dal quotidiano liberaldemocratico IL GIORNALE
" il Giornale del 09/04/2004
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La strategia dei falsi allarmi
«Deficit-Pil italiano sotto il 3%»
Il fondo monetario smentisce Prodi
Renato Brunetta
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La Banca d'Italia lo ha scritto. I redditi delle famiglie italiane tra il 2000 e il 2002 sono cresciuti dell'1,1% al netto dell'inflazione. Non ci saremo arricchiti, ma di sicuro non ci siamo impoveriti, come hanno scritto invece per mesi giornali anche autorevoli e come strombazzano gli esponenti delle sinistre. La Banca d'Italia ha fatto giustizia delle bugie e ha dato ragione alle fondate analisi di Istat e Isae (e se mi permettete anche nostre) che smentivano la bubbola dell'impoverimento. Ci si impoverisce quando il Pil, il prodotto interno, cala, ma in Italia è cresciuta ogni anno. Poco, ma è cresciuto.
Si dirà che non è andata per tutti così. Ed è vero. Il reddito di chi svolge un lavoro autonomo è cresciuto del 4,4%, mentre quello di chi svolge lavoro dipendente è diminuito dell'1,8%. Un dato che ha già offerto, ai critici faziosi, ma anche un pò insipienti, di sostenere che i ceti medi si sono impoveriti. Naturalmente per responsabilità del governo Berlusconi. E qui l'asino casca almeno due volte. Vediamo perché.
1. Nel periodo oggetto dell'esame di Bankitalia hanno governato prima il centrosinistra e poi il centrodestra. Se responsabilità del governo ci sono, sono almeno da dividere in parti uguali. In realtà non è così. Perché nel periodo in cui ha governato il centrosinistra la crescita è stata più robusta, non c'era ancora stato l'11 settembre. Eppure i redditi dei lavoratori dipendenti sono calati comunque.
2. Il ceto medio non si e né arricchito né impoverito. Del ceto medio fanno parte sia lavoratori a reddito fisso che lavoratori autonomi. Dunque un segmento del ceto medio sta un pò peggio, ma un segmento sta un po' meglio. Generalizzare è un imbroglio.
3. Nella redistribuzione di reddito che si è verificata nel biennio, ha potuto accrescere il reddito chi ha potuto stabilire i prezzi delle proprie prestazioni di lavoro, i lavoratori autonomi. Ha subito una perdita chi non lo ha potuto fare. In linea teorica ogni lavoratore può negoziare sul mercato il prezzo delle proprie prestazioni. I lavoratori autonomi lo fanno variando i loro "listini", i lavoratori dipendenti attraverso la contrattazione. Quest'arma, però, è stata tolta loro di mano non dal governo né dalle imprese. Ma proprio da chi avrebbe dovuto difendere il lavoro dipendente, i sindacati. Vedremo perché.
4. Nel periodo 2000-2002 è intervenuta l'adozione dell'euro. Che è stato lo strumento con il quale si è operata la redistribuzione. Nella generale ridefinizione dei prezzi dei prodotti e, soprattutto, dei servizi, non si e proceduto con il cambio fisso, non è stata effettuata la semplice conversione. Sono stati fissati nuovi prezzi, che hanno incorporato anche i mancati incrementi del periodo precedente l'ingresso in circolazione dell'euro.
5. Il governo Berlusconi ha, in parte, contenuto la dinamica redistributiva per una quota di persone a reddito fisso. Infatti l'aumento delle pensioni minime a 516 euro al mese ha accresciuto, in alcuni casi significativamente, le entrate di chi aveva meno. Inoltre le aumentate detrazioni fiscali hanno alleggerito il prelievo dello Stato anche al lavoro dipendente. Poiché l'indagine si limita al 2002, non si evidenzia l'effetto del primo modulo di riduzione fiscale, che ha operato sui redditi 2003. Ma è evidente che, a partire dallo scorso anno, il taglio delle tasse ai redditi medio-bassi ha ulteriormente contenuto la perdita delle persone a reddito fisso.
6. Il governo Berlusconi, inoltre, non ha mutato le politiche di welfare, tanto che la spesa sanitaria è cresciuta negli anni, anche oltre l'inflazione. Il che comporta che sono stati erogati più beni e prestazioni, o beni e prestazioni più cari, senza che questo comportasse un costo fiscale aggiuntivo per i cittadini. In sintesi il governo ha dato di più, e proprio alle persone con i redditi più bassi.
7. I sindacati hanno impedito al lavoro dipendente di negoziare il suo prezzo. É una decisione che viene da lontano. Quando il sindacato stabilì con i governi di sinistra uno scambio politico vantaggioso per sé e per i partiti al governo, ma iniquo per i lavoratori. l sindacati, infatti, hanno offerto al governo moderazione salariale (il che ha favorito i rapporti dei governi di sinistra con una parte del mondo imprenditoriale) e in cambio il governo ha evitato di procedere a qualsivoglia riforma, lasciando così intatto il debordante potere politico dei sindacati. A farne le spese sono stati i lavoratori. Due volte. La prima perché le loro retribuzioni sono rimaste ferme. La seconda perché il rinvio delle riforme ha contribuito al deterioramento della situazione economica.
8. I sindacati, soprattutto la Cgil, poi, nei confronti del governo Berlusconi hanno scelto la strada della battaglia politica, invece di svolgere il loro ruolo di forza organizzata del lavoro dipendente. Basti ricordare che gli scioperi estranei al rapporto di lavoro sono cresciuti di 23 mila volte. La Cgil ha rivolto tutta la sta iniziativa al tentativo di combattere il governo e ha del tutto trascurato i concreti interessi dei suoi rappresentati.
9. Solo i lavoratori pubblici hanno ottenuto gli aumenti contrattuali che avevano richiesto. Il che introduce una ulteriore differenziazione tra chi sta peggio e chi sta meglio. E i lavoratori pubblici, che stanno meglio, sono tutti ceto medio-basso. Questo vantaggio degli statali sui privati può piacere o non piacere (e a me non piace), ma è un fatto certo.
10. Alla strategia suicida dei sindacati andrebbe contrapposta una strategia salariale opposta. Occorre stabilire definitivamente che gli aumenti salariali si agganciano all'incremento della produttività. E che la contrattazione non è più nazionale, ma va ancorata al territorio e all'impresa. Non si capisce perché se un'impresa va bene non possa far godere delle sue buone performance anche i suoi dipendenti. Per la verità lo si capisce molto bene. Perché questa modalità di contrattazione disarticola il potere centrale del sindacato. Anche nel lavoro dobbiamo giungere al federalismo contrattuale.
11. Infine un'ultima considerazione. L'unico vero problema da risolvere si chiama bassa crescita. La scossa all'economia che può dare solo il robusto taglio fiscale annunciato dal governo è l'unica arma per far ripartire lo sviluppo. E per difendere i salari, gli stipendi e le pensioni. "
Saluti liberali