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    Predefinito ''Sudditi''-Il nuovo libro di Massimo Fini

    ''Sudditi''

    Il nuovo libro di Massimo Fini
    P er la cultura occidentale la democrazia è «il migliore dei sistemi possibili», tanto che l'Occidente si ritiene in dovere di esportarla, anche con la forza, in paesi con storia, vissuti, istituzioni completamente diversi. Ebbene Massimo Fini si lancia contro questa radicata convinzione in un pamphlet «Sudditi», il sottotitolo recita «Manifesto contro la Democrazia» (pp. 147, euro 9).

    Il suo punto di partenza è il noto annuncio del politologo americano Francis Fukuyama, che dopo il crollo del comunismo, nel 1989, proclamò che la Storia era finita; finita in quanto, caduto «L'impero del Male» rappresentato dal blocco sovietico, la democrazia poteva trionfare in tutto il mondo e lo scopo della Storia (che era appunto raggiungere il regno luminoso della democrazia universale) era esaurito. Bastarono pochi mesi, un pugno di guerre locali che minacciavano la stabilità generale, e qualche centinaio di morti per lo più civili in varie parti del globo, a far capire a tutti (anche a Fukuyama) che la Storia andava avanti, la solita Storia.
    Ma questo non poteva cogliere di sorpresa Massimo Fini, che ci spiega come man mano che si svolge il filo della Storia – in particolare negli ultimi due secoli – diventa sempre più evidente che la democrazia rappresentativa non solo non rispetta i suoi presupposti e i suoi altisonanti principi, ma non è assolutamente in grado di farlo né‚ mai lo farà. Fini, giornalista e saggista di rango, non è nuovo a questo genere di ragionamenti, essendo autore di libri intitolati «La Ragione aveva Torto?», «Elogio della guerra», «Il denaro, sterco dell'universo», oltre che di biografie di Nerone e Catilina. Per questo a cuor leggero può scrivere: «La democrazia rappresentativa, liberale, borghese, insomma la “democrazia reale” come la conosciamo e la viviamo, e che è attualmente egemone, non è la democrazia. E una finzione. Una parodia. Un imbroglio. Una frode. Una truffa».

    Il libro spiega questi concetti con opportune citazioni da Constant, Tocqueville, Anderson, Becker, de Benoist, Nozick, Weber, Kelsen, Talmon, Crouch, Bobbio, Sartori e molti altri. Per poi arrivare alla sua convinzione più radicale: i lavori del Parlamento sono solo «vuota retorica», i festeggiamenti dei popoli di destra o di sinistra per le rispettive vittorie elettorali sono «patetici» dal momento che siamo governati da una nomenklatura non dissimile da quella sovietica: «Si partecipa allo stesso gioco, ci si sbertuccia di giorno davanti agli schermi tv e si va a cena la sera strizzandosi l'occhio». Il suo attacco – come si vede – non segue le linee né della critica di sinistra, che addebita alla democrazia liberale di non aver realizzato l'uguaglianza sociale, né di destra che la bolla come governo dei mediocri, ma aggredisce il sistema dal suo interno.

    La “democrazia reale”, quella che concretamente viviamo, non corrisponde a nessuno dei presupposti su cui afferma di basarsi. È un regime di minoranze organizzate, di oligarchie politiche economiche e criminali che schiaccia e asserve l'individuo, già frustrato e reso anonimo dal micidiale meccanismo produttivo di cui la democrazia è l'involucro legittimante. Secondo l'autore, basta entrare, anche una sola volta, in un salotto romano o parigino per capire «che cos'è la classe politica e quali interessi difenda realmente: i suoi». Con il pepe della critica apocalittica «Sudditi» invita così a rivedere certe confortanti certezze, a considerare la situazione paradossale e umiliante del cittadino democratico e, più in profondità a riflettere sulla condizione dell'uomo contemporaneo.

    Giovanni Raffaelli
    Fonte:www.gazzettadelsud.it (mercoledì 14 aprile 2004)
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    fa molto discutere il nuovo pamphlet del grande scrittore
    Massimo Fini: «La democrazia non è il migliore sistema possibile»




    Non è vero che la democrazia sia il migliore dei sistemi possibili. Questa è la tesi del giornalista e scrittore Massimo Fini nel suo nuovo libro "Sudditi", edito da Marsilio (pagine 147, 9 euro). Il sottotitolo del pamphlet è: "Manifesto contro la Democrazia". Il dato di partenza del libro è il seguente: per la cultura occidentale la democrazia è "il migliore dei sistemi possibili", tanto che l'Occidente si ritiene in dovere di esportarla, anche con la forza, in paesi con storia, vissuti, istituzioni completamente diversi.
    Massimo Fini ci spiega come man mano che si svolge il filo della Storia - in particolare negli ultimi due secoli - diventa sempre più evidente che la democrazia rappresentativa non solo non rispetta i suoi presupposti e i suoi altisonanti principi, ma non è assolutamente in grado di farlo né mai lo farà. Fini, giornalista e saggista di rango, arricchisce con questo nuovo libro - di cui i librai hanno prenotato 40 mila copie -la galleria dei suoi imperdibili volumi: da "La Ragione aveva Torto?" a "Elogio della guerra", da "Il denaro, sterco del demonio" alle biografie di Nerone, Catilina, Nietzsche.
    Fini scrive: «La democrazia rappresentativa, liberale, borghese, insomma la "democrazia reale" come la conosciamo e la viviamo, e che è attualmente egemone, non è la democrazia. È una finzione. Una parodia. Un imbroglio. Una frode. Una truffa». Il libro spiega questi concetti con opportune citazioni da Constant, Tocqueville, Anderson, Becker, de Benoist, Nozick, Weber, Kelsen, Talmon, Crouch, Bobbio, Sartori e molti altri. Per poi arrivare alla sua convinzione più radicale: i lavori del Parlamento sono solo "vuota retorica", i festeggiamenti dei popoli di destra o di sinistra per le rispettive vittorie elettorali sono "patetici" dal momento che siamo governati da una nomenklatura non dissimile da quella sovietica: «Si partecipa allo stesso gioco, ci si sbertuccia di giorno davanti agli schermi tv e si va a cena la sera strizzandosi l'occhio». L'attacco di Fini non segue le linee né della critica di sinistra (che addebita alla democrazia liberale di non aver realizzato l'uguaglianza sociale), né di destra (che bolla la sinistra come "governo dei mediocri"), ma aggredisce il sistema dal suo interno. Secondo Fini, la "democrazia reale", quella che concretamente viviamo, non corrisponde a nessuno dei presupposti su cui afferma di basarsi. È un regime di minoranze organizzate, di oligarchie politiche economiche e criminali che schiaccia e asserve l'individuo, già frustrato e reso anonimo dal micidiale meccanismo produttivo di cui la democrazia è l'involucro legittimante. Secondo l'autore, basta entrare, anche una sola volta, in un salotto romano o parigino per capire «che cos'è la classe politica e quali interessi difenda realmente: i suoi». Con il pepe della critica apocalittica "Sudditi" invita così a rivedere certe confortanti certezze, a considerare la situazione paradossale e umiliante del cittadino democratico e, più in profondità, a riflettere sulla condizione dell'uomo contemporaneo.


    [Data pubblicazione: 14/04/2004]
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Forma di oppressione o bene assoluto?


    massimo fini
    --------------------------------------------------------------------------------
    da "Sudditi", ed. Marsilio
    In Occidente si è convinti che la democrazia e il mercato (le due cose sono oggi considerate più che strettamente legate, inscindibili) siano lo stadio finale del lungo processo politico e istituzionale che ha inizio, in pratica, con la comparsa dell'uomo sulla terra e il suo caratterizzarsi come "animale sociale", che vive in comunità. Quando crollò l'Unione Sovietica, "l'Impero del Male", il politologo americano Francis Fukuyama annunciò al mondo che la Storia era finita ("La fine della Storia e l'ultimo uomo", Rizzoli, 1996). Poiché la democrazia aveva sconfitto, dopo i nazifascismi, anche il suo ultimo avversario, il comunismo, non c'era più nulla da fare né obbiettivo da perseguire e l'Occidente poteva godersi serenamente il suo trionfo per l'eternità. Per la verità, come si è visto, la Storia non era affatto finita, sotto certi aspetti si potrebbe anzi dire che era appena cominciata e Bin Laden, o chi per lui, avrebbe dovuto togliere ogni dubbio in proposito. Ma Fukuyama e tutti i Fukuyama dell'Occidente non si sono fatti smontare per così poco. Hanno ammesso che effettivamente la Storia non si era chiusa nel 1989, ma hanno spostato più in là il fronte di questa epifania. La Storia finirà quando l'intero pianeta, e non solo l'Occidente, sarà stabilmente democratico e tutte le genti potranno fruire in pace e letizia delle bellurie del libero mercato.
    È convinzione di ogni progressismo e storicismo, di destra e di sinistra, da Hegel a Marx, che la Storia umana abbia un fine e quindi, dovendo tale fine essere prima o poi raggiunto, anche una fine. All'interno di questa concezione Fukuyama ritiene che esista una Storia universale dell'umanità, valida per tutti i popoli del mondo che sarebbero inevitabilmente e inesorabilmente condotti, dalla ferrea logica di questo disegno finalistico, verso la "Terra Promessa della democrazia", della "diffusione di una cultura generale del consumo", del "capitalismo su base tecnologica". Si tratta solo di accelerare questo processo aiutando le popolazioni che, per pura maleducazione, non sono ancora democratiche a diventarlo, di dar loro una spinta sulla strada dell'emancipazione, perché l'uomo, se lasciato libero di scegliere, è naturaliter democratico. Dopo l'Homo oeconomicus i liberali si sono inventati anche l'Homo democraticus.
    Quello di Fukuyama non è un delirio solitario, l'onanismo di un epigono di Hegel, ottuso come tutti gli epigoni. È una follia collettiva. O, quantomeno, une folie à deux. Perché questa è esattamente la "dottrina Bush".
    Il compito dell'Occidente, oggi, è perciò quello di portare, con le buone o con le cattive, la democrazia là dove non c'è ancora. Si è cominciato col mettere in riga Jugoslavia, Afghanistan e Iraq. E in attesa dei prossimi sviluppi c'è chi pensa, per l'intanto, di trasformare l'Onu, l'organizzazione internazionale che attualmente raccoglie tutti gli Stati sovrani in quanto tali, in un club in cui sia ammesso solo chi ha la patente democratica, in una Community of Democracies, in una Organizzazione mondiale della Democrazia e delle Democrazie, da cui verrebbero esclusi, molto democraticamente, tutti gli altri Stati, cioè tre quarti del pianeta. «Queste Nuove Nazioni Unite» scrivono gli ideologi della Community of Democracies «avrebbero la legittimità necessaria per reagire credibilmente alle minacce alla pace e alla sicurezza internazionale» (Emma Bonino-G. Dell'Alba, "Un'Onu rifondata per i Paesi democratici", "Corriere della Sera", 14 luglio 2003). E siccome un pretesto per accusare uno Stato di costituire una minaccia lo si trova comunque - e se non lo si trova lo si può sempre inventare, come s'è visto nella vicenda irachena - la democrazia sarebbe autorizzata a muover guerra, con buona e tranquilla coscienza, alle dittature, alle autocrazie, alle teocrazie, alle monarchie assolute, alle aristocrazie, alle comunità tribali, tradizionali, feudali, insomma, a tutto ciò che è "altro". Il fine naturalmente, è nobilissimo: "globalizzare la democrazia". Perché solo allora il Male sarà sconfitto una volta per tutte e trionferà il Bene. Se infatti solo mezzo secolo fa il pragmatico Winston Churchill si limitava a definire la democrazia come "il peggiore dei sistemi, ad eccezione di tutti gli altri", oggi gli idolatri occidentali sono convinti che la democrazia sia il Bene "tout court" e che, come ha scritto il filosofo Gianni Vattimo su un autorevolissimo quotidiano, «il Male è ciò che è contrario alla democrazia» ("Il Male la mente e l'Anima", "Repubblica", 8 luglio 2003). E poiché la democrazia ha poco più di due secoli (quella ateniese era tutt'altra cosa e comunque durò poco) ne consegue che per millenni la storia dell'uomo è stata dominata dal Demonio, che peraltro persiste nella sua maligna azione occupando ancora buona parte del globo.
    È evidente a chiunque, credo, che è proprio questo aggressivo totalitarismo democratico, di cui è vessillifero il più potente e armato Stato del mondo, col suo codazzo di alleati, convinti o coatti, di potentati economici, di mezzi di comunicazione, di intellettuali, a costituire la vera "minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale" e alla libertà dei popoli. Peraltro la cosa non è nuova. Il colonialismo, che si è affermato appieno, e in modo sistematico, nella seconda metà dell'Ottocento, si è svolto, per la massima parte, sotto le bandiere della democrazia. Le dittature europee del Novecento non sono state potenze coloniali che in misura molto limitata. Perché sono arrivate tardi, quando Inghilterra e Francia, madrine della democrazia moderna, si erano già prese i bocconi migliori? La Storia non si fa con il processo alle intenzioni. E, per fare un altro esempio, le dittature sudamericane non sono state per nulla espansioniste.
    Democrazia e aggressione, democrazia e guerra, democrazia e servaggio, per un paio di secoli, non sono stati termini antitetici, ma, al contrario, quasi sinonimi. E l'America, campione mondiale della democrazia, è l'unico Stato moderno ad aver legittimato e praticato, al proprio interno, la schiavitù, fino al 1865, meno di un secolo e mezzo fa. E non è un caso che la schiavitù, scomparsa in Occidente dall'epoca romana, sia riapparsa con la cosiddetta scoperta del Nuovo Mondo, con l'affermarsi della classe mercantile e imprenditora (si aveva bisogno di manodopera, in America) e con l'avvento della Rivoluzione industriale (che ha creato la classe di quelli che Nietzsche chiama "gli schiavi salariati" e il marxismo proletariato), tutte precondizioni della nascita della democrazia moderna.
    Nell'ultimo mezzo secolo, dopo la seconda guerra mondiale, il colonialismo classico era stato colpito da interdetto morale e aveva subito uno stop. Anche perché è stato rimpiazzato col molto più remunerativo e pervasivo colonialismo economico, che in pochi decenni ha disgregato, devastato, distrutto culture millenarie per sostituirle con la nostra nevrosi. Ma almeno formalmente il colonialismo era stato dichiarato tabù e pornografico.
    Sono passati pochi lustri da quando i francesi lasciavano l'Algeria che, dimentichi di tutti i buoni proponimenti e di tante nobili parole, abbiamo ricominciato, senza pudore e senza vergogna, istituendo protettorati, appena mascherati dai Quisling di turno (e alle volte, come in Iraq, nemmeno da quelli), in Afghanistan, in Bosnia, in Kosovo. Se la giustificazione che il colonialismo classico si dava era quella di portare la civiltà, laica e religiosa, ai "selvaggi", l'obbiettivo, oggi, non è cambiato, ha solo alzato il tiro delle sue ambizioni. Ciò che vogliamo esportare nell'universo mondo non è più solo la nostra economia e, vivaddio, un po' di buone maniere, ma il frutto più prezioso e prelibato della nostra cultura: la Democrazia.
    Ma non è questa questione, che abbiamo già trattato nel Vizio oscuro dell'Occidente, che vogliamo affrontare qui, bensì un'altra. La domanda che ci poniamo è: che cos'è la democrazia? È davvero "il migliore dei sistemi possibili" come affermava, sia pur con l'ironia che gli era propria, Churchill e come, senza ironia, dando la cosa talmente per scontata da non dover essere nemmeno discussa, crediamo più o meno tutti in Occidente, sicché è fondamentale tenercela ben stretta. O è addirittura il Bene Assoluto, un valore così universale che più che un diritto è un nostro dovere far indossare quest'abito anche a popolazioni che hanno storia, tradizioni, vissuti molto diversi dai nostri e lo sentono come una camicia di forza? Oppure è una forma di oppressione, più o meno abilmente mascherata, come le altre e magari anche peggio di altre?
    Massimo Fini
    --------------------------------------------------------------------------------
    (da "Sudditi", editore Marsilio, 147 pagine, 9 euro)
    --------------------------------------------------------------------------------


    [Data pubblicazione: 14/04/2004]
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  4. #4
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    Thumbs up GRANDE LIBRO

    Libro straordinario, letto tutto e rapidamente.
    Padus 996 - Brescia
    La massoneria il vero nemico!

 

 

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