Il lascito intellettuale di Mises
di Carlo Lottieri
(da "Elites" n.1/2004)

Quando recensì Human Action sulla prestigiosa rivista "Economica", Ludwig M. Lachmann sottolineò senza mezzi termini che "tra i governanti delle società occidentali contemporanee (Mises) non è una figura popolare. Non piace a politici e burocrati, ed è detestato anche dagli intellettuali che producono ideologie, il cui unico scopo è sostenere quel potere". E se questo era vero all'inizio degli anni Cinquanta, non si può dire che le cose siano del tutto mutate al giorno d'oggi. Eppure- dopo aver attraversato un lungo arco di tempo più segnato da condanne che da approvazioni- il pensiero di Ludwig Von Mises è ora al centro di un numero crescente di studi. In parte questo si deve all'opera dei molti allievi di Mises medesimo (europei ed americani) e alle scuole che essi hanno a loro volta generato, ma certo non si può neppure ignorare come quella attuale sia per tanti aspetti un'epoca caratterizzata dalla riscoperta della razionalità del mercato, dei benefici della globalizzazione, del valore morale della proprietà privata. Spesso tutto ciò resta più nell'ordine della "retorica" che in quello dei "fatti", ma è pur vero che- dinanzi al fallimento storico del socialismo- non è del tutto sorprendente se oggi si assiste ad un riesame delle tesi di Mises e della Scuola Austriaca dell'economia.
Figlio della "grande Vienna" e ardente difensore del libero mercato in un'età che vide trionfare ogni forma di socialismo (bolscevismo e nazionalsocialismo,infatti, furono soltanto la manifestazione più patologica dello statalismo che ha dominato il secolo), Mises s'accosta alla teoria liberale grazie alla lettura di alcuni testi di Carl Menger, fondatore della Scuola Austriaca, e dopo la partecipazione ai dibattiti organizzati da un allievo di Menger stesso, Eugen von Bohm Bawerk.
Nel 1912, così, pubblica la Theorie des Geldes und der Umlausmittel (La teoria della moneta e del credito), un volume nel quale egli offre una sua interpretazione della teoria quantitativa della moneta, asata sulla teoria del valore soggettivo, e in cui indaga la ragioni dell'inflazione, dell'espansione creditizia, dei ricorrenti cicli economici. Questa opera gli vale una notevole notorietà in tutta Europa, ma la Gande Guerra crea un clima intellettuale poco adatto alla ricezione delle sue tesi.
Già a quell'epoca, infatti, egli comincia ad essere ritenuto un relitto del passato, cui va negata una posizione accademica permanente. Deve allora accontentarsi di un lavoro alla Camera di Commercio austriaca, ma questo non gli impedisce di organizzare un seminario che per anni attrae alcune tra le migliori intelligenze d'Europa (Friedrich Von Hayek e Lionel Robbins, per fare solo due nomi).
Nemico di ogni forma di collettivismo, organicismo e comunitarismo, tra le due guerre Mises offre anche importanti contributi alla metodologia delle scienze sociali. In effetti, egli insegna che ciò che chiamiamo "società" non è altro che l'azione concreta ed intenzionale dei singoli, i quali in vario modo intrecciano le loro decisioni. Per comprendere il mercato quindi bisogna patire da questa socialità fondamentale del singolo, che grazie allo scambio e alla divisione del lavoro incardina la propria esistenza e quella altrui, favorendo un'interdipendenza reciprocamente fruttuosa. Mentre la maggior parte degli economisti appare orientata ad elaborare un'economia modellata sulla fisica newtoniana , Mises focalizza l'attenzione sull'individuo imprenditore, e su ogni individuo in quanto imprenditore di se stesso. In questo senso, la prasseologia evidenzia la centralità del processo di mercato ed in tal modo essa accantona un concetto statico, astratto ed irreale, qual è l'idea di equilibrio generale (ancora oggi al cuore degli schemi teorici dominanti).
Mises esprime le sue idee con paticolare completezza in un'opera conclusa nell'esilio di Ginevra, dopo che l'Austria è caduta nella morsa del nazionalsocialismo. Nel 1940, infatti, egli pubblica, Nationalokonomie, che tradotto in inglese e pazialmente rielaborato diverrà Human Action (L'azione umana), il suo capolavoro. Pesto, però, Mises deve lasciare pure la Sizzera per emigrare negli Stati Uniti, ma neppure lì ede riconosciuto in ambito accademico il suo valore. Oltre Atlantico, in efetti, egli non riesce ad ottenere altro che un posto da visiting professo presso la Business School della New York Uniersity. Per giunta, la posizione è sottoposta al rinnovo annuale ed è finanziata da fondazioni private. A dispetto di tutto questo, però, il tempo ha ormai reso onore a questo pensatore liberale, la cui capacità di influenzare le grandi menti del ventesimo secolo è stata immensa. I suoi studenti Wilhelm Ropke e Ludwig Erhard hanno aiutato la Germania del dopoguerra a muoversi verso il mercato e a raggiungere risultati strabilianti in breve tempo. Il suo amico Luigi Einaudi è stato uno degli artefici della rinascita italiana. In Francia, il suo studente Jacques Rueff, consigliere di De Gaulle, ha guidato la battaglia per la moneta stabile e il libero mercato. Sul piano squisitamente intellettuale, inoltre, egli ha influenzato personalità diversissime, eppure tutte eccellenti: basti fare i nomi-ma l'elenco potrebbe essere ben più lungo- di Alred Schutz (a cui si deve la prima impotante sociologia di impostazione fenomenologica), Bruno Leoni (il grande giurista libertario), Israel Kirzner (che ha tenuto viva l'eredità misesiana all'NYU) e Murray N. Rothbard (che fu anche autore di un volume affettuosissimo: Ludwig Von Mises: Scholar, Creator, Hero). Proprio a Rothbad si deve la stessa fondazione di un istituto- il Mises Institute di Auburn-che tutt'ora si incarica di approfondire la ricerca su questo studioso e proseguirne la battaglia ideale contro lo statalismo. Certamente, Mises non è vissuto a sufficienza per vedere la rinascita dell'interesse nei suoi confronti, iniziata nel 1974 con il conferimento al suo allievo Hayek del premio Nobel per l'economia. Ma non vi è dubbio che quel potere pubblico "onnipotente" contro il quale lottò per tutta la vita è oa sottoposto a critiche intellettuali sistematiche, che devono moltissimo alla sua lucida riflessione sul mercato e sull'azione umana. Nel corso del ventesimo secolo, d'altra parte, l'uomo che più di ogni altro ha fatto per contastare le logiche della pianificazione economica è stato proprio Ludwig Von Mises e quindi non dobbiamo sorprenderci se oggi-perfino in Italia-si va delineando un'area intellettuale che definisce le proprie categorie interpretative e l'agenda dei propri studi a partire da un attento esame della lezione misesiana. Non ci si deve neppure dimenticare, peraltro, che se ancora negli anni ottanta c'era chi come Paul Samuelson era convinto che presto l'Unione Sovietica avrebbe superato gli Stati Uniti, in dal 1920 l'economista austiaco aveva mostrato l'impossibilità di un'economia socialista, priva di proprietà privata e quindi senza prezzi di mercato. La realtà storica si è incaricata di mostrare la bontà delle tesi misesiane e non è quindi sorprendente il fatto che molti economisti, storici del pensiero, filosofi politici e altri studiosi delle scienze umane oggi dedichino alle sue ricerche una crescente attenzione. Il presente "Forum" testimonia della vitalità di tali studi. Presentati per la prima volta all'interno di un conegno oganizzato da Lorenzo Infantino all'università Luiss "Guido Carli" di Roma in occasione del trentesimo anniversario della scomparsa dell'economista, gli scritti qui pubblicati meritano tutt'intera l'attenzione del lettore, dato che offrono una eccellente opportunità di accostare il pensiero di Mises nella sua complessità.
Nella densa relazione di Dario Antiseri il pensiero di Mises è messo in stretta relazione con un gran numero di studiosi, del passato come del nostro tempo. In particolare, Antiseri accosta il tema tanto interessante quanto controverso dei debiti di Mises nei riguardi delle maggiori tradizioni filosofiche, il suo-reale o presunto che sia-"kantismo", la costante fedeltà ad un'impostazione wertfrei (che separa in modo molto netto l'ambito dell'analisi scientifica e quello dei giudizi di valore), l'apriorismo della sua prasseologia, l'importanza delle conseguenze inintenzionali. In queste pagine emerge come l'autore di Human Action sia stato sempre consapevole delle implicazioni teoriche e metodologiche delle scelte che accompagnavano l'adozione di questa o quella modalità del "fare economia". Il saggio di Nicola Iannello indaga il Mises teorico e politico e analista delle vicende storiche degli ultimi secoli. Prendendo in esame con particolare attenzione Onnipotent Goernment (Lo stato onnipotente), Iannello evidenzia come il giudizio sui totalitarismi sia strettamente collegato ad una analisi realista dello stato in quanto tale. E' il potere dello statalismo, nelle sue forme estreme come in quelle moderate, che agli occhi di Mises rappresenta una seria minaccia non solo alla libertà umana, ma alla stessa esistenza del genere umano (come egli stesso evidenzierà nelle ultime righe di Human Action). E' lo statalismo, inoltre, che minaccia costantemente la pace, la libertà, la prosperità. Da parte sua, Lorenzo Infantino evidenzia con finezza come il contributo di Mises all'individualismo metodologico, e quindi alla metodologia delle scienze sociali sia di rilievo assoluto. Per questa ragione, l'autore di Human Action è molto più che un economista, dato che dai problemi affrontati (si trattasse della moneta o della pianificazione economica) egli ha ricavato indicazioni di fondamentale importanza per investigare l'esistenza stessa dell'uomo in società. La "prasseologia" misesiana (di cui, l'economia, ovviamente, è solo una parte) rappresenta quindi una prospettiva che troppi studiosi di scienze sociali continuano assurdamente ad ignorare, fraintendere, sottostimare. Nella ricerca realizzata a quattro mani da Luigi Marco Bassani e Jorg Guido Hulsmann si ripercorre la triste vicenda dell'esilio svizzero e poi americano (determinato dalla persecuzione nazista del popolo ebraico) e, al tempo stesso, si evidenzia quanto ciò abbia favorito-dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale- la rinascita di un pensiero autenticamente liberale negli Stati Uniti. Anche oltre Oceano non mancarono difficoltà, incomprensioni ed umiliazioni; eppure Mises ebbe la soddisfazione di raccogliere intorno a sè quanto restava della Old Right (l'opposizione culturale e politica ai "rossi anni trenta" dominati da Roosevelt e dal New Deal) e potè dar loro una nuova consapevolezza teorica. Se oggi il nome di Mises è tornato al centro di tanti studi e riflessioni, una parte del merito è proprio di quel felice incontro e di quella larga schiera di discepoli.