Il listone si ritira. D'Alema messo in minoranza dall'asse Correntone-Margherita
Non è stata facile neanche oggi ma alla fine la lista unitaria ha rotto gli indugi: giovedì 20 maggio, dopo le dichiarazioni di Berlusconi alla Camera, insieme a tutto il centrosinistra e probabilmente al Prc, presentera' la mozione per chiedere il ritiro delle truppo dall'Iraq. Ormai la scelta è nero su bianco: "La presenza militare in Iraq non ha oggi alcun accettabile significato - si legge nel documento conclusivo del comitato nazionale del listone riunito oggi a Roma - è indispensabile che l'Amministrazione americana assuma impegni, scadenze e atti concreti, a partire dalle dimissioni del ministro della Difesa Usa, per assicurare tale svolta e che, in occasione del suo prossimo viaggio negli Stati Uniti, il presidente del Consiglio esprima una posizione ufficiale in tal senso del Governo italiano''.
Ma oggi non è stata una riunione di routine, c'è stata battaglia. La prima bozza del documento non era piaciuta a molti perche' legava - in modo un po' involuto - la richiesta del ritiro agli "impegni" di Berlusconi, e cioe' al fatto che il premier italiano, nel suo viaggio del 19 a Washington, ponga a Bush questioni pressochè impossibili: la richiesta di dimissioni di Rumsfeld, la necessità di un rapido passaggio dei poteri alle Nazioni Unite. Insomma, ascoltiamo cosa dice Berlusconi e poi vediamo. "E che, lanciamo un altro penultimatum?", ha chiesto subito, intervenendo per primo, Fabio Mussi. Prodi si era limitato a leggere il documento (redatto dalla diessina Marina Sereni), sottolineando però la necessità di dare "un ultimatum" agli Stati Uniti. Poi aveva letto il testo, senza particolari commenti, ma in qualche modo facendolo proprio. A difendere la bozza, ecco un sapido Massimo D'Alema che, secondo quanto riferito, avrebbe difeso "la tempistica" della posizione del listone ammonendo a non fare strappi "altrimenti daremmo ragione a Paolo Cento. Se vogliamo avere la linea di Paolo Cento la potevamo avere tre mesi fa...". Dunque, "cerchiamo di essere coerenti: aspettiamo ancora una settimana e poi chiediamo il ritiro se non ci sono novità". Tuttavia, e' apparso subito chiaro ai più che queste benedette "novità" non ci saranno. E' scesa in campo la Margherita a spalleggiare i ragionamenti di Mussi, Melandri, Napoletano. E quindi i vari Fioroni, Franceschini, soprattutto Castagnetti, hanno chiesto modifiche al testo e svolto ragionanamenti più netti. Come ha detto Castagnetti, "non possiamo dare l'impressione di essere incerti, dobbiamo mettere un punto fermo". Nel silenzio di Rutelli e Amato (andato via anzitempo per votare la sfiducia al governo a palazzo Madama), Prodi ha tratto le conclusioni sostenendo che "c'è un enorme fastidio per le immagini delle torture, difficilmente l'occupazione dell'Iraq potrà essere tollerata a lungo dall'opinione pubblica europea e soprattutto irachena". E qualche ora più tardi, ad Ancona, il presidente Ue è apparso determinato, sostenendo che dopo ''il fatto nuovo'' delle torture in Iraq ''è complicato definire questa come una missione di pace''.
Il documento finale della riunione del listone è cambiato grazie ad un suggerimento di Violante, che è intervenuto per renderlo più stringente. Non si aspettano le chiacchiere di Berlusconi, perchè - come dice Rutelli - "da quel viaggio non ci aspettiamo niente", inutile attendere "novità" che da Washington non arriveranno mai. Lo stesso capo della Marherita, a riunione finita, ha sintetizzato: "La partita è chiusa". Anche se -ha aggiunto - se l'Onu dice di andare, l'Italia va, e "noi siamo pronti". Dunque, il 20 si taglia il nodo gordiano e, per una volta, le opposizioni potranno tornare unite, anche a costo - parafrasando D'Alema - di essere tutte "sulla linea di Paolo Cento".
[La Rue