IL COMMENTO
I quindici anni di Blob
il programma illegale
di ANTONIO DIPOLLINA
Blob ha quindici anni e li dimostra. Fresco, giovane, indispensabile, pronto a crescere ancora e a rimpiangere più in là quest'epoca, quella dei quindici anni. Blob è tutte le sere, certo, come testimonianza immediata delle viscere del mostro televisivo. Ma Blob è anche libro di testo, di storia. Da sempre o quasi, l'ultimo giorno dell'anno, mentre sulle reti principali si brinda e si fa il trenino, Raitre manda il Blobbone dell'anno, ore e ore con il meglio del meglio.
Archiviando le videocassette di queste occasioni, si ha la rappresentazione più sintetica, reale nonché virtuale, della storia di questo paese. Con l'ambizione di archiviare davvero, nel senso più alto del termine. Per dire, in un San Silvestro sul finire degli anni Ottanta, mentre a reti unificate si brindava al decennio ilare che andava finendo, quelli di Blob festeggiarono lo scoccare della mezzanotte di Raitre con l'immagine di quel deputato americano che si era sparato in bocca davanti alle telecamere. Il botto di mezzanotte. Erano avanti, quelli di Blob, guardavano al futuro.
La comunità degli adepti non si può limitare ai soli numeri dell'auditel. Il programma viene videoregistrato in massa e poi rivisto dopo il tg, passano le repliche su Raisat, è visibile su Internet, dovrebbero dotarsene le biblioteche e così via. E' militante e sbarazzino, ha gli scrupoli giusti e gli altri non li ha, somiglia molto - più che a Ghezzi e Giusti, i fondatori - all'idea di tv di Angelo Guglielmi, il direttore di Raitre che volle fortissimamente una trasmissione come quella e la difese. Poi, mossi i primi passi, il programma rimase in piedi da solo anche di fronte a quella che Ghezzi definisce a-legalità: un bel niente, in realtà è illegalità pura, visto che per ogni singolo fotogramma bisognerebbe chiedere l'autorizzazione ai protagonisti interessati. Va da sé che in quel caso non ci sarebbe nessun Blob - e prima o poi sarebbe interessante confrontare la strana coppia che ha preteso contrattualmente di non finire mai nel tritacarne: Celentano e Nanni Moretti.
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Va da sé che aver creato un genere riconosciuto, temuto, vezzeggiato (quante volte nei programmi più stupidi in circolazione si è sentito "stavolta finiamo su Blob", quasi un implorazione agli autori) ha poi permesso di far diventare legale l'illegalità. Blob sdogana di mestiere, censura quando è il caso, esalta e deprime. Quella comunità di fedelissimi, poi, ne vive lo spirito più solidale seguendo le scritte in alto che accompagnano le sequenze, dai giochi di parole più vieti a intuizioni clamorose, slogan che restano, onomatopee che funzionano.
E infine, Blob è informazione purissima e puntuale, risalendo per la scala gerarchica del presente: la realtà non c'è, c'è la realtà della tv, che a sua volta ricrea e condiziona la realtà del giorno dopo: se è successo qualcosa di importante, lì, lo andremo a cercare su Blob e non avremo, così, perso nulla di fondamentale. Forse.
Fino alla consacrazione solenne, e del tutto "militante". Ovvero il Berlusconi che a Porta a Porta vuole dimostrare a un interlocutore quanto venga trattato male dalla tv e gli sfugge una frase fatale: "Si guardi Blob, qualche sera". Un suggerimento azzeccato, che dal giorno dopo è diventato il "promo" migliore possibile del programma, trasmesso e ritrasmesso, ovviamente, da Blob