Francia detto il Pio (970-1031), Papa Innocenzo III (1161-1216), e Stephen Langton (+ 1228), arcivescovo di Canterbury, di cui è verosimilmente l'autore.

 

 
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