1 - nel 1990 l'Irak decide di invadere il Kuwait (ex protettorato britannico, diventato indipendente nel 1961), si dice per reclamare la sua sovranità su quello staterello in quanto erede dell'impero ottomano e per altre ragioni non totalmente, finora, appurate (petrolio, scaramucce di confine, perforazioni petrolifere kuwaitiane su giacimenti irakeni ecc.).
2 - L'Irak chiede il parere degli USA (fino ad allora suo sostenitore e fornitore di armamenti in chiave anti-iraniana). Questi, tramite la loro ambasciatrice di Baghdad, rispondono che non avevano nulla in contrario sull'invasione.



3 - Invaso il Kuwait, gli USA arrivano in aiuto dell'ex sceiccato, dichiarando così guerra all'Irak e segnando così la fine della vecchia "amicizia" con l'Irak.

4 - Gli Stati Uniti hanno la meglio ma, inspiegabilmente, rinunciano ad avanzare fino a Baghdad, ritirandosi dal territorio irakeno, ma dividendo il paese in due zone di divieto di sorvolo, una al Nord ed una al Sud, lasciando libera la fascia geografica centrale. Viene altresì dichiarato un embargo internazionale che, di fatto, vieta le forniture dei beni e dei prodotti primari necessari all'economia e alla sanità irakena.

5 - Si decide, in seguito, una maggiore apertura, decretando il famoso OIL FOR FOOD (petrolio in cambio di cibo) gestito dall'ONU (ma sotto la supervisione americana) che però non evita la catastrofe umanitaria irakena nei 12 anni di embargo ed in seguito alle conseguenze lasciate dall'uranio impoverito di cui erano impregnate le munizioni pesanti americane.

I ricavati delle vendite di petrolio irakeno venivano infatti decurtati, a mò di usura, di cifre iperboliche sotto le più disparate voci, ivi compresa i " danni di guerra ". Ciò che rimaneva erano briciole, lontanamente insufficienti a soddisfare le emergenze irakene (medicinali, fertilizzanti, macchinari, pezzi di ricambio ecc.)

6 - L'Irak non si piega. Va avanti lo stesso. Il popolo non si ribella e Saddam Hussein non vacilla (nonostante tentativi pilotati contro di lui non siano mancati).

7 - Nel 2000 Saddam decide di non vendere più il petrolio in Dollari ma in Euro. Una mossa astuta ma che, se messa in atto su larga scala fra i paesi produttori di greggio, porterebbe alla vendita di enormi quantità di biglietti verdi per l'acquisto di Euro facendo precipitare letteralmente la moneta USA, con conseguenze inimmaginabili per gli interessi americani all'estero.

8 - Settembre 2001: attentato alle Torri Gemelle di New York. Praticamente il "casus belli " che l'America cercava da tempo per giustificare la sua guerra contro un "terrorismo" da lei creato e finanziato (Pearl Harbour, 1941, insegna). Inizia l'attacco all'Afghanistan.

9 - Dopo l'Afghanistan è la volta dell'Irak. Si fa di tutto per far credere all'equazione Bin Laden-Saddam Hussein, ma non funziona (i due sono tutt'altro che amici). Allora si decide di propagandare, a livello planetario, le presunte "armi chimiche" o "di distruzione di massa" di cui Saddam sarebbe in possesso e che intenderebbe usare in tutto il mondo.

10 - Ispezioni, sopraluoghi, perquisizioni e rapporti dettagliati dell'ONU provano che in Irak tali armi non esistono o che comunque, eventuali progetti, erano stati abbandonati da tempo.

11 - L'America vuole attaccare a tutti i costi e tenta di farsi il maggior numero di alleati possibili. Il mondo è praticamente contrario alla guerra in quanto non sussistono le ragioni e sono più che evidenti le arbitrarie intenzioni degli USA. I governi collaborazionisti danno il loro assenso solo per un mero calcolo opportunistico economico (in poche parole: gli USA sono il leone che si mangia il piatto forte, alle iene ed ai vari animali-spazzini spettano le briciole e le frattaglie).

12 - L'attacco ha inizio. Siamo nel 2003. Americani ed inglesi avanzano e riescono ad impossessarsi del paese. Ma la loro non è una vittoria nel senso classico della parola. L'esercito irakeno praticamente non ha combattuto, tranne qualche isolata sacca. Forse hanno preferito ritirarsi e non combattere o forse hanno tradito o forse era un piano già predisposto. Gli irakeni, sapendo di non poter affrontare le forze anglo-americane in uno scontro diretto, hanno aspettato che queste si insediassero nel paese per poi attuare feroci operazioni di guerriglia a base di attentati e rapimenti a danno di tuta la coalizione di invasori.

13 - Diversi stati, facenti parte della coalizione, hanno al loro interno una forte opposizione popolare e politica a questa guerra e la resistenza irakena fa leva su queste "divergenze" per colpire militari e cittadini di nazioni alleate agli USA per inasprire le proteste e richiedere a gran voce il ritiro delle truppe.

La cosa chiara, evidente e logica, è che tutti i paesi che hanno inviato contingenti (piccoli o grandi che siano) in Irak, vengono considerati "invasori" a tutti gli effetti e questa è una verità inconfutabile sia dal punto di vista tecnico, morale e politico. Le dichiarazioni delle belle intenzioni, degli aiuti umanitari, dello sforzo di "pacificare" il paese o di "democraticizzarlo" sono solo scuse pietose che pretendono di addolcire la pillola agli irakeni. Ma non funziona ed è giusto così, perchè un popolo che viene ridotto in miseria da un embargo assassino, accusato ingiustamente di colpe rivelatesi poi infondate ed inesistenti, attaccato, umiliato, delapidato delle proprie ricchezze e sopratutto messo nella posizione di non poter decidere a casa propria il proprio destino, ha tutti i diritti di mettere in atto qualsiasi forma di rappresaglia, attentato, minaccia o ricatto. E' il diritto alla difesa, lecito e legittimo.

Per quanto riguarda l'Italia, purtroppo siamo stati "toccati" due volte. La prima nell'attentato di Nassiryia e la seconda col rapimento di quattro connazionali di cui uno, Fabrizio Quattrocchi, vittima di un'esecuzione. In entrambi i casi le vittime sono state definite "eroi". Ora, la definizione di "eroe" compete a colui che si "immola per una causa o un'ideale", di solito una causa nobile come difendere la propria patria e i relativi interessi (quelli legittimi), la propria famiglia oppure dare la propria vita per salvare quella di un altra persona.

Non mi sembra che questi casi siano applicabili nei due sopra esposti. Per quanto dispiacere e rabbia possa fare, vedere dei connazionali uccisi a migliaia di kilometri da casa, non dobbiamo mai dimenticare, prima di lasciarci travolgere da facili ed irrazionali stati emotivi, il perchè questi uomini si trovavano in Irak, a quali condizioni e chi li ha mandati. Ne uscirà un quadro più o meno simile a questo:

a - il governo italiano, per puro ignobile atto di servilismo e vassallaggio nei confronti degli USA, ha inviato in Irak militari, arruolatisi volontari (non reclute o coscritti).

b - chi si arruola volontario in un esercito, appartenga esso ad un governo di destra o di sinistra poco importa, sa che può essere spedito nei luoghi più impensabili e per i motivi più disparati, senza poter giudicare apertamente o pubblicamente se "quella" missione sia giusta o meno.

c - i volontari di questo corpi, se intervistati, affermano di essersi arruolati per avere una specializzazione e per un ideale da mettere al servizio della ragion di stato. Nessuno parla però del trattamento economico, il quale, vista la pericolosità (e l'arbitrarietà) delle missioni, è sicuramente interessante e "giustifica" maggiormente gli ideali. Sarei curioso di vedere quanti resterebbero per motivi "umanitari" o "idealistici" se venissero loro offerti 1.500 Euro al mese!

d - chi invece si trova in Irak, senza una divisa, ma perchè esperto in "sicurezza" e al soldo di interessi quasi mai legittimi e spesso illeciti, non può essere considerato "bravo ragazzo" che non trovava lavoro in Italia e che, volendo mettere su famiglia al più presto, decide di partire per ingaggi pericolosi ma ben pagati. Questo è tipico del "soldato di ventura", che, normalmente, non ha ideali se non quelli economici. Poi, quando gli succede qualcosa, tutti a piangere, pregare, implorare e dire che era una persona sensibile, buona, generosa, insomma il classico "figlio di mammà".

Eh no! cari signori! troppo comodo! ognuno deve portarsi addosso le responsabilità delle proprie decisioni (belle o brutte che siano). Queste pretese sono assurde ed inaccettabili. Cosa dovrebbero dire le famiglie di quelle migliaia di irakeni, trucidati in mille modi (donne e bambini inclusi di cui, vergognosamente, i grandi media non parlano) da armi ed eserciti stranieri che calpestano barbaramente un suolo sovrano? Le loro madri, le loro spose, le loro sorelle non fanno annunci televisivi e non hanno santi a cui rivolgersi perchè non contano niente, sono solo corpi da macello dei quali si è smesso perfino il conteggio.

La famosa frase detta dal Quattrocchi "VI FACCIO VEDERE COME MUORE UN ITALIANO ", ce la stanno ripetendo all'infinito e in tutte le salse, con il bieco scopo di far muovere gli orgogli nazionali verso la permanenza delle nostre truppe in Irak. Si parla del video di Al-Jazeera che però non è stato trasmesso in Italia perchè si vede l'esecuzione in diretta e quindi troppo violento. In tal caso potevano far vedere la scena dove il prigioniero pronuncia "quella" frase, tagliando le immagini dell'esecuzione. Anche quì solo parole, dette da persone alle quali nessuno darebbe nemmeno un Euro di credito. Con tutte le manipolazioni e le taroccature a livello mediatico e giornalistico di oggi, non si può dare per scontato tutto ciò che ci viene raccontato. Se quelle parole sono vere, mostrino il filmato, altrimenti stiano zitti. Questo non cambierà di granchè la realtà dei fatti, ma il Quattrocchi meriterà, almeno in quel frangente, di essere considerato come "coraggioso".

Come andrà a finire, Dio solo lo sa, ma tutti i morti che avremo lasciato sul suolo irakeno, andranno addebitati alle coscienze criminali dell'amministrazione Bush ed al nostro governo collaborazionista.

Gian Franco SPOTTI Soragna (Parma)
Fonte: "Edizioni all'insegna del Veltro"
21.04.04