Da l'unità
Gino Strada è arrivato in Iraq. Proverà a farsi consegnare gli ostaggi
di red
Gino Strada, fondatore di Emergency, è in Iraq per provare a
sbloccare la situazione degli ostaggi italiani. Da Emergency fa
sapere che nessuno ha «la titolarità esclusiva della vicenda» e che
l'iniziativa è stata presa proprio nel momento in cui si è ventilata
la possibilità di un rilascio dei tre ad una delegazione pacifista.
L'associazione ci tiene a dire che si tratta esclusivamente di
una «missione umanitaria».
A dare conferma della missione è anche il Campo Antimperialista che
nei giorni scorsi ha conquistato le prime pagine dei giornali
sostenendo di aver trattato con Al Kubaisi, l'esponente dell'alleanza
patriottica, la possibilità di inviare una delegazione di pacifisti
per ottenere il rilascio degli ostaggi. Possibilità poi rivelatasi
infondata. Moreno Pasquinelli, leader del Campo, ha comunque detto
che già mercoledì sera un'altra delegazione di pacifisti potrebbe
partire per l'Iraq per raggiungere Gino Strada. Secondo Pasquinelli
lo stesso Kubaisi aveva chiesto una lista di esponenti del mondo
pacifista che contenesse il nome di Gino Strada.
Il fondatore di Emergency è arrivato in Iraq a capo di una piccola
delegazione composta anche da Maso Notarianni, altro esponente
dell'associazione umanitaria. I due pacifisti sono arrivati in Iraq
da Amman e attualmente si trovano nella provincia di Baghdad e già da
oggi dovrebbero avere un contatto con un emissario di Al Kubaisi per
stabilire le nuove mosse. Kubaisi infatti è in viaggio per l'Europa e
ha lasciato ai suoi uomini indicazioni specifiche dopo gli incontri
avuti ad Amman con Strada.
http://www.unita.it/index.asp?topic_...topic_id=34232
C'è un'altra Strada per salvare gli ostaggi
Dopo il fallimento del Sismi il fondatore di Emergency è ad Amman: a
nome dei pacifisti italiani, lavora per riportare a casa i tre
bodyguard sequestrati. Al Kubaisi: possono consegnarli a lui ma non
al governo, né alla Croce rossa
ALESSANDRO MANTOVANI
ROMA
Le trattative del Sismi hanno fatto un buco nell'acqua e il governo
sceglie la censura televisiva per nasconderne il fallimento. Ma c'è
ancora una speranza di salvare la vita di Maurizio Agliana, Umberto
Cupertino e Salvatore Stefio, i tre guardaspalle italiani sequestrati
in Iraq nei giorni di Pasqua. A cercare un contatto con chi li tiene
prigionieri, però, questa volta non è lo stato. E' un prestigioso
esponente dell'Italia che si è opposta all'attacco anglo-americano e
all'occupazione militare dell'Iraq, uno dei volti più noti di
quel «popolo della pace» che ha riempito le piazze del nostro paese.
Da due giorni Gino Strada ha lasciato il suo ospedale di Kabul per
andare ad Amman, in gran segreto. Nella capitale giordana, il
chirurgo e fondatore di Emergency ha incontrato Abduljabbar Al
Kubaisi, l'ex dirigente del partito Baath oggi a capo dell'Alleanza
patriottica irachena, e ora potrebbe proseguire per Baghdad: forse,
insomma, Al Kubaisi ha ragione quando afferma che gli ostaggi
potrebbero essere consegnati a chi presenta le credenziali del
movimento pacifista anziché quelle della Farnesina e di Palazzo
Chigi. «Non ha senso parlare di una trattativa, possiamo solo dire
che vale la pena di provarci. E che Gino, come esponente del
movimento pacifista, ha dato la sua disponibilità ed è partito», dice
da Milano Teresa Sarti, moglie di Strada e presidente di Emergency.
E' la conferma delle voci che si rincorrono nei palazzi romani e
nelle redazioni dei giornali. «Avremmo preferito non dire nulla -
commenta Sarti - Ci auguriamo che queste indiscrezioni, che non
sappiamo da dove provengano, non ostacolino il dialogo». «Emergency -
racconta la presidente - non ha preso alcun contatto con la
Farnesina, né con le famiglie dei tre italiani. Ci siamo mossi nella
più completa autonomia perché ci è stato spiegato in modo chiaro che
non c'era alcuna disponibilità a discutere o a trattare con chi fosse
legato al governo di Roma, che ha mandato in Iraq truppe di
occupazione». Questo discorso vale, com'è noto, anche per la Croce
rossa italiana, legata a doppio filo al governo e coprotagonista
delle fallite trattative per il rilascio degli ostaggi. Al Kubaisi
l'ha ripetuto più volte nelle dichiarazioni alla stampa italiana e
nella telefonata fatta al leader del Campo Antimperialista, Moreno
Pasquinelli, durante la manifestazione organizzata a San Pietro dai
parenti degli ostaggi, a qualche giorno dal comunicato dei rapitori
che invitava gli italiani a scendere in piazza contro Berlusconi e la
guerra in Iraq. Ad Amman il dirigente iracheno l'ha ribadito a Gino
Strada. I due, giorni fa, si erano sentiti una prima volta al
telefono, poi si sono visti nella capitale giordana. E prima ancora
della manifestazione di San Pietro Peace Reporter, l'agenzia di
informazione legata a Emergency, ha voluto rispondere alla richiesta
di manifestare contro la guerra: un video con un collage di immagini
dei grandi cortei pacifisti di questi due anni in Italia (dal 15
febbraio 2003 al 20 marzo scorso e al 25 aprile) è stato recapitato
alla tv satellitare di Dubai, Al Arabiya, il canale prescelto anche
dai sequestratori per diffondere alcuni dei messaggi firmati «Brigate
verdi di Maometto». Quei fotogrammi arcobaleno hanno fatto il giro
del mondo arabo per dimostrare che un bel pezzo della società
italiana non si identifica affatto con i soldati acquartierati a
Nassiriya, mentre Peace Reporter diffondeva un'intervista ad Al
Kubaisi, pubblicata anche dal manifesto il 29 maggio nel giorno della
marcia a San Pietro.
Ad Amman il dirigente iracheno ha ribadito il suo ottimismo a Gino
Strada. Al Kubaisi afferma di non avere rapporti diretti con i
sequestratori ma crede che il chirurgo di Emergency saprà chiarire
agli ulteriori mediatori, e attraverso loro a chi ha in mano la vita
di Agliana, Cupertino e Stefio, che quei tre non sono affatto i
responsabili del disastro iracheno, né della partecipazione italiana
all'occupazione. La stessa convinzione l'aveva già espressa nella
telefonata a Pasquinelli, con il quale ha rapporti da anni. E un
appello in questo senso viene anche da don Albino Bizzotto e dai
Beati costruttori di pace: «Consegnate a rappresentanti della società
civile italiana i tre italiani che sono nelle vostre mani», si legge
nell'appello del movimento pacifista cattolico, rivolto direttamente
alle «Brigate verdi».
Il personaggio che indica a Strada la via di Baghdad, vale la pena di
ricordarlo, è solo omonimo dello sceicco Abdel Salam Al Kubaisi,
leader religioso e membro del consiglio degli Ulema, che era stato il
mediatore decisivo per la liberazione degli ostaggi giapponesi. A
quest'ultimo, raffinato teologo e personaggio diversissimo dal primo,
si erano rivolte le autorità italiane e la Croce rossa, ma anche
alcune organizzazioni non governative che nei giorni scorsi avevano
cercato di fare qualcosa come Emergency. L'intervento degli Ulema,
però, questa volta non è stato risolutivo. E per il servizio segreto
militare sarebbe un terribile smacco se la mediazione decisiva
arrivasse ora dall'altro Al Kubaisi, quello che sta aiutando Strada a
cercare un canale di comunicazione con i sequestratori.
Gli 007, infatti, sulle prime l'avevano contattato. Ma poi, nelle
informazioni fatte arrivare alla stampa dalle varie «fonti
qualificate» del Sismi, Al Kubaisi era diventato un
personaggio «inattendibile» e «ininfluente». Pasquinelli e i suoi
compagni del Campo antimperialista hanno sempre detto il contrario. E
a questo punto sembra pensarla così anche Gino Strada, che non
conosceva Al Kubaisi ma conosce bene l'Iraq: Emergency lavora lì fin
dal `95 e sta costruendo un ospedale nella città santa di Kerbala. Se
il dirigente iracheno non racconta frottole e non si sbaglia, i tre
ostaggi potranno riprendere la via di casa. Senza passare da Palazzo
Chigi.
Il manifesto 5 maggio 2004 p. 4
Gino Strada, viaggio ad Amman per vedere il mediatore iracheno
MILANO –
E' un tentativo. Non ancora una trattativa. Gino Strada è arrivato ad
Amman due giorni fa, e ha incontrato per tre volte Abdul Jabaar Al
Kubaisi, il più influente esponente dell'Alleanza nazionale
patriottica. L'uomo che si è proposto ai pacifisti italiani
come «mediatore», che a lungo ha vissuto in Europa, ma che non
risulta avere cariche particolari all'interno della società irachena.
Personaggio dalla credibilità piuttosto dubbia. Nell'apparente vuoto
pneumatico di questi giorni, è comunque qualcosa. Il fondatore
dell'organizzazione umanitaria «Emergency» aveva già dato la sua
disponibilità a provare. E' un nome conosciuto anche in Iraq, dalla
sua ha un solido capitale costituito dal pacifismo «duro» e
soprattutto dal lavoro svolto sul campo. Tre giorni fa è partito
all'improvviso da Kabul, dove stava lavorando nel nuovo ospedale
aperto nella capitale afghana, ed è volato in Giordania. L'uomo che
ha incontrato ad Amman si era offerto nei giorni scorsi a Moreno
Pasquinelli, portavoce internazionale del Campo Antimperialista. E'
lui il «contatto» di quello che per adesso è un gesto di buona
volontà. Fare qualcosa per sbloccare lo stallo di una trattativa che
sembra arenata. Soprattutto, capire se «questo» Al Kubaisi, da non
confondere con l'omonimo Mohammed Al Kubaisi, segretario generale del
consiglio degli Ulema, il massimo organismo religioso della comunità
sunnita, è una persona che ha veramente qualcosa da offrire. Due
settimane fa Pasquinelli ha fatto da ponte per una intervista di
Abdul Jabaar Al Kubaisi con Peace reporter, il giornale pacifista
online nato da una costola di Emergency e della Misna, l'agenzia di
stampa dei missionari. Durante quel colloquio, Emergency si è detta
disponibile a rendersi utile. Erano i giorni in cui i contatti tra il
nostro governo e la banda che ha sequestrato le tre guardie del corpo
italiane sembravano interrotti bruscamente. Peace report ha poi
montato e spedito ad Al Arabiya e Al Jazira il filmato che mostrava
le manifestazioni per il rilascio degli ostaggi. Da allora, le
telefonate con Al Kubaisi si sono fatte più frequenti. Strada gli ha
confermato la propria disponibilità a trattare di persona; dall'altra
parte mostravano di gradire, aggiungendo però di non essere in grado
di fornire «novità sostanziali». Poi la decisione del fondatore di
Emergency: annullare tutti gli impegni a Kabul e dirigersi in
Giordania. In completa autonomia. Lo scorso 29 aprile, Jabbar Al
Kubaisi ha telefonato a Moreno Pasquinelli. Il succo del suo
messaggio: i tre ostaggi possono essere liberati, ma a una precisa
condizione. Chi li tiene prigionieri è disposto a rilasciarli solo a
una organizzazione pacifista. Messaggio strano, concordano gli
analisti, probabilmente inattendibile. Ma almeno è qualcosa, una
traccia. Più pacifista di Gino Strada e della sua Emergency non c'è
nessuno. Lui ha le carte in regola. E' ad Amman per capire se le ha
anche «questo» Al Kubaisi, o se il suo è solo un bluff sulla pelle di
tre prigionieri italiani.
Marco Imarisio
Corriere della sera 5 maggio 2004