Destra e sinistra sono già state superate da un pezzo
di Claudio Mutti
È fin troppo nota, anche per l’uso frequente che ne fece Jean Thiriart negli anni Sessanta, questa frase di Ortega y Gasset: «Essere di destra o essere di sinistra equivale a scegliere tra due delle innumerevoli maniere che si offrono all’uomo per essere imbecille. Entrambe infatti sono forme di emiplegia mentale».

A rendersi conto di questo stato di semiparalisi che affligge il pensiero europeo contemporaneo, a quanto pare, non siamo in molti. Al contrario. Tanto più meritoria, quindi, appare l’iniziativa di chi ha recentemente proposto il superamento di queste due categorie politiche, “destra” e “sinistra”, che, strettamente legate alla topografia parlamentare, in un certo senso costituiscono il parto gemellare della rivoluzione borghese.
Altrettanto contraddittorio, però, appare il riferimento a quella profana Trinità verbale che della rivoluzione borghese riassume le idee: Libertà, Eguaglianza, Fratellanza. Ancor più contraddittorio, un richiamo di questo genere, se a farlo è chi dichiara il proprio debito intellettuale nei confronti di Marx e di Engels. Non fu forse quest’ultimo (Antiduhring, Introduzione e III, 1) a smascherare il suddetto trinomio come una sintesi delle «pompose promesse degli illuministi”» e a svelare l’essenza borghese degli «immortali princìpi»?
Il superamento della bipolarità nata dalla rivoluzione borghese deve dunque avvenire per altre vie.
Nel corso del Novecento, in maniera diversa e sulla base di punti di partenza diversi, fascismo, nazionalsocialismo e socialismo realizzato hanno cercato di sintetizzare quelle esigenze che nella democrazia liberalcapitalista si presentavano come incompatibili tra loro, producendo la polarizzazione “destra-sinistra”.
Dopo la prima fase della restaurazione del sistema liberalcapitalista (la conquista americana di mezza Europa nel 1945), un tentativo di composizione e di superamento delle istanze di destra e di sinistra venne intrapreso, oltre che dai regimi socialisti dell’Est europeo, da movimenti non appartenenti all’area europea quali il giustizialismo, il nasserismo, il Baath ecc.
Con la seconda fase della restaurazione (seguita alla liquidazione del socialismo realizzato), tentativi analoghi a quelli di cui sopra possono essere rintracciati soprattutto in Russia. Il cosiddetto “fronte rosso-bruno” non ha rappresentato soltanto un’alleanza tra forze politiche ostili all’imperialismo americano e all’instaurazione del liberismo; è stato l’inizio di una sintesi che ha conciliato ed unito le istanze di autorità e di solidarietà, di dignità nazionale e di giustizia sociale.
Gli osservatori occidentali, condizionati da una rappresentazione vincolata alla dicotomia “destra-sinistra”, classificarono i comunisti a destra e i liberisti a sinistra. Non è forse, questo disorientamento, la conferma che la Russia può insegnarci qualcosa?