10.04.2004
Contratti al palo e buste paga più leggere
di Angelo Faccinetto

Lo denuncia da tempo il sindacato. Lo rileva l’Istat. Lo confermano gli studi di Bankitalia. Stipendi e salari perdono valore ed operai ed impiegati si ritrovano di mese in mese un po’ più poveri. Secondo la banca centrale, in due anni, in media, hanno perso l’1,8 per cento del potere d’acquisto. Soltanto nel 2003, secondo la Cgil, dalle loro buste paga sono spariti, sempre in media, 220 euro. Le cause? L’inflazione che non scende e resta quasi un punto percentuale sopra la media europea nonostante il ristagno dei consumi. E, soprattutto, i contratti di lavoro che vengono rinnovati con grande difficoltà e grande ritardo per responsabilità del governo e delle associazioni imprenditoriali. Un fatto fondamentale, visto che i lavoratori dipendenti, pubblici o privati che siano, non hanno altri strumenti per difendere i propri salari e migliorare le proprie finanze.

La situazione più difficile è quella del pubblico impiego. Gli oltre 600mila lavoratori della sanità si sono visti bloccare, la scorsa settimana, dalla Corte dei conti il rinnovo appena conquistato. I dipendenti delle Agenzie fiscali stanno ancora attendendo che venga data attuazione all’intesa raggiunta. Mentre ricerca, università, medici e dirigenti - a 26 mesi dall’inizio della stagione contrattuale 2002-2005 il nuovo contratto non ce l’hanno affatto: 280mila lavoratori per i quali il potere d’acquisto delle retribuzioni viene pesanetmente messo in discussione. E il futuro si prospetta ancora più nero. «La finanziaria - afferma il segretario confederale della Cgil, Gianpaolo Patta - ha stanziato meno della metà delle risorse necessarie». Risultato, a fronte di incrementi economici rivendicati da Cgil, Cisl e Uil per il biennio 2004-2005 pari all’8 per cento, le previsioni in finanziaria parlano di un 3,6 per cento in più. Nonostante nel protocollo di intesa sul pubblico impiego del febbraio 2002 il governo avesse esplicitamente assunto l’impegno di chiudere tutti i contratti. Conclusione (mentre Angeletti propone la defiscalizzazione degli aumenti, ipotesi bocciata da Pezzotta): se il governo non darà risposte concrete nei prossimi giorni, il 21 maggio ci sarà sciopero generale. E per il momento il ministro della Funzione pubblica, Mazzella, si limita ad invocare «calcoli rigorosi».

Intanto rischia di esplodere di nuovo la questione del trasporto pubblico locale. Dieci giorni dopo l’intesa del 20 dicembre per il rinnovo del secondo biennio è infatti scaduto il contratto quadriennale. E all’orizzonte non si vede nulla di buono. Le organizzazioni sindacali di categoria accusano le aziende di voler ripetere l’esperienza negativa dell’ultima trattativa, degenerata, come tutti ricordano, sotto Natale. Mentre restano irrisolti i problemi delle regole e delle risorse, al centro della piattaforme unitaria messa a punto da Filt, Fit e Uiltrasporti. A cominciare dalla mancata revisione degli stanziamenti a favore delle 1.200 imprese del settore. Il rischio è che, senza una svolta in tempi rapidi, tra le parti sia di nuovo scontro. Mentre la busta paga si alleggerisce.

Ma duro è il confronto anche nel «privato». In attesa di rinnovo ci sono un milione e 200mila edili, 800mila tessili, più di un milione di addetti al commercio, oltre ai dipendenti - oltre 400mila persone - dei settori gommaplastica, legno, laterizi e lapidei. Senza contrare il milione e 200mila lavoratori delle imprese artigiane che, malgrado l’accordo interconfederale del mese scorso, stanno ancora aspettando l’effettiva erogazione in busta paga del 7,3 per cento di adeguamento salariale concordato. E senza considerare la vicenda dei metalmeccanici, per la Fiom non ancora conclusa. Ecco il dettaglio.

Il contratto dei lavoratori dell’edilizia è scaduto lo scorso 31 dicembre e a cento giorni dall’apertura delle trattative il rinnovo ancora non c’è. L’Ance, l’associazione dei costruttori, accusa il sindacato, tira per le lunghe. Un ultimo tentativo per entrare nella fase conclusiva sarà fatto nel corso degli incontri in programma per il 21 e 22 aprile. Il giorno prima, il 20, a sostegno della piattaforma unitaria, e a conclusione di una tornata di assemblee nei cantieri, a Milano, Roma e Napoli si svolgeranno attivi unitari di categoria ai quali è annunciata la partecipazione dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Gli edili chiedono un aumento salariale medio, per il terzo livello, di 90 euro mensili.
Peggio degli edili stanno i lavoratori del commercio. Il loro contratto è bloccato da 18 mesi e a nulla sono finora valsi i due scioperi generali che hanno visto mobilitata la categoria lo scorso Natale e il 26 marzo. Per il recupero del potere d’acquisto, lavoratori e sindacati chiedono un incremento salariale di 107 euro al quarto livello.

Nulla di fatto anche sul fronte dei tessili. Il rinnovo, dopo il primo incontro che si è svolto il 4 novembre, è ancora in alto mare. L’ultima proposta avanzata dagli imprenditori è per un aumento di 80 euro, offerta che il sindacato - che ha avanzato una richiesta di incremento di 92 euro - ha giudicato insufficiente. Il prossimo appuntamento fra le parti è fissato per martedì 14. La speranza è che si possa aprire la fase conclusiva.

Così, tirate le somme, sono più di cinque milioni i lavoratori che chiedono che venga rispettato - da governo e imprenditori - un loro diritto. «Una situazione inaccettabile e insopportabile» - sostiene il segretario confederale Cgil, Carla Cantone. I salari sono fermi, mentre l’inflazione non si arresta.