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Risultati da 11 a 20 di 40
  1. #11
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    "Riconoscenti" agli americani?
    E per cosa, di grazia?
    Per averci aggiogato al loro carro economico, ed averci portato una "civiltà" di m... ?

  2. #12
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    Pieffebi, per caso l'ho risentito ieri e di liberazioni da dittature proprio non ne ha parlato proprio!
    Giuro!!!

    E sai dove l'ho sentito? Da Fede!

    Mica vorrai mettere in dubbio il montaggio fatto da lui?

    Riguardo al fascismo: una volta per tutte... La vergogna comincia dalla Marcia su Roma, ed ancora prima. Non c'è un fascismo buono ed uno cattivo, in quanto il fascismo ha dal suo germe l'idea di sovvertire l'ordinamento statale, e di limitare le libertà del popolo. Ed in questo la differenza con la Rivoluzione Russa è lampante: i comunisti leninisti abbattevano una delle peggiori dittature che mai la storia abbia vissuto, quella zarista, che fino a pochi anni prima della sua caduta utilizzava la servitù della gleba... il fascismo puntava al potere distruggendo invece una monarchia di fatto, per l'epoca, relativamente illuminata, con un parlamento sovrano ed un suffragio decisamente al passo coi tempi, utilizzando il populismo più becero e la violenza.

    Cacca e cioccolato.

    L'evoluzione poi del comunismo è stata, molto rapidamente, quella di una dittatura classica, molto simile al fascismo o al nazismo, ma quello è un altro discorso. Gli americani, insieme ai Resistenti, ci liberarono dalla dittatura che ci opprimeva da vent'anni, e di fatto anche dalla monarchia che l'aveva avvallata. La presenza dei tedeschi, così come dei repubblichini, era un fatto marginale e diretta conseguenza delle scelte fasciste, e pur brillando in ferocia non si può certo definire predominante!!!

    Non scherziamo, via!

  3. #13
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    In origine postato da Vahagn
    "Riconoscenti" agli americani?
    E per cosa, di grazia?
    Per averci aggiogato al loro carro economico, ed averci portato una "civiltà" di m... ?
    PFB si e' confuso, sondaggio alla mano, gli americani sono cotrari a questa guerra, voleva dire "riconoscenti a bush"...

    Evidentemente dovremmo essere grati a bush per il contributo dato dal suo nonnino ai nazisti nostri ex-alleati...

    Come non essere d'accordo?

  4. #14
    decerebrato consapevole
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    Predefinito Re: Ringraziamo gli americani!

    In origine postato da Aeroplanino
    [B]Il nostro comandante Custer, nel solito messaggio alla nazione ha detto testualmente:

    Dobbiamo essere riconoscenti sempre agli americani che hanno salvato il nostro paese da (... pausa ...) dal comunismo e dal nazismo.

    Confermo, ho proprio notato che ha detto prima "comunismo" e solo poi "nazismo", compresa la pausa.

    Ci ho fatto caso ieri sera al TG1 delle 20 e mi ha fatto sorridere.
    Sa bene che nelle menti meno ferrate il richiamarsi a questo "Nemico" funziona, e quindi sfrutta questa tecnica di conseguenza.
    "Preoccuparsi e' inutile. Infatti se esiste una soluzione al problema non ha senso preoccuparsi. E se la soluzione non esiste allora perche' preoccuparsi?" - Ignoto.

  5. #15
    brescianofobo
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    Sì, l'ho visto anch'io. C'erano le vedove e gli orfani di Nassirya e lui per consolarli ha detto che dobbiamo essere grati agli americani che ci hanno liberato dal comunismo e dal nazismo.

    Che simpatico marpione: lui si rivolge agli elettori anche quando consola una vedova.

  6. #16
    memoria storica di PoL
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    Talking ... un ben valido motivo per dire 'grazie Usa!'...

    cari amici
    se abbiamo ben capito siamo in presenza di una interessantissima 'disquisizione teoretica' tra... pensate un pò... due candidati al Nobel... ...

    Il primo sosterrebbe che gli [anglo]americani sono sbarcati, con il consueto 'rito propiziatorio' costituito da bombardamenti a tappeto sulle nostre città e conseguenti decine di migliaia di morti civili, nell'estate del '43 in Italia per 'liberarci dalla dittatura fascista'... il secondo invece per 'liberarci dalla dittatura repubblichina'...
    Dal momento che una semplice lettura cronologica degli eventi, certamente alla portata dei più volte citati 'lattanti deficienti', consente agevolmente di verificare che in quel preciso lasso temporale la prima di tali 'dittature' non esisteva più, mentre la seconda non esisteva ancora verrebbe da augurarsi che il comitato per il Nobel, allorchè stabilirà di creare il nuovo premio da me auspicato, lo assegni poi ad entrambi... ...

    Da parte mia, polemicuzze a parte, tutto quello che posso fare è suggerire al gentile lettore 'nuovi spunti' che possano meglio far comprendere la realtà del passato. A tale scopo mi auguro possa essere interessante questa mia rielaborazione di quanto scritto da uno storico 'non molto allineato' [Marco Picone Chiodo, cattedratico di 'lingua e cultura italiana' all'università di Monaco di Baviera...]. In essa si mette il luce un 'aspetto' dell'ultimo conflitto poco noto e solitamente trascurato dagli storici 'allineati', il quale però fornisce una 'chiave' per spiegare molte enigmi del passato come del presente...

    Naturalmente... buona lettura!...




    Charles ‘Lucky’ Luciano sulla terrazza del suo appartamento a Roma il 15 luglio 1949. Ex-erede di Al Capone come 'boss assoluto' dell'intera criminalità di New York negli anni '30, divenne la 'carta vincente' degli Usa in occasione dell'invasione del territorio italiano nell'estate del 1943


    Lo sbarco il Sicilia nel 1943- Gli Usa e la Mafia

    La Mafia, termine probabilmente derivante dall’arabo Mabjah [vanteria], è un termine che serve ad indicare l’organizzazione criminosa sorta e sviluppatasi in Sicilia. Altre organizzazioni similari, come quella della Penisola Calabra e del Napoletano chiamate rispettivamente Ndrangheta e Camorra, pur avendo radici e fini comuni con la Mafia, non sono una filiazione di essa e, se si esclude l’unione di Mafia e Camorra avvenuta negli Stati Uniti, in Italia le tre organizzazioni hanno mantenuto nell’insieme la loro autonomia. Le origini di queste forme mafiose possono farsi risalire ai tempi di Cicerone, dove il cliens era colui che si poneva al servizio di un potente in cambio di protezione e favori. In seguito il sistema feudale, l’epoca delle famiglie signorili e poi la fioritura dei signorotti locali al tempo della dominazione spagnola, uniti alle miserabili condizioni delle masse, ne favorirono lo sviluppo. In pratica i secoli mutavano ma i ‘Bravi’, accozzaglia di individui armati arruolati a difesa di un potente, restavano. Si deve alla oculata amministrazione austriaca della Lombardia [che influenzò anche le regioni limitrofe] se le moderne organizzazioni di tipo mafioso sono rimaste, almeno fino all’ultimo conflitto mondiale, circoscritte alle regioni dell’Italia meridionale. Il Regno di Sardegna si accontentò di una occupazione poliziesco-militare del territorio e nulla intraprese per cambiare le situazioni preesistenti o infliggere qualche consistente colpo alla Mafia, non potendosi considerare tale l’attività volta da Costanzo Codrighi al tempo di Umberto I. Fu così che la Mafia e le consorelle continuarono ad esistere e agire, servendo spesso, cosa vera anche oggi, da efficace strumento elettorale per l’affermazione dei politici. Si sa che al tempo della Conferenza di Versailles un membro della delegazione italiana propose a Vittorio Emanuele Orlando [che era di Portinico ed era stato ininterrottamente eletto dal 1897...] di far uccidere dagli ‘amici di Palermo’ Georges Clemanceau se quest’ultimo avesse creato troppe difficoltà alla delegazione italiana.
    Toccò a Mussolini, allergico ad ogni forma organizzata che non fosse la sua, dichiarare guerra alla ‘Onorata Società’ inviando nel 1924 il Sicilia il prefetto Cesare Mori, il quale fece piazza pulita dei briganti [il cui centro era Ganci]. La popolazione della zona un anno dopo i fatti, il 16 luglio 1927, organizzò in segno di ringraziamento la cosiddetta ‘Sagra della riconoscenza’. Sistemati i briganti il ‘prefetto di ferro’ diede un energico colpo anche alla Mafia, le cui diramazioni non risparmiavano neppure la Chiesa Cattolica, se è vero che erano gli stessi monaci del convento di Mazzarino a scrivere le lettere minatorie per i mafiosi, allora in gran parte analfabeti. La Mafia in quella circostanza seppe agire abilmente allineandosi al regime mussoliniano e il richiamo a Roma di Cesare Mori, avvenuto il 22 dicembre 1928, diede inizio ad una sorta di simbiosi tra fascismo e Mafia. In questo contesto tuttavia essa perse l’impronta indipendente che costituiva la sua maggiore forza e non è perciò azzardato parlare di suo declino.
    Il declino della Mafia in Italia però venne controbilanciato in quegli stessi anni dall’ascesa della Mafia negli Stati Uniti. Da originario articolo d’importazione essa andò acquistando un sua particolare fisionomia e una ‘coscienza nazionale’. Pur conservando i propri legami con il ‘fratelli del Vecchio Mondo’, la Mafia del Nuovo si sentì e volle essere ‘americana’. ‘Non sono uno straniero, sono un americano al cento per cento’, dichiarava Al Capone ai giornalisti nel 1941 offrendo al governo statunitense l’appoggio suo e dei suoi simili ‘per qualunque cosa potesse aiutare lo sforzo bellico’ della nazione stellata. Erano lontani i tempi in cui sui moli di New York sbarcava una torma di individui miserabili, analfabeti e affamati che si isolava nella East Side, la Little Italy, per sottrarsi al disprezzo e all’odio dei Wasp [Whites Anglosaxons Protestants]. I tempi dell’eccidio di New Orleans, quando undici Moustache Petes [Baffi a manubrio, così erano chiamati i mafiosi siciliani...] erano stati trucidati in carcere dalla folla il 13 marzo 1891 [fatto che aveva provocato la rottura temporanea delle relazioni tra Italia e Stati Uniti...] e i tempi della ‘Mano nera’ [organizzazione che aveva fatto della Little Italy una roccaforte inespugnabile e che aveva assassinato il 12 marzo 1909 il tenente di polizia Joe Petrosino che ne stava cercando i boss a Palermo...] erano un lontano ricordo. Tutto era cambiato alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale, quando su pressione delle classi agiate di New York, le quali vedevano in Little Italy un centro di idee inarco-socialistoidi [ondata isterica che il 23 agosto 1927 sarebbe costata la vita agli innocenti Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti...] la polizia, vinta la paura e superata la corruzione, si era avventurata nel regno della ‘Mano nera’. Costretti così aduscire dal loro ghetto i mafiosi americanizzarono i propri nomi e sotto la guida di Frank Yale, il siciliano Francesco Uale, camuffati da ‘Unione siciliana’ [divenuta poi ‘Unione italo-americana’] in pochi anni sbaragliarono tutte le bande rivali [i più potenti erano irlandesi ed ebrei] che nella galassia malavitosa del paese avevano avuto la ‘precedenza storica’, divenendo incontrastati dominatori del mondo della delinquenza. Nei grandi centri come Chicago [riserva di caccia di Jim Diamond, poi liquidato col permesso di Frank Yale dal nipote Johnny Torrio l’11 maggio 1920...] già nel 1915 il sindaco, il governatore dell’Illinois e il rappresentante del Congresso dovevano la loro ascesa politica a Jim Diamond, alias Giovanni Colosimo. Una seconda circostanza fortunata per ‘Cosa nostra’ si verificò il 16 gennaio 1920, quando in America venne imposto il proibizionismo. Alfonso Caponi, alias Al Capone, alias ‘Scarface’, dopo 37 sparatorie nel 1922 e 57 nel 1923 si assicurò l’ambito titolo di ‘re del proibizionismo’ e nel 1929, liquidati i suoi più temuti rivali con la strage di San Valentino, impose e fece firmare ai superstiti la ‘pace di Atlantic City’ [16 maggio], che lo qualificava capo assoluto della Mafia americana. Fra i firmatari si trovava il siciliano Salvatore Lucania, che avrà più tardi un ruolo decisivo nello sbarco alleato in Sicilia.
    L’ascesa di Salvatore Lucania, alias Lucky Luciano, iniziò con il declino di Al Capone [preso di mira dal procuratore Elliot Ness e fatto da questi incarcerare nel 1931...] e con la fine sanguinosa [500 morti!…] della ‘guerra castellammarese’ [1930-31], combattuta tra le famiglie del boss napoletano Joe Masseria di new York e del siciliano Salvatore Maranzano di Chicago. L’ultimo boss arrivato non perse tempo. Alla fine della guerra sopraddetta fece liquidare in una sola notte una sessantina di vecchi notabili della ‘Onorata società’ negando loro perfino il tradizionale rito della ‘morte confortata’, l’usanza ereditata dagli imperatori romani di uccidere i nemici dopo un lauto pranzo. Poi, rinnovando o ringiovanendo vecchie regole, trasformò la Mafia da impresa artigianale in una sorta di multinazionale e, con la fine del proibizionismo, il 15 dicembre 1933 la nuova Mafia allargò il proprio mercato, soprattutto con il controllo del traffico di stupefacenti. Lucky Luciano, condannato su iniziativa del procuratore distrettuale di New York Dewey nel 1936 a 50 anni di lavori forzati ‘per istigazione alla prostituzione e lo sfruttamento di 62 donne’ , venne rinchiuso nel penitenziario di Dannemore, la ‘Siberia americana’. Trattato come un principe, egli continuò a dirigere la sua ‘azienda’ attraverso i suoi ‘direttori generali’ Johnny Torrio [nipote di Jim Diamond], Frank Costello [sovrintendente al mondo dei divertimenti di Las Vegas], i fratelli Anastasia [addetti ai ‘lavori delicati’] e a Vito Genovese [sovrintendente al ‘Fronte del porto’ di New York]. Tutti costoro avranno poi un parte nello ‘sceneggiato’ successivo. Vito Genovese dovette ben presto abbandonare gli Stati Uniti per sottrarsi ad un processo per l’assassinio di un gregario, Ferdinando Coccia, che aveva derubato la ‘azienda’. Sbarcato a Napoli un giorno del 1937 con in tasca 750.000 dollari si trasferì a Nola, sua città d’origine. Qui, adeguandosi alla nuova situazione, donò generosamente 250.000 dollari per la costruzione della locale Casa del Fascio. In segno di gratitudine Mussolini lo fece insignire del titolo di Commendatore della Corona d’Italia. Il neocommendatore, lusingato di tanto onore, volle dare allora una prova ulteriore dei suoi sentimenti fascisti e provvide a far assassinare a New York da un proprio gregario, Carmine Galante, il giornalista Carlo Tresca, che con i suoi articoli procurava notevole disturbo al regime. Con questi precedenti ‘nazionali’ Don Vito alla vigilia della guerra su trasferì in Sicilia prendendo contatto con Don Calogero Vizzini, grande feudatario di Miccichè a Villalba, in provincia di Caltanissetta. Il filo diretto tra gli Usa e la Sicilia era in tal modo stabilito.

    Dopo questa significativa premessa facciamo un salto in avanti nel tempo e giungiamo al 13 maggio 1943, ore 13.30. Il maresciallo Giovanni Messe, il suo aiutante colonnello Taddeo Orlando e i superstiti soldati dell’Asse si consegnano ai vincitori in Tunisia. Un nostalgico valzer viennese accoglie i prigionieri che vengono avviati ai campi di raccolta. Soltanto 638 uomini dell’Asse riescono a raggiungere l’Italia con aerei e motosiluranti. Gli altri, 130.000 tedeschi e 118.000 italiani, vanno ad aggiungersi ai prigionieri fatti in Africa dagli alleati. La campagna di Tunisia era stata combattuta dagli italo-tedeschi, date le circostanze, con valore encomiabile, come testimoniato dal bilancio delle perdite subite dai contendenti. A fronte dei circa 40.000 uomini fra morti, feriti e dispersi dell’Asse stavano 18.423 americani, 38.665 britannici e 18.336 francesi. In quasi tre anni di guerra poi i britannici avevano perso 35.476 uomini, gli italiani 22.596 e i tedeschi 21.994. Tutte gelide cifre dietro le quali si celano altrettante tragedie perosali e famigliari. Al pari di quella di molti soldati rimase sconosciuta la sorte del tesori raccolto agli ebrei tunisini in cambio dell’assicurazione ad avere salva la vita [detto impropriamente ‘tesoro di Rommel’...], valutato ad oltre 20 milioni di vecchi marchi e contenuto in sei casse di piombo. Pare sia stato portato in Corsica e qui il 12 settembre 1943 preso in consegna da cinque uomini delle Ss e caricato su di un panfilo. Un attacco aereo fece affondare l’imbarcazione e con essa il tesoro. Una ricerca eseguita nel 1975 non ha portato ad alcun esito.
    A questo punto difendere la ‘Fortezza Europa’ divenne la principale preoccupazione della OKW [Oberkommando der Wehrmacht], che già nella notte tra il 12 e il 13 maggio si precipitò ad ordinare a tutti i comandi tedeschi nel Mediterraneo di organizzare la difesa della Corsica, della Sardegna, della Sicilia, del Peloponneso e del Dodecanneso. Che la ‘fortezza’ fosse vulnerabile dall’aria era ormai un fatto scontato e la barbara distruzione della diga tedesca sul Moehne, effettuata il 7 maggio dalla RAF, ne aveva dato lampante conferma. La diga era stata eretta dal 1908 al 1914 e alla sua costruzione avevano partecipato molti operai italiani. La sua distruzione [operazione Chastise, vale a dire ‘castigo’...] aveva provocato la fuoriuscita di 110 milioni di metri cubi d’acqua e la morte di ben 2000 persone. Un crimine al di là del cervello del peggior criminale nazista… L’Italia naturalmente si presentava come il ‘ventre molle’ di questa fortezza e ciò per il desolante stato delle sue forze armate dopo tre anni di guerra. In giugno delle 59 divisioni che costituivano il Regio Esercito 10 erano in ricostruzione e 39 all’estero [3 in Francia meridionale, 2 in Corsica, 9 in Slovenia e Croazia, 12 in Albania e Montenegro, 8 in Grecia e 2 nell’Egeo]. Ne rimanevano 13 perciò per affrontare una possibile invasione del territorio nazionale. Mussolini avrebbe voluto per la difesa dell’Italia solo truppe nazionali, cosa però non condivisa dallo stato maggiore che avrebbe gradito almeno tre divisioni corazzate o motorizzate tedesche. Nel corso del mese di maggio vennero così costituite in Italia 2 divisioni tedesche formate da reduci dall’Africa e da territoriali [si trattava della 90-ma Panzergrenadieredivision dislocata in Sardegna e della 15-ma Panzergranadierdivision dislocata in Sicilia...]. Altre cinque, tutte celeri, si aggiunsero solo in un secondo tempo [la Hermann Goering giunse il 30 giugno e venne dislocata in Sicilia, la 16-ma Panzerdivision raggiunse la zona di Bari, la 29-ma Panzergrenadierendivision da prima giunse a Foggia e da qui Cosenza e poi dal 15 luglio la Sicilia, la 3-a Panzergrenadierendivision si acquartierò a nord di Roma ed infine la 26-ma Panzerdivision raggiunse Salerno...]. Per nutrire una sola divisione tedesca però sarebbero occorsi viveri per 80.000 porzioni, che sarebbero stati sottratti così alla popolazione ed inoltre ci si sarebbe dovuti assumere l’onere di pagare loro la decade. Per non pesare troppo sul bilancio italiano e per venire incontro alla popolazione l’OKW stabilì che la paga per i suoi militari sul suolo italiano fosse dimezzata e che buona parte dei viveri giungesse dalla Germania. Venne però comunicato dall’OKW al Comando Supremo che era impossibile per la Germania soddisfare a tutte le richieste italiane in armi e materiali e in specie un aumento dell’aviazione germanica in Italia [tanto caldeggiato dal Duce] non poteva essere soddisfatto nell’entità desiderata. Nel frattempo però l’invasione della Sicilia era incominciata da dieci giorni…

    Strategicamente lo sbarco in Sicilia, denominata operazione Husky [rauco], peccava di logica militare, tanto che italiani e tedeschi lo avevano praticamente escluso e considerato più validi obiettivi la Sadegna e la Corsica. Erano considerazioni esatte che però avevano i difetto di ignorare i veri motivi che inducevano gli alleati a scegliere l’isola più meridionale, motivi non solo militari. Fin dal 1942 agenti dell’Intelligence Service, con obiettivi limitati alle zone di Ragusa e Catania, era stati sbarcati su tratti di spiaggia deserti o paracadutati negli enormi latifondi all’interno dell’isola. Di questi uno solo era stato scoperto ad Augusta per aver commesso l’errore di domandare in buon italiano un indirizzo errato ad un avanguadista di 17 anni, Sandro Suma, che venne così premiato con venti lire. Tutti gli altri avevano agito indisturbati e trovato addirittura ospitalità presso alcune famiglie nobiliari e presso qualche adepto del separatismo siciliano. Gli inglesi avevano approfittato soprattutto del fatto che gran parte della nobiltà siciliana aveva, da almeno 150 anni, forti legami con l’Inghilterra e che ditte inglesi avevano avuto forti interessi nell’industria vinicola ed armatoriale dell’isola. Grazie a tutto ciò i loro agenti furono in grado di fornire un buon 90% delle informazioni militari sulle quali si appoggiò poi lo sbarco alleato. L’Office of Strategic Service [OSS] statunitense raccolse in un documento dal titolo Topographic intelligence study-Sicily, recante la data del 22 aprile 1943, ‘fattori politici e sociali, salute pubblica, sanità, ospedali, servizi, telòecomnunicazioni, città e paesi’, facendo di esso un vero e proprio vademecum ad uso degli invasori. Per esempio a pag. 9 era scritto…

    … quantunque la Sicilia sia politicamente e socialmente parte integrante dell’Italia, certe caratteristiche della vita isolana possono essere utilizzate da una forza occupante. I legami di famiglia e di sangue sono fortissimi per molti siciliani e sovente più importanti della lesati verso lo stato italiano. Inoltre la Sicilia ha legami molto più stretti di qualunque altra parte d’Italia con gli Stati Uniti, in ragione dell’estesa immigrazione di siciliani in America. Entrambi questi fattori permetteranno di addolcire l’ostilità degli abitanti in caso di occupazione dell’isola…

    La ricchezza di dati e le esatte informazioni dell’OSS erano il frutto della collaborazione tra i servizi segreti statunitensi e la Mafia italo-americana, un episodio contingente che peserà sul futuro della vita italiana e per alcuni settori come la droga dei paesi dell’intero blocco occidentale. Nonostante il tempo trascorso e che l’intera vicenda sia coperta da una cortina fumogena, a grandi linee se ne conoscono i punti essenziali. Al principio del 1942 i sommergibili tedeschi facevano strage del naviglio mercantile statuinitenze fin nel porto di New York. Calcolando il viaggio di andata e ritorno dalle basi atlantiche in Francia essi non avrebbero potuto rimanere in zona per più di una dozzina di giorni, mentre in realtà vi restavano per settimane e anche per mesi. Tra le ipotesi formulate dal Naval Intelligence vi era quella che pescherecci battenti bandiera a stelle e striscie li rifornissero ma, nonostante un capillare lavoro di spionaggio, il comandante del Naval Intelligence Charles Heffenden non era riuscito a venirne a capo. Nel corso delle indagini fu però ingormato che qualche aiuto avrebbe potuto esergli fornito dal capo del mercato del pesce, Joe Socks, alias l’immigrato siciliano Giuseppe Lanza. Socks, ‘da buon americano’ accettò di occuparsi della faccenda e dopo qualche tempo andò fa Hefferden e gli comunicò candidamente: ‘Solo una persona ha il potere di suonare la mobilitazione generale: Lucky Luciano’. Vinta ogni perplessità gli agenti del controspionaggio americano interpellarono il legale di Luciano, Moses Polakoff, il quale rispose con un laconico ‘per me và bene’. ‘Chi ci assicura – chiesero gli agenti – che Luciano non sia ancora legato sentimentalmente alla sua patria di origine?…’. L’assicurazione venne fornita da Mayer Lansky, un ebreo già implicato nell’assassinio del ‘boss’ Maranzano e in seguito generoso finanziatore di Israele: ‘Luciano è contro Hitler e Mussolini…’. Alcuni giorni dopo Frank Costello, Willie Moretti [in padrino di Frank Sinistra...] e Joe Adonis consegnarono al Naval Intelligence i rifornitori degli U-boot tedeschi, un gruppo di greci che per il loro lavoro erano stati pagati a peso d’oro. Luciano, che dalla propia cella aveva diretto l’operazione, ebbe in premio il trasferimento nella ben più accogliente colonia agricola di Great Meadows.
    Quando all’inzio del 1943 si delineò il piano di sbarco in Sicilia gli americani si preoccuparono di preparare alle loro truppe destinate all’isola un terreno favorevole, un’atmosfera amichevole, una popolazione che li accogliesse [anche allora] da ‘liberatori’. Inoltre necessitava loro qualcuno che sapesse prendere in pugno la situazione e assumesse cariche pubbliche una volta consolidata l’occupazione. Il problema fu affidato ancora a Lucky Luciano che, come si vedrà, seppe risolverlo da par suo ricevendone in cambio la revisione del processo e a guerra finita la libertà.

    A giudicarlo oggi il Canale di Sicilia nel giugno del 1943 rappresentava per gli italiani quello che sarebbe stato per i tedeschi il Reno nel marzo del 1945. Una specie di estremo bastione il cui superamento avrebbe posto fine alla guerra. Questo modo di vedere spiega il livello a cui era sceso il morale delle truppe italiane e della popolazione civile, che al momento dell’invasione non seppero trovare la forza di reazione che le avevano caratterizzate dopo Caporetto. Del resto ormai l’alternativa era o la colonizzazione dell’Italia da parte dei vincitori anglo-americani o un maggiore asservimento agli alleati tedeschi. L’indipendenza dell’Italia era stata persa nel corso del conflitto. Mussolini tentò di rinvigorire la volontà di difesa con il famoso discorso del ‘bagnasciuga’ [termine improprio di ‘battigia’] il 24 giugno, ma senza ottenere grande successo. Il ‘consenso’, scomparso nell’inverno 1940-41 e poi riaccesosi in modo effimero nell’estate del 1942, era ormai del tutto volatilizzato e questo anche a causa dei bombardamenti aerei e delle pessime condizioni alimentari italiane, di gran lunga peggiori di quelle tedesche. La sproporzione esistente tra l’Italia e le altre potenze impegnate nella guerra era poi particolarmente marcata. Nel primo semestre del 1943 l’Italia riusciva a produrre in media mensile 100 carri armati e 400 aerei in confronto ai 300 e 1.000 del Giappone, ai 600 e 1.500 della Germania, agli 800 e 700 della Gran Bretagna, ai 1.500 e 1.500 dell’URSS e ai 6.000 e 7.000 degli Stati Uniti.

    Quantunque la superiorità del nemico avrebbe finito comunque col decidere l’esito dell’invasione della Sicilia e di conseguenza dell’intero conflitto, ciò non di meno il contributo dato dalla Mafia italo-americana alla sua riuscita finale fu rilevante e insostituibile. Dopo il ‘sì’ datogli dagli agenti americani alla sua offerta di collaborazione nel gennaio del 1943 Lucky Luciano aveva messo in moto il feudatario di Villalba Don Calogero Vizzini. ‘Don Calò’ in breve tempo divenne tramite principale tra politica, separatismo siciliano e clero. Nipote di due vescovi e con due fratelli preti, implicato in 51 omicidi, accolto con grandi onori in tutte le case nobiliari, gli era stato facile far avere a Lucky Luciano non soltanto una lista di 850 persone ‘sicure’, ma anche organizzare le azioni di sabotaggio che ebbero luogo nel Palermitano e nel Trapanese, cioè nelle zone più mafiose dell’isola, azioni che culminarono nell’attacco all’aeroporto di Gerbini, sede di un gruppo di aerei da caccia tedeschi. Come ha fatto notare Franco Bandini, tre settimane prima dello sbarco alleato, un gruppo di circa duecento uomini in uniforme era stato sbarcato con l’incarico di attaccare alle spalle i capisaldi italiani al momento dell’inizio delle operazioni. Furono questi uomini che eliminarono il giorno dell’invasione buona parte delle sentinelle e distrussero i centri di comunicazione, di illuminazione e direzione di tiro sulle coste interessate allo sbarco. Furono inoltre essi che, parlando in purissimo siciliano, guidarono per le stradine più comode e sicure verso l’interno le colonne americane che avevano preso terra. A finale di ciò il 14 luglio 1943, nella parte dell’isola ancora sotto controllo italiano, alle ore 8 del mattino un caccia americano con una coccarda gialla su cui spiccava una ‘L’ nera sorvolò Villalba lasciando cadere accanto alla canonica del fratello di ‘Don Calò’ una busta contenente un fazzoletto giallo con lo steso marchio. La raccolse un soldato di Bari il quale la consegnò ai carabinieri, i quali non vollero approfondire lo strano episodio. Una seconda identica busta venne lasciata cadere anche sulla casa di campagna di Vizzini. Era l’annuncio che il giorno 20 sarebbero arrivati in paese gli americani. Quel giorno puntualmente due carri armati raggiunsero la località. Sulle torrette portavano la medesima insegna, una grande ‘L’ nera che stava a significare ‘Luciano’. Nel 1922 Vizzini aveva spedito a New York da Lucky un suo massaro pluriomicida e ricercato. Analfabeta questi aveva portato con sé un fazzoletto giallo sul quale erano ricamate le due lettere ‘C’ e ‘V’. Lucky aveva inteso il messaggio ed era ricorso allo steso sistema. Torniamo ora al racconto di Franco Bandini…

    … Don Calogero venne prelevato… e scomparve per una settimana. Sono state fornite prove convincenti che egli sovrintese, con i suoi compari di mafia, alla incruenta marcia delle due colonne di Patton su Palermo. Da qualcuno si vuole che in uno dei due carri vi fosse Lucky Luciano in persona. Questo potrebbe essere ma non è mai stato provato…

    In Sicilia comunque vi erano due suoi luogotenenti. Uno era Vito Genovese, la cui fede fascista si era squagliata al calare delle fortune del regime, l’altro Albert Anastasia, il quale indossava l’uniforme dei ‘liberatori’. Giunti a Palermo gli americani non accontentarono i loro sogni separatistici ed istallarono nel capoluogo una loro amministrazione militare, la AMGOT [creata il 17 luglio]. A capo di questa posero Charles Poletti, colonnello dei servizi informativi, oriundo italiano e più o meno legato agli ambienti mafiosi. Questi ricevette quello stesso anno la Laurea ad honorem dall’Università di Palermo. Dell’AMGOT facevano parte anche Damiano Lumia, nipote di don Calogero Vizzini, e Vito Genovese, quest’ultimo con l’incarico di ‘interprete uffciale’. Lo stesso Vizzini assunse la carica di sindaco di Villalba e Genco Russo, sua mano destra, quella di sindaco di Mussomeli. Altri loro amici andarono ad amministrare 62 dei 76 comuni della provincia di Palermo.

    Il separatismo in Sicilia era un fenomeno di vecchia data, anche se fino ad allora si era limitato a pochi intellettuali e la sua scarsa entità non costituiva alcuna seria piattaforma insurrezionale. Dopo l’occupazione della Sicilia da parte degli americani esso prese assai maggiore consistenza. Fu Andrea Finocchiaro Aprile [nato nel 1878...] a fondare ufficialmente il movimento separatista siciliano il 31 luglio 1943. Dopo l’armistizio tra Italia e gli Alleati le possibilità di successo della causa separatista incominciarono pian piano a ridursi e il 30 settembre 1945, dopo la fine del conflitto, Finocchiaro Aprile venne arrestato dalle autorità italiane e confinato a Ponza, dove rimase fino al 3 marzo 1946. Braccio armato del movimento divenne quindi l’EVIS [Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia], il quale si diede una bandiera modellata su quella americana e pose la propria roccaforte a Montelepre, in provincia di Palermo. Comandante dell’EVIS fu il famigerato ‘colonnello’ Salvatore Giuliano, vice-comandante il suo braccio destro Salvatore Pisciotta. Tra il 1945 e il 1946 Giuliano causò oltre cento morti al Regio Esercito, il quale dovette impiegare contro gli insorti l’artiglieria. Nel maggio 1946 Roma promise l’autonomia alla Sicilia. Questo fatto e la proclamazione della Repubblica Italiana [2 giugno 1946] segnarono la fine del movimento separatista. Salvatore Giuliano continuò la sua attività di bandito senza più motivazioni politiche, fino alla sua tragica e misteriosa morte avvenuta nel luglio 1950.

    La ‘morale’ dell’intera vicenda è molto semplice: grazie agli anglo-americani, la seconda guerra mondiale rappresentò per la Mafia l'occasione d'oro per una rigogliosa rinascita, come i fatti hanno dimostrato ampiamente. Si suol dire oggi, da chi intende sminuirne il successo, che il fascismo non debellò la Mafia, semplicemente la costrinse all'inazione, tant'è vero che poi si ridestò più forte di prima. Se fu poco, perché i governi del dopoguerra non hanno ottenuto almeno il medesimo risultato?… Basterebbe…. Senza più delitti ed attività criminale, la Mafia si ridurrebbe ad una patetica, folcloristica conventicola segreta che non darebbe noia e non farebbe più paura a nessuno…



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    Nobis ardua

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  7. #17
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    De coccio... io ho detto che i fascisti avevano fatto in modo che l'Italia fosse occupata dai tedeschi... perchè era l'unico modo che avevano per recuperare il potere (cosa che gli riuscì nel Nord, Salò, ma non nel centro sud dove lo sbarco americano prevenne il crollo della monarchia).

    poi ognuno legge e capisce ciò che vuole...

  8. #18
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    Talking ... il Nobel bisogna pur guadagnarselo!...

    cari amici
    è evidente che chi ambisce al prestigioso Nobel all'imbecillità idiota [visti anche i 'temibili' concorrenti in circolazione ...], deve dimostrare di sparare imbecillate veramente 'mega' e di ciò possiamo dar atto al nostro amico 'volante'...

    Quanto a me, in attesa di raccogliere un poco dell'abbondante materiale in corcolazione che dimostra in maniera incontrovertibile chi abbia avuto la responsabilità di aver causato l'invasione dell'Italia da parte dei tedeschi nel corso dell'estate del 1943, propongo al lettore alcune brevi righe tratte da I bombardamenti dei ‘liberatori’ di Mauro Franciolini. Al di là di tante chiacchere che rivelano non solo ignoranza, ma anche e soprattutto imbecillità, quanto ora si leggerà servirà certamente al lettore per farsi un'idea più chiara dei fatti che stiamo esaminando. E' superfluo notare che gli eventi qui trattati sono sempre cronologicamente inseriti nel periodo di tempo compreso tra la caduta del fascismo [25 luglio 1943] e l'armistizio [8 settembre 1943]...

    Naturalmente... buona lettura!...




    La caduta di Mussolini in seguito agli avvenimenti del 25 luglio aveva generato in molti italiani l'illusione che anche la guerra dovesse cessare, risparmiando ulteriori lutti e distruzioni. Illusione svanita subito nella notte fra il 7 e l'8 agosto 1943 quando, Milano, Torino e Genova, subirono il contemporaneo e duro attacco della R.A.F. In quella notte 201 tonnellate di bombe esplosive e spezzoni incendiari si riversarono su Milano, 195 tonnellate su Torino e 169 su Genova. Queste incursioni non dovevano rappresentare che un ‘assaggio’ di quanto sarebbe successo nei mesi successivi.
    L'11 agosto un massiccio bombardamento devastò la città di Terni seppellendo sotto le macerie centinaia di vittime. Il 13 agosto anche Roma, appena dichiarata ‘città aperta’, fu violata da circa 500 tonnellate di bombe americane che provocarono circa 2.000 morti e notevoli danni.
    La notte del 13 agosto su Torino caddero 244 tonnellate di bombe e la notte del 17 agosto altre 248 tonnellate. Milano, 12 / 16 agosto 1943. Il più feroce attacco che mai avesse subito, sino a quel momento, una città italiana fu quello su Milano nella notte fra il 12 e il 13 agosto. 504 bombardieri inglesi rovesciarono sulla città 1.252 tonnellate di bombe e spezzoni incendiari. Due giorni dopo, nella notte del 15 agosto, 140 bombardieri inglesi scaricarono altre 415 tonnellate di esplosivi. Non era ancora finita. Nella notte del 16 agosto si presentarono nel cielo della città 199 bombardieri che scaricarono altre 601 tonnellate di ordigni mortali. In quattro giorni Milano fu martirizzata da 2.268 tonnellate di bombe sganciate da 843 aerei della R.A.F. inglese. Il bilancio finale fu drammatico. 239 industrie colpite, distrutte o gravemente danneggiate, 11.700 edifici abbattuti, più di 15.000 quelli danneggiati, le centrali elettriche irreparabilmente bloccate, la rete di trasporti e di comunicazioni quasi totalmente inservibili, centinaia i morti.
    In quella prima metà di agosto 1943 caddero dunque sui centri principali dell'Italia settentrionale 3.325 tonnellate di esplosivo. Il 28 agosto furono poi bombardate Taranto, Cosenza e a seguire Novara, Foggia, Salerno, Crotone, Viterbo, Avellino, Lecce, Bari, Orte, Cagliari, Carbonia, Civitavecchia, Benevento. Frascati fu rasa al suolo e migliaia furono i morti[*]. Il 1 settembre 1943 fu distrutta Pescara, città completamente priva di difesa antiaerea.

    In tempi più recenti sono venuti alla luce documenti che dimostrano in modo incontrovertibile quali fossero i reali ‘obiettivi strategici’ perseguiti dagli anglo-americani nei confronti dell’Italia. Nel 1973 il Public Record Office di Londra rendeva pubblici i documenti relativi ai bombardamenti inglesi sull'Italia. Queste notizie, attestate in modo incontestabile dalle autorità inglesi, portarono a conoscenza di un piano a lunga scadenza, elaborato nei minimi particolari, che avrebbe previsto un diluvio di fuoco sull'Italia. Secondo tale progetto, gli anglo-americani avrebbero dovuto scaricare sull'Italia del nord, in un periodo compreso fra il settembre 1943 e il febbraio 1944 qualcosa come 45.000 tonnellate di esplosivo!… Nella serie di tali documenti, corredati da numerose mappe raffiguranti gli obiettivi principali, fa spicco un eloquente messaggio inviato dal direttore delle ‘Operazioni di bombardamento’, Commodoro Bufton, al direttore dei ‘Piani di bombardamento’, Commodoro Elliot. Nello scritto, che reca la data del 29 luglio 1943, si legge anche: ‘Stabilita l'opportunità di attaccare l'Italia, ci proponiamo di trasportare sugli obiettivi del Nord circa 3.000 tonnellate di bombe nel mese di agosto, 8.000 tonnellate nei mesi di settembre e di ottobre e 6.500 tonnellate in ciascuno dei mesi invernali, se le condizioni atmosferiche saranno favorevoli...’. I bombardamenti dell'agosto 1943 non furono quindi solo ‘avvertimenti’ o ‘pungoli’ per accelerare la firma di una resa, ma rientravano in un piano programmato che, come per numerose città tedesche, prevedeva la totale distruzione dei centri vitali della nazione mediante il sistema dei cosiddetti bombardamenti ‘a tappeto’. Negli ultimi tre mesi del 1943 i bombardamenti terroristici anglo-americani provocarono 6.500 morti e circa 11.000 feriti, distruggendo e danneggiando migliaia di edifici.
    [*]Il bombardamento di Frascati ha un singolare retroscena che merita di essere conosciuto. Il 1° settembre 1943 re Vittorio Emanuele III riceveva al Quirinale il nuovo ambasciatore tedesco Rudolf Rahn, che aveva sostituito von Mackensen, 'silurato' da Hitler per non essere stato in grado di 'prevedere' il colpo di stato del 25 luglio che aveva estromesso dal potere Mussolini. Al momento del congedo il re pregava Rahn di comunicare al Fuehrer quanto segue: 'L'Italia non capitolerà mai. Essa è lagata alla Germania per la vita e per la morte!...'. Quasi contemporaneamente [suovava mezzogiorno...] 135 bombardieri B17 rovesciavano su Frascati 389 tonnellate di bombe, uccidendo 6.000 degli 11.000 abitanti. Costoro pagavano con la vita la superficialità degli italiani. Era sucesso infatti che il generale Castellano, incaricato di concordare con gli alleati le condizioni dell'armistizio e del successivo 'ribaltamento di alleanze', nell'intento di guadagnare la 'fiducia' da parte degli anglo-americani aveva rivelato che il quartier generale tedesco in Italia aveva sede a Frascati. Il guaio fù che l'informazione era inesatta, in quanto il suddetto quartier generale non si trovava proprio a Frascati, ma in alcune ville nelle vicinanze, tra Montecavo e Grottaferrata, tra le quali la celebre Villa Aldobrandini. Così i tedeschi se la cavarono con poche decine di morti, quelli di loro che si trovavano a Frascati, e il loro quartier generale continuò a funzionare regolarmente [n.d.r.]



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  9. #19
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    In origine postato da Aeroplanino
    Pieffebi, per caso l'ho risentito ieri e di liberazioni da dittature proprio non ne ha parlato proprio!
    Giuro!!!

    E sai dove l'ho sentito? Da Fede!

    Mica vorrai mettere in dubbio il montaggio fatto da lui?

    Riguardo al fascismo: una volta per tutte... La vergogna comincia dalla Marcia su Roma, ed ancora prima. Non c'è un fascismo buono ed uno cattivo, in quanto il fascismo ha dal suo germe l'idea di sovvertire l'ordinamento statale, e di limitare le libertà del popolo. Ed in questo la differenza con la Rivoluzione Russa è lampante: i comunisti leninisti abbattevano una delle peggiori dittature che mai la storia abbia vissuto, quella zarista, che fino a pochi anni prima della sua caduta utilizzava la servitù della gleba... il fascismo puntava al potere distruggendo invece una monarchia di fatto, per l'epoca, relativamente illuminata, con un parlamento sovrano ed un suffragio decisamente al passo coi tempi, utilizzando il populismo più becero e la violenza.

    Cacca e cioccolato.

    L'evoluzione poi del comunismo è stata, molto rapidamente, quella di una dittatura classica, molto simile al fascismo o al nazismo, ma quello è un altro discorso. Gli americani, insieme ai Resistenti, ci liberarono dalla dittatura che ci opprimeva da vent'anni, e di fatto anche dalla monarchia che l'aveva avvallata. La presenza dei tedeschi, così come dei repubblichini, era un fatto marginale e diretta conseguenza delle scelte fasciste, e pur brillando in ferocia non si può certo definire predominante!!!

    Non scherziamo, via!
    Io l'ho sentito sulla Rai, e ha parlato di liberazione da una dittatura......

  10. #20
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    Ho letto da qualche parte che nel 1943 (fine settembre)- 1945 (aprile) la dittatura repubblichina non esisteva ancora. In effetti se si accetta l'ipotesi dello stato fantoccio di Hitler....è vero. Ma solo se si accette detta ipotesi. Il resto si commenta da solo.

    Saluti liberali

 

 
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