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  1. #91
    SENATORE di POL
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    Il generale che è all'origine delle inchieste ..... ha espresso chiaramente il suo pensiero. Ognuno può leggere. Io non faccio processi sommari ......ne' contorsionismi pseudo logici, ne' congetture.

    Torniamo alle cose serie, visto che chiunque può constatare quello che ha detto il generale AMERICANO che ha indagato a fondo sul fenomeno innanzi al Congresso.
    Gli sputasentenze da tribunale del popolo non mi sono mai parsi altro che tali.

    Tornando al tema e alle cose serie, quindi...Il posto naturale di quanto segue in effetti è qui:

    Personalmente concordo almeno al 95% con questo articolo del direttore del Corsera

    " Via dal Pentagono per il bene dell’America
    Il caso Rumsfeld e l'amico italiano
    di Stefano Folli

    Non crediamo che il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, sia stato convincente davanti al Congresso. Le scuse offerte all’opinione pubblica sono il minimo che ci si poteva attendere, rispetto alla gravità dello scandalo di Abu Ghraib. Ma sono parole. In democrazia, quando si ammette una responsabilità, esiste un solo modo per essere credibili: pagare di persona. Rumsfeld ha escluso di farlo e ha accusato, anzi, i suoi avversari di voler alimentare «un caso politico» intorno alle rivelazioni sulle torture. Con ciò l’amministrazione americana, se davvero intende coprire e sostenere il segretario alla Difesa, dimostra di non aver compreso la gravità senza precedenti della vicenda in atto.

    Tutto lascia presumere che il peggio in questa storia debba ancora venire a galla. Non solo riguardo alle efferatezze compiute e a chi ne era informato, ma soprattutto per le conseguenze, queste sì politiche, destinate a colpire in forme devastanti l’immagine dell’America e il suo sistema di relazioni. Perciò lo scandalo non è solo un affare interno agli Stati Uniti e alle sue forze armate, come si vorrebbe a Washington, ma tocca molto da vicino gli alleati. In particolare quelli, come la Gran Bretagna e l’Italia, che hanno condiviso i rischi dell’avventura irachena e si sono sforzati di vedere una strategia razionale nei comportamenti confusi e contraddittori della Casa Bianca.

    Quel che Rumsfeld dice o non dice riguarda dunque anche i governi di Londra e di Roma. Nel momento in cui si accetta che la lotta al terrorismo costituisca la priorità assoluta, nel momento in cui si riconosce, giustamente, che gli Stati Uniti non devono essere lasciati soli, si acquisisce il diritto di essere ascoltati su un piede di dignitosa parità. Come alleati che hanno pagato un prezzo di sangue e rischiano ogni giorno. Nel segno di una spedizione che doveva essere di pace e si è trasformata in tutt’altro.

    L’Italia può accettarlo. Può accettare di condividere fino in fondo la responsabilità di una missione volta a dare stabilità all’Iraq. Ma non può accettare che il ruolo dell’America, forza occupante, assomigli a quello della Francia in Algeria. Quindi, non può dichiararsi estranea al destino di Rumsfeld, l’uomo simbolo di una politica fallimentare che getta nello sconforto non i nemici degli Stati Uniti, bensì i suoi amici. Il ministro degli Esteri Frattini ha detto che l’Italia vuole coinvolgere i Paesi arabi moderati in un grande disegno strategico. Ottima intenzione: ma come pensa di riuscirci se Rumsfeld resta al suo posto e se ogni giorno i siti Internet offrono ai giornali di tutto il mondo una serie inesauribile di immagini stomachevoli, umilianti per qualsiasi arabo e per ogni musulmano? Il discredito dell’amministrazione Bush finirebbe per abbattersi sugli alleati, soprattutto quelli che si vantano di essere in prima fila.

    Come ha scritto un commentatore americano, Bin Laden ha ottenuto con lo scandalo delle torture una vittoria più grande di quella che spuntò l’11 settembre. C’è una sola strada: che Rumsfeld lasci il suo posto. L’Italia, non meno della Gran Bretagna di Blair, deve utilizzare tutti i suoi canali diplomatici e premere sulla Casa Bianca. Nessuno potrebbe dubitare dell’amicizia del governo Berlusconi verso l’attuale amministrazione. Proprio per questo, la nostra voce avrebbe qualche probabilità di essere ascoltata. Manca meno di un mese al 60° anniversario della liberazione di Roma. Non lasciar sola l’America vuol dire anche aiutarla a ritrovare se stessa, insieme a un po’ dello spirito di quei giorni lontani. Il primo passo è che Rumsfeld lasci il Pentagono. Per il bene dell’America e dei suoi amici nel mondo.
    9 maggio 2004
    "

    Sono i militari e alcuni politici e intellettuali di tendenza "neoconservatrice" i più convinti sostenitori della necessità che mr. Rumsfeld si dimetta. E hanno ragione.

    Saluti liberali

  2. #92
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    In origine postato da Pieffebi
    Il generale che è all'origine delle inchieste .....
    L'origine dell'inchiesta SONO LE FOTO CHE SONO TRAPELATE E FINITE SU TUTTI I GIORNALI DI QUESTO PIANETA.... NON IL RAPPORTO TAGUBA ORIGINARIAMENTE DESTINATO AI CASSETTI DEL PENTAGONO....

    Taguba CONFERMA IL COINVOLGIMENTO DELL'INTELLIGENCE, NONCHE' DI GEOFFREY MILLER...

    Come da cio' sia possibile desumere che le torture siano opera di 4 soldatini lo sai solo tu....

    Per saperne di piu' sugli ordini, basta leggersi quello che dice il corriere...

    http://www.corriere.it/Primo_Piano/E.../manuale.shtml

  3. #93
    SENATORE di POL
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    1) io, a differenza di te, non desumo niente;
    2) le inchieste sono state condotte da ufficili dell'esercito americano che hanno fatto e firmato rapporti ufficiali;
    3) (autocensura)

    Buona Notte

  4. #94
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    In origine postato da Pieffebi
    2) le inchieste sono state condotte da ufficili dell'esercito americano che hanno fatto e firmato rapporti ufficiali;
    Non solo...

    Ci sono le inchieste della Croce Rossa, di Amnesty dell'Human Rights Watch, del NYT, del Washington Post, della CBS, e sopratutto ci sono le foto che sono TRAPELATE PER ERRORE...

    Le inchieste interne SONO EMERSE DOPO che lo sputtanamento era gia' avvenuto....

    Non solo, lo sputtanamento in diretta e' STATO RITARDATO DAL PENTAGONO CHE HA BLOCCATO LA CBS IN MODO DA OTTENERE IL TEMPO DI PREPARARSI....

    Ed io, come te, non desumo, mi limito a citare INTEGRALMENTE TUTTE LE FONTI DISPONIBILI CHE, PURTOPPO PER I GUERRAFESSI COME TE, CI DICONO ESATTAMENTE LA STESSA COSA: LE TORTURE SONO AVVENUTE SU ORDINI PRECISI....

  5. #95
    SENATORE di POL
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    da www.ansa.it



    IRAQ: TORTURE; SI SPACCA BANDA DI ORRORI DI ABU GHRAIB
    IRAQ: TORTURE; SI SPACCA BANDA DI ORRORI DI ABU GHRAIB/ANSA IMPUTATO ACCUSA ALTRI, MA FORSE SOLO 15 MINUTI DI PROCESSO (ANSA) - NEW YORK, 13 MAG - Il soldato Jeremy va per la sua strada, lascia la banda delle sevizie e si prepara a diventare il primo pentito di Abu Ghraib. A una settimana dal primo processo contro i militari responsabili degli abusi compiuti e fotografati nel carcere di Baghdad, Jeremy Sivits e' stato separato dal resto del gruppo degli imputati, confermando le indiscrezioni secondo le quali il giovane soldato della Pennsylvania ha raggiunto un accordo con i procuratori militari. Quando Sivits comparira' di fronte ad una corte marziale speciale mercoledi' prossimo, nel Convention Center di Baghdad, il suo processo potrebbe provocare disappunto tra gli iracheni ai quali gli Usa hanno promesso una prima occasione per vedere in azione la giustizia americana contro i colpevoli. L'accordo con i procuratori - pena ridotta in cambio dell'ammissione di colpevolezza e di testimonianze contro gli altri imputati - con ogni probabilita' trasformera' il processo in un rapido patteggiamento: 15 minuti o poco piu'. Sivits, un meccanico di 24 anni, e' uno dei sette soldati della 320ma compagnia di polizia militare ad essere stati fino ad ora incriminati per gli abusi. Una di loro, la soldatessa Lynndie England - la protagonista di gran parte delle foto - e' confinata nella base dello forze speciali di Fort Bragg, in Nord Carolina. Gli altri sei hanno invece diviso fino ad ora una tenda comune in una base militare a Baghdad, dalla quale adesso e' stato allontanato Sivits. La circostanza ha lasciato perplessi gli esperti legali negli Usa, che hanno sottolineato come di solito persone incriminate per uno stesso reato vengano tenute separate, per evitare che concordino versioni difensive. Ma Sivits potrebbe essere stato lasciato con gli altri per spiarli e poi accusarli nei loro processi. Il portavoce delle forze militari della coalizione a Baghdad, generale Mark Kimmitt, ha annunciato che altri due dei sette sospetti della 320ma compagnia sono stati incriminati, dopo Sivits: si tratta dei sergenti Javal Davis e Ivan Frederick. Entrambi finiranno pero' di fronte ad una corte marziale ordinaria, che ha tempi piu' lunghi e di solito emette sentenze piu' pesanti rispetto a quella 'speciale' convocata per Sivits per il 19 maggio (non ci sono date per il momento per i processi a Frederick e Davis). Gli avvocati di alcuni dei soldati sotto inchiesta hanno rivelato che Sivits ha firmato 12 pagine di verbale nelle quali racconta il suo ruolo e accusa gli altri. L'atto d'accusa non sarebbe pero' particolarmente duro e i suoi commilitoni non sono sorpresi che Sivits abbia scelto di collaborare, anche perche' la sua posizione e' la meno pesante: come fotografo del gruppo, non compare mai nelle immagini. ''Tutti sapevano che ha deciso di dichiararsi colpevole, lo ha preannunciato a tutti'', ha detto Harvey Volzer, l'avvocato difensore della soldatessa Megan Ambuhl, un'altra delle persone sotto inchiesta. ''Gli altri soldati - ha aggiunto Volzer - l'hanno presa bene, sanno che la sua motivazione e' quella di tornare a casa, negli Usa''. Le accuse di Sivits con ogni probabilita' andranno oltre i suoi compagni della 320ma e potrebbero puntare piu' alto, agli ufficiali che secondo i soldati ordinavano le foto umilianti come metodo di pressione psicologica per costringere i detenuti iracheni a collaborare.
    13/05/2004 20:41
    "

    Shalom

  6. #96
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    da www.adnkronos.com

    " Negli Stati Uniti i resti di Nicholas Berg, il giovane decapitato
    Iraq, Rumsfeld ad Abu Ghraib: ''Non voglio coprire torture''
    Visita a sorpresa del segretario alla Difesa Usa: ''Preoccupati che detenuti siano trattati bene e che i soldati si comportino bene''
    Baghdad, 13 mag. - (Adnkronos) - Giunto a sorpresa in Iraq, il segretario alla Difesa americano Donald Rumsfeld ha visitato oggi Abu Ghraib, la prigione dove i soldati americani hanno inflitto sevizie e torture ai prigionieri iracheni. ''Voglio ascoltare i responsabili incriminati per gli atti compiuti contro i prigionieri - ha detto Rumsfeld parlando ai giornalisti a bordo dell'areo - Siamo preoccupati di vedere i carcerati venire trattati bene, i nostri soldati comportarsi correttamente e vogliamo che la catena di comando funzioni bene''. Rumsfeld ha inoltrte negato di essere in Iraq per insabbiare l'inchiesta sulle torture.
    ''Volevamo avere la possibilita' di guardarvi negli occhi per dirvi quanto siamo orgogliosi di voi e che state facendo un ottimo lavoro'': il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Donald Rumsfeld spiega cosi' le ragioni della sua missione a sorpresa a Baghdad ai militari americani, dopo aver visitato il carcere di Abu Ghraib, teatro di terribili sevizie contro i detenuti iracheni. ''Lui (Bush) mi ha detto di portarvi la sua stima - ha detto il capo del Pentagono - Lui sa quello che state facendo, un lavoro nobile, sa che e' importante, vi stima e vi apprezza e voleva farvi avere la sua stima''.
    Le nuove fotografie che ritraggono le sevizie e le torture che i soldati americani hanno inflitto ai prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib non verranno mostrate, afferma poi Rumsfeld. ''Non avrei nulla in contrario a pubblicare tutte le fotografie'', ha detto il segretario alla Difesa, che ha pero' sottolineato come la loro diffusione violi i diritti individuali dei prigionieri iracheni e dei soldati, come segnalato dall'ufficio legale del Pentagono. Il dipartimento alla Difesa possiede un migliaio di foto che testimoniano gli abusi, alcune delle quali sono state mostrate ieri al Senato, dove sono state definite ''spaventose''.
    Dal canto suo, il generale Richard Myers, capo degli Stati maggiori riuniti, che ha accompagnato Rumsfeld nella sua visita in Iraq, ha assicurato che i vertici militari ''non hanno mai perso la fiducia in voi che indossate questa uniforme...la gente capisce che quello che state facendo cambiera' il corso della storia, non c'e' dubbio che vinceremo, non c'e' alcun dubbio''.
    Sul fronte della cronaca anche oggi si registrano altre vittime tra le forze americane. Due soldati statunitensi sono rimasti uccisi. Il primo a Baghdad nell'esplosione di un ordigno al passaggio del convoglio sul quale viaggiavano i militari. Ferito un altro militare. Il secondo invece, nella provincia di Al-Anbar, nella parte occidentale dell'Iraq. Il marine e' morto per le ferite riportate nel corso di ''operazioni di sicurezza e di stabilizzazione'' . E' quanto si apprende da un comunicato delle forze della coalizione.
    Almeno sette iracheni, di cui quattro civili, sono rimasti uccisi nel corso di scontri tra le truppe americane e le milizie del leader radicale sciita Moqtada al-Sadr a Najaf a Kerbala, in Iraq. E' quanto hanno riferito fonti ospedaliere irachene. A Kerbala, l'esercito statunitense ha preso il controllo di una postazione delle milizie di al-Sadr, come riferiscono testimoni oculari, precisando che i guerriglieri sciiti hanno aperto il fuoco anche contro le truppe irachene che combattono a fianco delle forze della coalizione.
    A Najaf, invece, la violenza e' esplosa dopo un'incursione la scorsa notte delle truppe americane con blindati e carri armati, dando vita a scontri con l'esercito del Mahdi, la milizia di al-Sadr, ad appena 600 metri dalla moschea dell'imam Ali, uno dei luoghi piu' sacri della citta' irachena. Secondo quanto ha riferito alla 'Dpa' il direttore del pronto soccorso dell'ospedale Hakim di Najaf, nel corso dei combattimenti sono morti tre miliziani e altre 12 persone sono rimaste ferite.
    "

    Saluti liberali

  7. #97
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    da www.ilfoglio.it

    " Rumsfeld non legge
    Il ministro della Difesa visita il carcere di Abu Ghraib, sostiene i soldati e diserta le edicole

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    Roma. “Se qualcuno pensa che io sia venuto qui per gettare acqua sul fuoco, si sbaglia”. Questo ha detto Donald Rumsfeld, il segretario alla Difesa americano, appena entrato ad Abu Ghraib, il carcere di Baghdad dove sono state scattate le fotografie degli abusi americani sui detenuti iracheni. “A noi interessa che i prigionieri siano trattati bene e che i soldati americani si comportino in modo giusto”. Rumsfeld ha promesso “al mondo” che vedrà la punizione di tutti i soldati colpevoli dei maltrattamenti: “Nei mesi scorsi – ha detto – qui dentro abbiamo visto abusi commessi sotto la nostra responsabilità. E’ stato un colpo durissimo per noi. Sono rimasto senza parole. I responsabili degli abusi affronteranno la giustizia. Il mondo vedrà come funziona e opera un sistema libero e democratico. In modo trasparente, senza insabbiamenti”. Chi pensava che Rummy si facesse piccolo piccolo a causa delle critiche della stampa internazionale, non conosceva l’uomo. Rumsfeld, secondo un sondaggio della rete Abc, gode della fiducia degli americani, il 69 per cento dei quali crede che debba restare al suo posto. Il suo posto è quello di capo del Pentagono, e da capo della struttura militare è andato, pare su suggerimento dei generali, sul campo a confortare i suoi uomini. La mossa è stata doppia. Rumsfeld l’altro ieri ha chiesto al Congresso di stanziare altri 25 miliardi di dollari necessari a soddisfare le esigenze militari. Poi, a sorpresa, ieri è volato a Baghdad. Con lui c’era il generale Richard Myers. Insieme hanno detto ai soldati di essere “orgogliosi per il loro splendido lavoro”. Quello che è successo nel carcere di Baghdad è stato un episodio che “non succederà mai più”. Gli sforzi per liberare l’Iraq sono finiti in secondo piano e “la reputazione degli Stati Uniti è stata scossa”. Secondo Rumsfeld, “è stato un colpo duro per la missione, ma non fatale”, l’America è inorridita ma sa distinguere i buoni dai cattivi, i responsabili dai soldati integerrimi: “Voi sapete che quegli atti non sono rappresentativi dei valori della nostra nazione, lo sanno le vostre famiglie, lo sanno gli americani”. Al Pentagono sono certi che “verranno fuori altre brutte cose, su questo non c’è dubbio. Solo col tempo capiremo quale effetto reale avrà avuto questa vicenda, ma è ovvio: non ci ha aiutato, ci ha danneggiato”. Ieri, a Washington, i senatori hanno visionato le immagini inedite, molte delle quali riguardano atti sessuali tra i soldati della coalizione compiuti dinanzi ai prigionieri. Una delle protagoniste è la soldatessa che teneva al guinzaglio il detenuto iracheno. Le foto del Mirror non sono scattate in Iraq Dopo aver visitato Abu Ghraib, Rumsfeld e Myers hanno parlato alle truppe americane nell’atrio di un palazzo saddamita. Secondo Rumsfeld, la missione americana di creare un Iraq stabile avrà successo, nonostante lo scandalo. “Ho smesso di leggere i giornali – ha detto Rumsfeld ai soldati – E’ un fatto: sono sopravvissuto”. E’ stato questo il suo modo di rispondere, col sorrisino stampato sulle labbra, alle “critiche maliziose” ricevute dalla stampa e da chi chiede le sue dimissioni. Rumsfeld ha parlato proprio mentre, a Londra, il governo britannico diceva ufficialmente in Parlamento che le foto pubblicate dal tabloid Daily Mirror sulle torture dei soldati inglesi erano false e certamente “non scattate in Iraq”. La stampa ha fatto quello che doveva fare, ha aggiunto Rumsfeld, ma l’accusa di aver insabbiato lo scandalo è “spazzatura”. Rumsfeld non se l’è presa soltanto con i media occidentali, ha attaccato anche le tv arabe, non solo sullo scandalo delle torture ma, in generale, sulla guerra in Iraq. Al Jazeera e al Arabiya “mentono continuamente su di noi. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, ormai è un anno che dicono soltanto bugie su di noi”. Rumsfeld, dunque, non legge i giornali ma, piuttosto, la storia della Guerra civile americana, le memorie dell’ex presidente Ulysses Grant: “Un libro sui sacrifici della guerra civile che fa riflettere sull’importanza di vincere questa guerra in Iraq”. Rumsfeld ha notato come il medesimo tipo di critiche che riceve oggi l’Amministrazione Bush, allora investì il presidente Abramo Lincoln. Chi fece quella guerra, che peraltro fu molto più violenta e sanguinaria dell’attuale, “sapeva che doveva essere combattuta”. In Iraq ci sono stati e ci saranno errori e grandi difficoltà ma, secondo il segretario alla Difesa, i soldati americani “un giorno si guarderanno indietro e saranno orgogliosi di quello che hanno fatto e diranno che ne è valsa la pena”.
    "


    Cordiali saluti

  8. #98
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    da www.iltempo.it

    " La Croce rossa assolve i carcerieri Usa


    In quelle prigioni ci sono state deviazioni, ma il comportamento generale dei militari «è rispettoso»

    Nel rapporto consegnato a febbraio c’è un’altra verità rispetto a quella «parziale» divulgata dalla stampa tre giorni fa

    di FOSCA BINCHER

    NEL CARCERE di Abu Ghraib e in tutte le prigioni controllate in Iraq dalle forze della coalizione fra il mese di marzo e quello di novembre 2003 «il trattamento dei prigionieri è rispettoso, con qualche eccezione dovuta a singole personalità o ad occasionale perdita di controllo da parte delle guardie. Il comportamento abusivo delle guardie, qualora riscontrato e riportato ai loro superiori, era solitamente ammonito e disciplinato immediatamente». Queste parole non sono contenute in un dossier della Cia. Non le ha scritte nemmeno un membro o un funzionario del governo di George W. Bush. Questo giudizio generale è tratto dal «Rapporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) sul trattamento da parte delle Forze della Coalizione dei prigionieri di guerra in Iraq». Porta la data del mese di febbraio 2004. Ed è ben noto ai lettori italiani, inglesi, americani, arabi e di mezzo mondo. Perché è lo stesso rapporto che solo tre giorni fa sulla stampa veniva utilizzato come prova regina sulle complicità dei governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia nelle torture in Iraq. La prova che tutti sapevano, e sapevano tutto. Solo che quel documento, di cui sono state fornite frettolose anticipazioni, dice l'esatto contrario. Racconta sì, numerosi (e orribili) casi di abuso sui prigionieri iracheni. Specifica che gran parte delle violenze venute alla luce riguardavano la fase di pre-detenzione, gli arresti e i primi interrogatori. Elenca casi gravi, qualche decina su migliaia di prigionieri visitati. Ma aggiunge (e questo era stato omesso dalle cronache) che la stessa Croce Rossa Internazionale ha segnalato le violenze ai comandanti militari della coalizione o ai responsabili della gestione delle prigioni, e che subito dopo in gran parte dei casi sono stati presi adeguati provvedimenti. Lo scandalo delle torture c'è, e tutto il disgusto che lo ha accompagnato nel mondo è pienamente giustificato. Ma ormai è chiaro che parallelamente va in scena un altro scandalo, non meno grave: quello dell'informazione. Pur dilungandosi sulla parte centrale del rapporto che narra gli abusi e le torture riscontrate durante le ispezioni nelle carceri irachene, la divulgazione ha omesso nei giorni scorsi tutte le parti di giudizio generale. Che, come si può leggere negli stralci che riportiamo qui sotto in pagina, riconoscono ai vertici militari americani una gestione delle prigioni irachene in linea con i trattati internazionali e la Convenzione di Ginevra. Le ispezioni della Croce Rossa internazionale alle carceri irachene sono durate molti mesi, e sempre avvenute con il nulla osta delle Forze di coalizione. Sono stati interrogati i prigionieri, i loro familiari, medici militari e iracheni. Si è scoperto che le principali violazioni avvenivano durante le procedure di interrogatorio di prigionieri ritenuti terroristi, e che queste violazioni avvenivano in gran parte ad opera dell’intelligence americano. Altri abusi sono stati compiuti dalla polizia irachena anche su persone del tutto innocenti. Che venivano taglieggiate per non essere denunciate con false accuse alle Forze della coalizione. Negli interrogatori sono emerse poi altre notizie del passato, risalenti alla gestione della giustizia da parte di Saddam Hussein. Notizie per altro ben note in Occidente grazie ai rapporti annuali di Amnesty International. Purtroppo alla tortura la popolazione irachena è da anni abituata. Nel solo carcere di Abu Ghraib fra il 1998 e il 2002 sono morti per torture almeno 250 prigionieri. I casi di violenza accertati sono stati superiori al migliaio. Cifre simili sono state riscontrate in quasi tutte le altre prigioni del paese.


    venerdì 14 maggio 2004
    "


    Saluti liberali

  9. #99
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    Il settimanale Usa punta l'indice contro il segretario alla Difesa
    "Le torture erano in un programma approvato da lui nel 2003"
    New Yorker: "Fu Rumsfeld
    a volere gli abusi di Abu Ghraib"

    Il progetto "Verde Rame" prevedeva l'esportazione in Iraq
    dei metodi violenti già applicati con successo in Afghanistan


    Donald Rumsfeld a Bagdad

    NEW YORK - Donald Rumsfeld sapeva. Anzi, le sevizie inflitte ai prigionieri del carcere di Abu Ghraib sarebbero conseguenza di una decisione approvata segretamente nell'autunno 2003 dal segretario americano alla Difesa. E' quel che scrive il settimanale New Yorker, nel numero in edicola lunedì, nella terza puntata dell'inchiesta del giornalista Seymour Hersh sulle torture. Le radici dello scandalo "non sono nelle tendenze criminali di alcuni riservisti, ma in una decisione approvata l'anno scorso da Rumsfeld", si legge sul settimanale, il media americano fin da subito più aggressivo nell'affrontare la vicenda.

    Seymour Hersh, che negli anni Sessanta aveva denunciato la strage di My Lai in Vietnam, ha documentato a due riprese gli abusi nella prigione alle porte di Bagdad. Ora, nella terza puntata, mira diritto contro Rumsfeld e contro il capo di Stato Maggiore Richard Myers. Loro due, secondo il giornalista, avrebbero dato il via libera ad un programma di massima segretezza del sottosegretario all'Intelligence Stephen Cambone. Nome in codice, "Verde Rame": un progetto che importava in Iraq le strategie già applicate, con successo, sui detenuti in Afghanistan.

    Le nuove rivelazioni di Hersh, e un'inchiesta del New York Times su Camp Cropper, un'altra prigione militare nell'area di Bagdad, lasciano presagire che lo scandalo sia di portata ben più vasta. Camp Cropper, ai margini dell'aeroporto internazionale di Bagdad, è stato a maggio e giugno del 2003 "l'incubatrice delle umiliazioni inflitte mesi più tardi ai detenuti di Abu Ghraib", ha scritto il Times sulla base di un rapporto della Croce Rossa, che nel 2003 ha redatto almeno 50 dossier di abusi perpetrati nel corso di interrogatori militari. In un caso un prigioniero, ammanettato, minacciato di torture e di morte, coperto di pipì, preso a calci in faccia, nella schiena e nei genitali, "fu costretto a mangiare una palla da baseball e privato del sonno per quattro giorni di seguito".
    - Pubblicità -


    Intanto l'esercito americano ha avviato una seconda inchiesta su un caso di presunti abusi su un detenuto in Afghanistan. Un ex colonnello della polizia afghana, Khwaja Sayed Nabir Siddiqi, ha denunciato di esser stato picchiato, privato del sonno e umiliato sessualmente durante un mese di detenzione nell'agosto del 2003 a Gardez.

    Tutti tasselli che si aggiungono a un mosaico di cui il New Yorker e Hersh offrono oggi un quadro di riferimento. La decisione approvata da Rumsfeld tendeva a "estendere i limiti del segretissimo programma Sap (Special Access Program, ma l'acronimo significa anche "spremere", "fiaccare la resistenza"), destinato in origine alla caccia ad Al Qaida, agli interrogatori in Iraq", scrive Hersh, citando funzionari ed ex funzionari dell'amministrazione.

    Il Sap "incoraggiava la coercizione fisica e l'umiliazione sessuale dei prigionieri per ottenere informazioni sull'insurrezione", scrive Hersh che, nel corso della sua inchiesta, avrebbe registrato un certo disagio perfino nei ranghi della Cia: "Eravamo d'accordo in Afghanistan per operazioni pre-approvate contro obiettivi terroristici di alto valore. Adesso volete usarlo su tassisti, cognati, gente presa dalla strada", avrebbe protestato un ex agente segreto.

    Secondo le fonti di Hersh, Rumsfeld e Cambone ampliarono il suggerimento del comandante di Guantanamo, Geffrey Miller, di "guantanamizzare" il sistema delle prigioni in Iraq rendendole più attente agli interrogatori. I metodi non convenzionali del Sap trasferiti a Abu Ghraib ottennero risultati: "Le informazioni cominciarono a scorrere", ha detto una fonte di intelligence.

    Nessun commento dalla Casa Bianca o dal Pentagono alle rivelazioni di Hersh. Ma, in un contrattacco forse preventivo all'uscita del New Yorker, il consigliere legale della Casa Bianca Alberto Gonzalez ha ribadito oggi sul New York Times che "la Convenzione di Ginevra si applica all'Iraq", mentre non si applicava ad Al Qaida. "Sebbene recenti notizie dei media dall'Iraq abbiano causato in alcuni interrogativi sul nostro rispetto dei trattati - ha scritto Gonzalez - gli Stati Uniti sono tenuti ad osservare le regole di guerra nella Convenzione di Ginevra".


    (15 maggio 2004)

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    Predefinito

    In origine postato da Pieffebi
    da www.iltempo.it
    In quelle prigioni ci sono state deviazioni, ma il comportamento generale dei militari «è rispettoso»


    Le poche deviazioni le abbiamo potute ammirare tutti, ed ancora mancano alláppello qualche centinaio di foto che hanno deciso di non pubblicare...

    Quanto al rapporto e´visibile in versione integrale da parecchi giorni...

    "queste violazioni avvenivano in gran parte ad opera dell’intelligence americano"

    Appunto, non soldati sadomaso che agivano di testa propria, ma agenti del governo che agivano su ordine... indovinate di chi...

 

 
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