Originariamente Scritto da
_Riccardo_
A settant’anni dal patto Molotov-Ribbentrop
Scritto da Gabriele Donato
Stalin aveva ragione?
Le commemorazioni organizzate in occasione del settantesimo anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale hanno riaperto il dibattito sulle cause di un conflitto che ha messo l’Europa e tante altre parti del pianeta a ferro e fuoco per sei anni. Com’era del tutto prevedibile, l’intellettualità liberal-democratica si è impegnata a fondo in una polemica veemente contro le gravi responsabilità dei due regimi totalitari che si accordarono, nel 1939, per la spartizione della Polonia e dell’Europa centro-settentrionale: la Germania di Hitler e l’Urss di Stalin. All’opinione pubblica sono state somministrate dosi massicce della minestra che gli storici revisionisti riscaldano ormai da anni: la pace sarebbe stata messa in discussione esclusivamente dagli appetiti delle due dittature in questione; sulla base di questa lettura delle vicende di allora, sarebbero stati il “bolscevismo” e il nazismo ad accordarsi per accendere la miccia di una guerra tanto sconvolgente, e la responsabilità delle democrazie occidentali sarebbe stata soltanto quella di aver esitato di fronte alle mosse convergenti dei due dittatori, accomunati – c’è bisogno di aggiungerlo? – da aspirazioni fondamentalmente condivise. Uno degli intenti delle riflessioni che proponiamo ai nostri lettori è molto chiaro: cercare di chiarire l’assoluta strumentalità di questa lettura caricaturale del secondo conflitto mondiale. Anche altri ci hanno provato, ne siamo consapevoli: se ci riferiamo solo all’Italia, alcuni intellettuali legati alla tradizione del comunismo italiano del secondo dopoguerra hanno sollevato numerose eccezioni nei confronti della vulgata che ha riempito le pagine della stampa borghese più autorevole. Anche a voler riconoscere la generosità del tentativo, è necessario evidenziarne la clamorosa inconsistenza. Se già nei mesi successivi alla sottoscrizione del patto fra Molotov e Ribbentrop, le argomentazioni che gli stalinisti usavano per difenderlo apparivano fragilissime, il tentativo odierno di rispolverarle – per dimostrare che anche in quell’occasione Stalin dimostrò le sue capacità di «dirigente rivoluzionario» (1)– è semplicemente improponibile. Non è rimasticando la propaganda del Comintern di allora che i comunisti possono pensare di contestare gli assunti della storiografia liberal-democratica: non è riproponendo il logoro dogma dell’infallibilità di Stalin che possiamo pensare di cavarcela nella polemica con i pensatori borghesi. Si tratta di una polemica assolutamente necessaria, che va condotta a testa alta: essa necessita, tuttavia, di argomentazioni all’altezza;
dal nostro punto di vista, essa non può che fondarsi sulle analisi elaborate proprio allora dall’unico grande dirigente rivoluzionario proveniente dall’esperienza dell’Ottobre che era sopravvissuto (fino all’agosto del 1940) alle purghe di Stalin: sono proprio gli scritti di Trotskij sulla guerra che stava iniziando quelli da cui è necessario ripartire per capire veramente quel che è successo nei tormentati mesi del 1939.
Potete leggerlo più comodamente qui:
FalceMartello - A settant’anni dal patto Molotov-Ribbentrop