dal Corrierone
" Corriere della Sera del 14/04/2004
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Il Quirinale esclude il ritiro delle truppe Timori per il nuovo corso, della missione
Marzio Breda
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ROMA - Ipotizzare ora un ritiro della nostra missione dall'Iraq non è proprio possibile: sono ancorate a questo punto fermo le riflessioni di Carlo Azeglio Ciampi, mentre da Bagdad arrivano notizie sempre più confuse e drammatizzate dal sequestro di quattro nostri connazionali. A parte i rituali "costanti contatti" (attivati con il quartier generale di Nassiriya e con i ministeri della Difesa e degli Esteri), il presidente della Repubblica ha fatto aprire un dossier per essere messo in grado di esprimere indicazioni argomentate davanti al Consiglio Supremo di Difesa, convocato per oggi pomeriggio al Quirinale. Al centro dei suoi interrogativi, gli ultimi sviluppi "sul terreno", quelli che davvero qualificano la natura politico-militare dell'incarico affidato ai soldati italiani. Visti i bollettini quotidiani di morti, feriti e rapiti, e vista anche la crescente accentuazione "religiosa" della resistenza irachena, è infatti chiaro che sulla missione incombe ormai una pericolosa metamorfosi. Rischia cioè di trasformarsi da intervento di peacekeeping (cioè di mantenimento della pace) in intervento di peace enforcing (ossia di imposizione della pace, da ottenersi a ogni costo, anche con l'uso della forza). Un cambio di passo che preoccupa il capo dello Stato, e sul quale governo e Parlamento dovrebbero - secondo lui - prepararsi a discutere al più presto. Una deriva che - è il pensiero del Colle - imporrebbe anche un urgente coinvolgimento delle Nazioni Unite, oggi marginalizzate. Obiettivo.: una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza (un atto forse giuridicamente non necessario, ma politicamente decisivo) che fissi i termini e le regole à garanzia della transizione di Bagdad. Sullo sfondo c'è la scadenza del 30 giugno. E' la data entro la quale dovrebbe avvenire il passaggio del potere agli iracheni, con il varo di un governo provvisorio autogestito e in grado di portare il Paese a libere elezioni. Un trasferimento di sovranità che sembra sempre più difficile, sia peri sanguinosi sviluppi della crisi sia per la posizione di assoluta intransigenza degli Stati Uniti. Ciampi nelle settimane scorse ha espresso più volte solidarietà e vicinanza ai nostri militari acquartierati a Nassiriya. Non solo: ha dichiarato "apprezzamento" per la loro capacità di intrattenere un dialogo con i leader locali, pur molto divisi sotto il profilo etnico e religioso (e la liberazione dell'ostaggio britannico, l'altro ieri, dopo una mediazione tricolore è un successo di tale strate gia). Un giudizio positivo che cambia completamente segno quando il presidente ragiona sulla scarsa flessibilità dimostrata invece finora dai comandi degli Stati Uniti nei confronti della popolazione irachena: una gestione dal pugno duro che ha prodotto quella rivolta antiamericana nella quale siamo coinvolti nostro malgrado e a dispetto dei nostri sforzi. Saranno questi i temi forti del Consiglio Supremo di Difesa, organismo consultivo e di raccordo tra la presidenza della Repubblica (cui spetta il comando delle forze armate), governo e Parlamento. L'ultima volta in. cui il Consiglio si riunì al Quirinale fu il 19 marzo dell'anno scorso, proprio alla vigilia dell'attacco Usa su Bagdad. Vale la pena di ricordare che quella seduta si concluse con un documento secco, in cui si fissavano alcuni "paletti" invalicabili all'intervento italiano. Dall'esclusione ad azioni di guerra, al divieto di usare strutture, armamenti e mezzi militari. Insomma: fedeli al dettato della Costituzione, eravamo, e ci proclamavamo, "non belligeranti". Il problema, anche per il capo dello Stato, è di restarlo in 'questo infinito dopoguerra. Continuando a portare davvero la pace.
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Saluti liberali