Il Carroccio rilancia la campagna per ampliare la legittima difesa
e bolla come false le cifre della propaganda del premier

E sull'immigrazione i lumbard attaccano Pisanu
di LIANA MILELLA



ROMA - Alessandro Cè, il leghista più di lotta della Camera nonostante l'incarico di capogruppo, non solo brucia il Guardasigilli e presenta una nuova versione della legittima difesa chiedendo la discussione urgente, ma attacca il governo sui magri risultati in tema di sicurezza prendendosela con i manifesti "menzogneri" di Berlusconi. Le 14 sono passate da poco quando Cè in compagnia di Lussana, Bricolo, Dussin e Rossi conduce l'affondo contro il Cavaliere e il ministro dell'Interno Pisanu, cui non risparmia una dura frecciata prendendo spunto dalla Consulta che ha bocciato la Bossi-Fini: "Ora Pisanu si deve svegliare con l'emanazione dei decreti attuativi per costruire altri centri di permanenza per gli immigrati clandestini".

Ma è con Berlusconi che si scatena: "Non condividiamo i numeri dei cartelloni elettorali. Il trend, ormai da 15 anni, è che furti, rapine, scippi sono in aumento. Il dilagare della criminalità è sotto gli occhi di tutti e lo dobbiamo dire se non vogliamo essere politici da manifesto". Per dirla chiara, Cè conclude: "Non mi sento di poter condividere i numeri apparsi sui cartelloni pubblicitari di Berlusconi". Ben altre sono le statistiche fornite da lui, che si vanta di dare "i numeri veri sulla microcriminalità" grazie "al contatto con il territorio": "Le rapine sono in aumento, il 95% è impunito. Solo un ladro su 20 viene arrestato. I cittadini hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni".

E' il Cè delle migliori occasioni, porta l'abito della contestazione alla maggioranza di cui fa parte, come quando occupò l'aula di Montecitorio per quattro ore contro i rimbrotti del vicepresidente Fiori. Volutamente, in un clima di scontro con gli alleati della Cdl, ignora le proposte per cambiare la legittima difesa che fanno capo ad An e Forza Italia e già incardinate al Senato. Gli alleati ricambiano facendo cadere nel vuoto delle reazioni la sua leggina. Politicamente, appare perfino in sintonia con i Ds, che pure criticano il progetto di riforma. La Finocchiaro lo ritiene pericoloso, improponibile, però conferma la débacle sulla sicurezza: "Nel periodo 2002-2003 le rapine sono aumentate del 95% e le estorsioni dell'8".
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Cè è convinto che spostare verso l'aggredito l'ago giuridico della legittima difesa sia giusto e necessario. Non si andrebbe verso "il Far West o i giustizieri della notte", come lamenta il verde Cento, ma si riuscirebbe a tutelare la vittima e i suoi beni. Per questo, la Lega propone che non sia punibile chi ha agito "costretto dalla necessità di difendere se stesso o altri da danni fisici, o per proteggere la propria o la proprietà di altri dalla distruzione o dalla perdita". Rispetto al codice attuale, compare il bene da tutelare, che fa gridare i Ds allo scandalo. Resta il principio che la difesa debba essere proporzionata all'offesa, ma si esalta il concetto della sorpresa: "Non è punibile chi eccede a causa di turbamento, paura o panico". Fa il suo ingresso la tutela della propria casa, per cui agisce per legittima difesa colui che "compie un atto per respingere l'ingresso di sconosciuti che si sono introdotti o tentino di introdursi in un'abitazione privata". La stessa logica salvaguarda colui che si difende dall'intrusione di un estraneo in un pubblico esercizio.

Letto il testo, la responsabile Giustizia dei Ds Finocchiaro mostra sconcerto perché "scompare il principio dell'attualità del pericolo e ciò può legittimare comportamenti che nulla hanno a che vedere con la legittima difesa". Contrarietà per la "copertura" per una reazione in casa che può coinvolgere pure "un bambino rom che ha saltato il muro di cinta".

E' soddisfatto il ministro della Giustizia Castelli che, a conferenza stampa già finita, non aveva ancora letto il testo. Dopo averlo scorso, conferma che s'ispira ai principi che ha annunciato sabato scorso, "lo stato d'animo dell'aggredito e il luogo dove avviene l'aggressione". Castelli cita i casi, che conosce personalmente, di gente che per difendersi è stata condannato a dieci anni. È la certezza leghista che il codice attuale tuteli più l'aggressore che la vittima, e che le toghe, sostenute da "un'ideologia sessantottina" (Cè), siano più severe con chi si difende piuttosto che con ladri e rapinatori. Castelli si chiede se "un tabaccaio possa tenere sotto il banco una verga ben nodosa, una clava, una spranga di ferro, una pistola a seconda dell'offesa che dovrà subire e, aggredito, aspetti per capire con quale arma rispondere".