Perché dire “no!” alla società multirazziale.
3.1 I fautori del disordine.
L’immigrazione extracomunitaria è favorita e sostenuta da un’insieme di forze che la presentano come un fenomeno spontaneo ed irreversibile al quale non è possibile opporsi; la società multirazziale è principalmente sostenuta da un’alleanza fra il mondialismo finanziario e la sinistra internazionale che si basa su ragioni economiche ed ideologiche.
L’economia globale, prescindendo da Popoli e Stati, concepisce il mondo come un mercato unico attraverso il quale spostare gli uomini ed i capitali seguendo esclusivamente la logica del profitto. Per accelerare il processo di mondializzazione si vuole dunque creare la figura del consumatore globale, sradicato da storia e tradizioni, senza identità alcuna se non quella assegnatagli dalla pubblicità di turno sul modello di società multirazziale santificata dai vari Benetton, Mac Donald, Nike, Nestlè, Del Monte o Adidas, ecc. .
Il nemico principale di tale sistema di disvalori ed interessi sono i Popoli e la loro volontà di indipendenza ed autodeterminazione.
I sostenitori dell’immigrazione extraeuropea vogliono negare l’esistenza di Popoli e Nazioni, sostenendo un cosmopolitismo individualista di massa che sgretola le identità e i sentimenti di appartenenza territoriali, a tutto vantaggio del mercato globale. In questo sistema, paradossalmente, la sinistra favorisce i grandi potentati internazionali che attraverso la globalizzazione del lavoro hanno come obiettivo la sistematica riduzione dei salari europei e mettono i nostri lavoratori in concorrenza diretta con gente disposta a lavorare per pochi euro, minacciando altrimenti di delocalizzare le attività nel Terzo Mondo.
L’immigrazione extracomunitaria in Padania ed in Italia, favorita dai precedenti Governi miopi, se non complici, ha assunto le proporzioni di una vera e propria invasione: infatti, oltre un certo limite percentuale, l’arrivo di popolazioni straniere, sia anche pacifico, si trasforma in un fenomeno di sostituzione e depossessamento territoriale nei confronti del popolo che abita originariamente il territorio in oggetto: lo insegnano la storia ed il buon senso. Chi poteva immaginare solo 15 anni fa che interi quartieri di città come Torino, Milano, Genova, Padova, Brescia (solo per fare degli esempi) sarebbero stati dominati territorialmente da extracomunitari?
Di fronte alle accuse di razzismo che vengono lanciate contro chi si oppone alla distruzione del nostro popolo, bisogna ribadire con forza il sacrosanto diritto della nostra gente a mantenere e difendere le proprie identità etnico-culturale e religiosa e a non essere ridotta ad una minoranza residuale.
Un argomento che le lobbies immigrazioniste adducono a sostegno dell’arrivo degli extraeuropei, è che tale fenomeno risolverebbe il grave problema dell’invecchiamento e del calo demografico del nostro Paese; assurdo! Costoro pensano di risolvere questo problema prevedendo di sostituire popolo a popolo! Oggi la Lega di Governo tutela invece la famiglia e la maternità, applicando il principio della preferenza nazionale e comunitaria.
3.2 Società Multirazziale e Mondialismo.
La cosiddetta società multirazziale che si vuole imporre, è ben lontana dal paradiso propagandato.
Ciò è dimostrato dalle enormi tensioni che attraversano le nazioni occidentali a più alto tasso di immigrazione.
Gli Stati Uniti, modello di riferimento ideale e pratico di tale conformazione sociale, sono teatro quotidiano di conflitti interrazziali che sfociano spesso in vere e proprie esplosioni di violenza. Nella vicina Francia, tradizionale terra d’immigrazione, intere comunità di extraeuropei si mettono in posizione di antagonismo e conflitto con la società di “accoglienza”, ricordiamo per esempio i quartieri nord di Marsiglia e le “Banlieus” calde di Parigi.
La società multirazziale, togliendo punti di riferimento culturali ed identitari comuni, è un ulteriore passo in avanti sulla strada dell’alienazione e della solitudine dell’individuo che si sente solo e schiacciato di fronte ad uno Stato-apparato sempre più lontano e privo di senso (non basandosi più su dei valori e delle origini comuni) ed un mercato globale sempre più spietato.
La nostra critica muove da principi, che vanno trasmessi ad un’opinione pubblica che è in larga maggioranza istintivamente contraria al fenomeno dell’immigrazione extra-europea di massa. Se si accusa continuamente gli europei di razzismo e xenofobia, non è perché da noi l’odio per gli altri è sviluppato in maniera maggiore che altrove nel mondo. Al contrario è proprio perché da noi il sentimento di appartenenza nazionale ed etnico è più combattuto che altrove. Non è certo in Cina, in Turchia o nel mondo Arabo, che i matrimoni interetnici ed interreligiosi, sono pratic ati e presentati come un bene. Questa forma di tolleranza è praticata solo da noi. Perché quindi i nostri popoli sono continuamente accusati di razzismo?
La ragione sta in una regola psicologica elementare: quando si dubita di se stessi e ci si giustifica, l’avversario non esita ad attaccare. E’ infatti questa cattiva coscienza, questa vergogna verso se stessi, instillata dal pensiero nichilista post-sessantottino che dà la sensazione ai nemici della civiltà europea di aver già vinto la battaglia.
La forza dei nostri nemici è la conseguenza della nostra debolezza. La minaccia “razzista” va ricercata nel pensiero e nell’azione distruttrice del mondialismo, il quale attraverso una sottocultura commerciale planetaria, progetta di edificare un “Villaggio Mondiale”, anglofono e totalitario sulle rovine dei popoli. Questi mondialisti sono i veri razzisti in quanto negano le diversità delle culture e dei popoli. Il patriottismo è l’ultimo ostacolo al progredire degli imperi planetari americani e islamici.
Coloro che lottano per preservare la sopravvivenza delle loro nazioni, rappresentano il campo delle diversità delle culture della vera tolleranza e della libertà, mentre il multicuturalismo americanomorfo rappresenta quello dell’uniformità dello sradicamento e dell’asservimento.
La Lega Nord per l’Indipendenza della Padania afferma una visione differenzialista del mondo.
Spesso e volentieri coloro che si oppongono all’immigrazione extracomunitaria sono solo persone che non disprezzano i propri antenati, la propria lingua e la propria cultura, sono fiere della propria comunità etnica senza per questo giudicarla superiore alle altre, accettano le differenze, preferiscono a priori il loro prossimo ai membri di altri gruppi etnici, senza per ciò rifiutare la cooperazione.
Altro che razzisti queste persone hanno solo una reazione difensiva di fronte ad un fenomeno che minaccia l’identità della comunità alla quale appartengono.
Nel campo dell’immigrazione l’ipocrisia regna sovrana, si arriva addirittura a sostenere la necessità da parte dei media, di occultare l’identità o l’origine etnica dei malfattori quando questi non sono di origini europea: per esempio, in Francia in questi casi si parla genericamente di “giovani”.
Per imporre l’immigrazione, si è messa in campo una legislazione che reprime ogni espressione di sentimenti definiti “razzisti” in senso ampio, reprimendo potenzialmente ogni senso di appartenenza identitario, pensiamo ad esempio alla Legge Mancino.
Cancellando la memoria della propria storia e la consapevolezza dei doveri verso i propri discendenti, un popolo perde la sana facoltà di distinzione del medesimo e dell’altro.
La semplice presenza degli immigrati extra-comunitari sul nostro territorio, non può essere considerata sufficiente per naturalizzarli e concedergli i diritti di cittadinanza. Per diventare membri di una società bisogna esprimere un consenso. Ma chi deve farlo? Su questo punto i mondialisti e le lobby immigrazioniste tengono conto solo del consenso degli immigrati, ovvero di coloro che hanno tutto l’interesse di accordarlo, sostenendo in pratica che nel momento in cui costoro ritengono di trovare vantaggioso rimanere nel paese che li ha accolti la naturalizzazione dovrebbe essere una pura formalità. Chiaramente si dimenticano di chiedere il consenso delle popolazione autoctone che subiranno gli effetti di questa immigrazione.
Dunque in quest’ottica perversa si sostiene che gli immigrati hanno il diritto “sacro” di venire e restare da noi (conservando la propria cultura), mentre i padani vengono invitati a dimenticare la loro storia, la loro cultura e la loro identità.
Concretamente è in atto una forma di imperialismo demografico che tende a far diventare le nostre nazioni demograficamente, culturalmente e politicamente, un appendice di paesi che non appartengono al continente europeo.
La presenza di milioni di extra-comunitari in Europa potrà essere un elemento inibitore per la politica internazionale dei nostri paesi nei confronti di altri Stati, che utilizzeranno le loro comunità immigrate come forza di pressione e di ricatto; pensiamo per esempio alla Turchia, paese islamico aderente alla Nato e aspirante membro dell’Unione Europea.
In questo quadro si assiste ad uno spostamento delle frontiere verso l’interno, che creano così delle “enclaves” etniche extraterritoriali, le quali in caso di tensioni condurranno ad una “libanizzazione” dei nostri paesi.
Il “pensiero politicamente corretto”, sopprimendo la dicotomia tradizionale straniero-autoctono e colpevolizzando ogni sentimento di appartenenza patriottico, squalifica di fatto le ricerche geostrategiche per la semplice ragione che esse prendono in considerazione la valutazione delle minacce in base alle costanti geografiche, culturali, ed etniche dei popoli e delle nazioni.
Al contrario l’Europa non è mai stata multirazziale. Sebbene nella sua storia millenaria si siano verificate migrazioni interne ed immissioni di componenti razziali differenti, tuttavia le etnie europee hanno mantenuto una sostanziale omogeneità ed una reciproca affinità derivante dalla comune origine indoeuropea.
dal sito del MGP