Se non fosse finita ( male ) non ve l'avrei mai raccontata. Una piccola associazione di volontari che aiutano gli animali in difficoltà aveva lanciato nella grande Rete un help. Le loro casse erano a secco e troppi erano i soldi che un contadino della bergamasca chiedeva per il riscatto di tre giovani asini destinati al macello. Me ne arrivano cento al giorno, di queste richieste d'aiuto. Non chiedetemi il perché, non lo so neanch'io, ma ho un debole per asini e muli. Sarà che sono parenti poveri dei nobili destrieri, additati spesso al pubblico ludibrio come bestie prive d'intelligenza e cocciute, saranno i racconti degli alpini e il loro rispetto verso chi li ha salvati dalla voragine camminando sicuro su tratturi ghiacciati, sarà che in quegli occhi velati di malinconia e in quelle buffe creste di pelo si cela un ennesimo gioiello della natura, sarà quel che sarà, ma ho risposto all'appello. Quando l'ho vista, piena di mosche, magra, spelacchiata, con la tosse che le scuoteva la cassa toracica e l'unghione del piede posteriore che la rendeva zoppa, non ho avuto dubbi e non ho trattato un centesimo. Il contadino era molto soddisfatto di avere combinato forse il migliore affare della sua vita. «Mi dica quanto le dà il macellaio. Non ne voglio sapere di bollettini, di prezzi, di commercio e di mercati. Io offro di più». Dopo due giorni un maschio e una femmina, innamorati l'uno dell'altro, calcavano i dolci prati della Toscana a casa di un amico e lei, che ho chiamato Poppea, aveva dimora in un bosco recintato su in collina. Curata, amata, più che ragliare emetteva una specie di sospiro, quando l'andavo a trovare con la scatola di ciambelle dolci. In pochi mesi era diventata grassoccia, anche un po' troppo, a giudicare dalla pancia. Aveva una frangetta invidiabile e un rapido esame del veterinario ci svelò che era incinta. Pochi giorni fa la mia amica mi ha chiamato di mattina presto. Poppea era riversa fuori dalla sua casetta di legno, il piccolo morto di fianco a lei, l'utero completamente fuori. Perdeva sangue dappertutto, ma era ancora cosciente. Sapevo che non c'era niente da fare. Era destino, dicono i miei amici. Se non altro ha vissuto un anno senza sentirsi una stupida e cocciuta asina. Se non altro è morta senza l'onta di una pistola e di uno squallido macello di periferia. Tutto vero, ma il magone rimane. Il bravo giornalista non coinvolge i lettori nelle sue emozioni intime e personali. Soffre in silenzio come il pagliaccio che deve per forza fare ridere il pubblico. Si vede che non sono un bravo giornalista e neanche un bravo pagliaccio.

Oscar Grazioli
Libero 8.04.04