La fuoriuscita di Bossi fa sbandare truppe valligiane già incerte


La Lega non tira più


Ricordate lo slogan di Bossi: «La Lega ce l’ha duro?» Esprimeva al meglio la sua natura di uomo volgare, machista, gretto. E soprattutto senza etica e senza neppure un programma politico. Nella sua vita ha promesso di tutto: dalla rivoluzione alla devoluzione, termine arcano di cui il nostro sempliciotto s’è subito innamorato. Ha promesso di ridurre le tasse, non già di farle pagare ai ricchi che le evadono regolarmente piagando i bilanci pubblici: no, lui ha promesso proprio di toglierle, senza peraltro spiegare con quali soldi avrebbe poi pagato gli stipendi dei medici della mutua, dei carabinieri, degli insegnanti eccetera. Poi ha promesso di ripulire il parlamento dai ladroni; poi ha promesso, anche lui, posti di lavori. E poi ha promesso tutto quello che il popolino dei leghisti gli ha chiesto in migliaia di sagre di paese. E non ha mantenuto nulla. Anzi, si è imbrancato con i peggiori politici che metteva alla gogna. Per anni ha imprecato contro Berluska e adesso è il suo sciacquino; per anni ha tuonato contro Roma Ladrona, e adesso è ministro di un governo che, quanto a ladronaggine, è peggiore di quelli della Prima Repubblica.
Ma gli elettori di Bossi non l’hanno abbandonato per questo. Bisogna capirli: sono sempliciotti per la maggior parte ignoranti come buoi e talmente grezzi ed egoisti che pochi giorni fa hanno proposto e fatto votare in parlamento la legalizzazione della tortura. Questi cialtroni erano paghi di una cosa sola: avere un capo che, campione degli ignoranti, sembrava nobilitare anche l’ignoranza loro, sbandierata come segnacolo di furbizia contrapposta all’intelligenza, di tornacontismo individuale antagonista del solidarismo, di prestanza fisica (!) umiliante ogni forma di handicap.
Poi Bossi s’è inceppato. Fumo, alcol e stress hanno propiziato un inceppo cardiaco che ha ridotto il tribuno allo stato larvale. Altro che duce duro. Lo slogan non tira più. E non tira più neppure la Lega, che con Bossi s’identificava.
Lega moscia anche in Valle, dove il callido Davide Caparini è ridotto a comprare spazi su telemarchetta per reiterare le sue panzane e dove il candidato leghista alla provinciali, tal Cè, non ha la minima possibilità di piazzarsi: l’unica sua speranza di tornaconto è vendere i voti a Forza Italia e ad An nell’eventualità di un secondo turno.
Le schiere delle camicie verdi, deprivate del capo, sono si sfaldano alla chetichella, vergognosi, come tifosi della Virtus Camuna dopo la retrocessione. Definitiva.



Sinceramente ignoro l'autore di quest'articolo che ho trovato,ma gode senz'altro della mia stima