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    ANTIMASSONE
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    Thumbs down E L’EURO CAMBIO’ L’EUROPA: in peggio !!!!

    Moneta e scelte politiche


    E L’EURO CAMBIO’ L’EUROPA

    di TOMMASO PADOA-SCHIOPPA


    «La lunga via dell’euro» è il titolo del nuovo libro di Tommaso Padoa-Schioppa, in uscita dal Mulino. Ne pubblichiamo un capitolo.
    Il mio impegno per la moneta unica nasceva da alcune ferme convinzioni: che le due guerre mondiali ci avessero lasciato in eredità il compito di ricondurre la sovranità degli Stati nazionali europei entro un ordinamento comune legalmente costituito; che il raggiungimento di questo ordine richiedesse istituzioni capaci di individuare e risolvere i problemi comuni; che un mercato unico dovesse essere accompagnato da un'unione monetaria, entrambi sorretti da solide fondamenta istituzionali. Per circostanze abbastanza eccezionali, queste idee, frutto di una secolare tradizione di pensiero economico e politico, produssero un risultato del tutto nuovo: il trasferimento del potere di emettere moneta dallo Stato nazionale a un'entità - l'Unione europea - che, pur essendo uno «Stato in formazione», era certamente priva di alcune prerogative fondamentali degli Stati moderni.
    Nell'ottobre 1993 il Trattato di Maastricht superava finalmente l'ostacolo della ratifica, proprio mentre il Sistema monetario europeo (Sme) e l'accordo europeo di cambio, dopo quattordici anni di vita, sembravano concludere la loro avventura: l'allargamento dei margini di fluttuazione dal 2,25 al 15 per cento pareva davvero segnare la fine di ogni disciplina del cambio tra le monete europee. Molti furono sorpresi che l'ambizioso programma di una moneta unica venisse ratificato proprio quando finiva lo Sme.
    CONTINUA A PAGINA 10
    A pagina 10 un intervento di Francesco Giavazzi
    In realtà, e questo è forse il principale argomento svolto lungo i capitoli del volume, era pura utopia considerare come indefinitamente sostenibile un regime di cambio (fisso ma aggiustabile) come lo Sme; l'unica soluzione praticabile era proprio l'introduzione di una moneta unica.
    La situazione di fine 1993 (fine dello Sme e ratifica del Trattato di Maastricht) non era dunque per nulla in contraddizione con la linea di pensiero che aveva ispirato tutti i miei scritti di un decennio. Eppure, nel gennaio 1994 ero io stesso pessimista sulla prospettiva di attuazione del Trattato, e dunque sull'effettiva istituzione della moneta unica.
    Da un punto di vista analitico, il libro si basava su una logica di fondo che la dottrina e la storia economica ben conoscono e sulla quale pochi dissentono: essa si esprime con la proposizione che libertà commerciale, piena mobilità dei capitali, cambi fissi e autonomia delle politiche monetarie non possono a lungo coesistere, costituiscono un «quartetto inconciliabile». Dalla contraddizione si esce trasformando il quarto elemento in unione monetaria oppure erodendo, in varia misura, i primi tre termini.
    Negli anni Ottanta e Novanta il teorema del quartetto inconciliabile aveva ricevuto scarsa attenzione da parte del mondo accademico e del dibattito politico. Perché gli animi cambiassero bisognava attendere che le crisi finanziarie della fine degli anni Novanta - innescate dall'interazione tra un'ampia mobilità di capitali e i cambi fissi ma aggiustabili ( currency pegs ) - illustrassero drammaticamente questa inconciliabilità. È da notare, en passant , che neppure oggi il microcosmo europeo sembra catturare l'attenzione degli economisti, tanto concentrati sul macrocosmo delle relazioni mondiali. Ma la tesi oggi in voga che, in un ambiente di mobilità dei capitali, solo i regimi di cambio estremi funzionano ( only corner solutions work ), e che perciò i paesi debbono scegliere tra fluttuazione del cambio e abbandono completo della sovranità monetaria, è una diretta applicazione del teorema del quartetto inconciliabile.
    Alla fine del 1993 l'Europa sembrava dunque affetta da schizofrenia. Ratificando il Trattato e indebolendo l'accordo di cambio, essa sembrava aver compiuto scelte divergenti. Anche per questo, la mia analisi, condotta per quello che è l'attuale capitolo XII («Dopo la tempesta», ndr ), era abbastanza pessimistica circa la prospettiva di un'effettiva attuazione del Trattato. Come nell'agosto 1971 il sistema mondiale dei cambi fissi basato sul dollaro era crollato sotto la pressione della mobilità dei capitali, ed era fallito ogni tentativo di ripristinarlo, così nel 1993 il sistema di cambi basato sul marco tedesco sembrava irrimediabilmente superato. L'Europa sembrava ormai veleggiare verso il regime estremo «fluttuante», piuttosto che in direzione di quello «rigidamente fisso» deciso a Maastricht.
    La mia conclusione nel 1993 era che l'unione monetaria sarebbe diventata realtà solo a patto che i due fondamentali fattori che avevano condotto a stipulare il Trattato di Maastricht continuassero a operare, ovvero quello economico, che spingeva a risolvere la contraddizione tra gli elementi del quartetto inconciliabile; e quello politico, che spingeva a creare una rule of law al di sopra degli Stati per assicurare la pace tra essi e per governare i problemi che li trascendono singolarmente. Il secondo di questi due fattori sarà decisivo. Se negli anni Ottanta una contraddizione economica è stata motore dell'integrazione europea, negli anni Novanta il motore sarà probabilmente una contraddizione politico-istituzionale.
    Invece... il 3 maggio 1998 i capi di Stato e di governo degli Stati membri dell'Unione europea presero le ultime decisioni politiche necessarie a compiere il passo decisivo in direzione della moneta unica: la creazione della Banca centrale europea; la nomina del suo presidente e del Comitato esecutivo; la scelta dei Paesi che sarebbero entrati subito nell'area dell'euro; l'annuncio dei tassi di conversione definitivi tra le monete che venivano sostituite dall'euro. Il 1° giugno 1998 fu istituita la Banca centrale europea e il giorno successivo fu convocata la prima riunione del suo Comitato esecutivo. In meno di quattro anni e mezzo l'Europa mosse dall'estremo «fluttuante» a quello «fisso». Tra il 1992 e il 1993, dopo la tempesta suscitata dalla ratifica del Trattato di Maastricht e il conseguente allargamento della banda di fluttuazione dell'accordo di cambio, io stesso, pur suo convinto sostenitore, ero poco incline a considerare la moneta unica come l'esito più probabile; né credetti mai che l'unione monetaria potesse realizzarsi attraverso un «gradualismo morbido», consistente nel «raggiungere l'unione monetaria attraverso una graduale convergenza dei risultati economici e degli strumenti di politica monetaria, che dipende in gran parte dalla cooperazione volontaria».
    Oggi dunque, a distanza di anni dalla stesura del capitolo XII, si pone un quesito cruciale: che cosa ha funzionato ? Quali sono i fattori che hanno condotto alla moneta unica e alla Banca centrale europea piuttosto che alla soluzione più indolore e più facile di prolungare indefinitamente la vita della banda di fluttuazione allargata e di un organismo debole come l'Istituto monetario europeo? I fattori economici e politici citati sopra hanno continuato a operare, ma in modo diverso da come avevo previsto. Eventi, vari e complessi, più legati alle vicende politiche nazionali che a quelle europee, si sono combinati fino a consentire, infine, l'attuazione del Trattato. Come spesso accade, tali eventi ci hanno riservato una buona dose di sorprese e imprevisti, conducendo a risultati impensabili nel momento in cui scrivevo le frasi sopra riportate.
    Tornando ai tre personaggi citati nel titolo, si può dire che i geni e l'imperatore abbiano unito le loro forze per imporre ai re l'attuazione del programma stabilito a Maastricht. I geni, ovvero i mercati, hanno rappresentato il fattore economico decisivo. L'imperatore, ovvero il guardiano degli interessi dell'Europa (oggi il Consiglio europeo), ha agito con fermezza, rivelandosi il fattore politico determinante. I re, ovvero gli Stati membri, sono stati costretti dai geni e, in alcune occasioni cruciali, dall'imperatore, ad agire in conformità con l'obiettivo ultimo della moneta unica. L'interazione tra i mercati, le politiche, e la politica si è sviluppata in modo inatteso e con grande forza.
    I geni non sono rientrati nella bottiglia. Tuttavia, invece di continuare a «seminare disordine nei mercati e discordia tra i governi», hanno obbligato i re a onorare l'impegno sottoscritto con la firma del Trattato. Ciò è accaduto perché i mercati hanno interpretato in modo rigido due disposizioni del Trattato, i criteri di convergenza numericamente definiti e la data fissata per l'adozione definitiva della moneta unica. Essi non hanno lasciato alcuna scelta alle politiche nazionali. Il mercato finanziario internazionale ha cominciato a «quotare» ciascun paese in base alla sua presunta capacità di rispettare i criteri di convergenza entro la data fissata per l'avvio della moneta unica. I governi nazionali sono stati sottoposti a una costante pressione, a prescindere dalle posizioni da essi assunte nei confronti dell'unione monetaria. Anche i governi più riluttanti venivano costretti dal mercato a intensificare i loro sforzi per una rapida convergenza. I ritardatari venivano, infatti, severamente puniti con più alti tassi di interesse e con deprezzamenti del cambio.
    Il personaggio dell'imperatore è stato determinato soprattutto dal cancelliere tedesco, Helmut Kohl, senza dubbio la figura politica europea di maggior rilievo lungo tutto il decennio che porta all'euro. Alla ratifica del Trattato di Maastricht, Kohl era al potere da quasi dodici anni; sotto la sua guida era stata compiuta la riunificazione pacifica della Germania. In Europa, nessuna iniziativa poteva, in quegli anni, essere intrapresa senza il suo appoggio; e le sue proposte venivano spesso accolte senza opposizione, in virtù dell'autorevolezza del proponente. Con l'avvicinarsi della data fissata dal Trattato, intorno al 1997, molti governi e molte banche centrali in Europa convennero che sarebbe stato «saggio» posporre l'introduzione dell'euro di almeno due anni. Si era formata una strana coalizione tra coloro che vedevano nel rinvio il primo passo verso lo sperato abbandono dell'obiettivo e coloro che l'obiettivo lo volevano, ma erano spaventati dalla mossa finale. Tutti i tentativi di persuadere Helmut Kohl fallirono. La riluttanza di buona parte dell'opinione pubblica tedesca ad abbandonare il marco, la delicatezza di qualsiasi scelta riguardante i Paesi non convergenti, la comprensibile esitazione di molti esperti e banchieri centrali, non valsero a smuovere Helmut Kohl. Forte nella sua convinzione che la moneta unica rappresentasse una tappa essenziale per la creazione di un'Europa unita e pacifica, il cancelliere tedesco rifiutò qualsiasi ipotesi di rinvio.
    Quando questo libro fu pubblicato nel 1994, un Trattato aveva, sì, programmato la sostituzione dell'effigie dei re «locali» con quella dell'imperatore sulle monete, ma gli eventi che dovevano effettivamente condurre a questo risultato erano ancora ignoti. L'obiettivo sembrava distante e incerto. Della nuova moneta non era stato scelto neppure il nome. Oggi, mentre scriviamo, l'euro è una realtà. I cittadini, i mercati, i sistemi politici sono pienamente convinti che la moneta unica europea costituisca ormai un fatto compiuto. Ed è sorprendente la rapidità con cui un evento tanto eccezionale nella storia politica ed economica sia stato completamente accettato. Studiosi di diverse discipline si sono dedicati all'analisi delle vicende politiche e diplomatiche che hanno condotto alla stipulazione e alla ratifica del Trattato di Maastricht. Questo volume non rientra in siffatta categoria di opere; né vuole essere un resoconto a posteriori degli eventi, dettato dal senno di poi. Esso si propone piuttosto di porre a riscontro i fatti con le analisi: i fatti che hanno condotto a concepire e poi attuare la moneta unica con le analisi e le proposte sviluppate da un banchiere centrale europeo coinvolto nel processo.
    I quattro anni e mezzo che corrono tra la ratifica del Trattato e l'istituzione della Banca centrale europea - anni nei quali i geni e l'imperatore unirono le loro forze per tradurre in realtà il Trattato di Maastricht - sono stati anni significativi per molti aspetti. Per il processo di integrazione europea sono stati quelli in cui l'originario progetto del Trattato di Roma è stato perfezionato con l'introduzione di una moneta unica, naturale complemento del mercato unico. Per l'attività delle banche centrali sono stati quelli in cui, a livello nazionale ed europeo, si è conclusa con successo la lunga lotta per l'indipendenza e per il riconoscimento della stabilità dei prezzi quale obiettivo prioritario della politica monetaria. Per le economie dell'Europa occidentale sono gli anni in cui è stata ripristinata la stabilità macroeconomica, eliminando le pressioni inflazionistiche e apportando incisive correzioni agli squilibri di bilancio.
    L'introduzione di una moneta unica e la creazione di un'unica banca centrale costituiscono il primo caso e il primo campo nel quale il processo di unificazione europea, avviato ormai da mezzo secolo, raggiunge il suo punto finale. Nel campo della moneta l'Europa ha fatto proprio senza riserve il tipo di costituzione (una moneta unica e un'unica banca centrale) che storicamente era stato adottato da e per gli Stati sovrani. Questa scelta rappresenta allo stesso tempo un traguardo e un nuovo punto di partenza. Coloro che pensavano che l'unione politica dovesse precedere l'unione monetaria e coloro che, invece, sostenevano che l'unione monetaria non potesse aspettare sono concordi nel riconoscere che la moneta unica è tappa di un processo storico, il cui orizzonte non si limita certamente alle questioni economiche e monetarie. Spero che questo libro possa aiutare il lettore a comprendere il percorso che ha condotto a questo traguardo.
    La massoneria il vero nemico!

  2. #2
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    Predefinito Re: E L’EURO CAMBIO’ L’EUROPA: in peggio !!!!

    In Origine Postato da padus996
    Moneta e scelte politiche

    E L’EURO CAMBIO’ L’EUROPA

    di TOMMASO PADOA-SCHIOPPA
    [...]
    Tornando ai tre personaggi citati nel titolo, si può dire che i geni e l'imperatore abbiano unito le loro forze per imporre ai re l'attuazione del programma stabilito a Maastricht. I geni, ovvero i mercati, hanno rappresentato il fattore economico decisivo. L'imperatore, ovvero il guardiano degli interessi dell'Europa (oggi il Consiglio europeo), ha agito con fermezza, rivelandosi il fattore politico determinante. I re, ovvero gli Stati membri, sono stati costretti dai geni e, in alcune occasioni cruciali, dall'imperatore, ad agire in conformità con l'obiettivo ultimo della moneta unica. L'interazione tra i mercati, le politiche, e la politica si è sviluppata in modo inatteso e con grande forza.
    I geni non sono rientrati nella bottiglia. Tuttavia, invece di continuare a «seminare disordine nei mercati e discordia tra i governi», hanno obbligato i re a onorare l'impegno sottoscritto con la firma del Trattato.
    [...]
    Lo "strumento" era ed E' buono; se colpe ce ne sono, sono di CHI l'ha utilizzato.

    Ma, tanto, non l'hai letto; quello che hai postato...

  3. #3
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    Predefinito Re: Re: E L’EURO CAMBIO’ L’EUROPA: in peggio !!!!

    In Origine Postato da asacco
    a me risulta che questo accade solo in italia.
    negli altri paesi l'euro ha portato prosperità
    Vedessi ! Un paradiso sottratto allo sfruttamento capitalista !

 

 

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