A 360 gradi, e oltre...

Massimiliano De Simone





«Non ci interessano gli steccati verbosi e verbali, ciò che dobbiamo cercare e trovare è l'unità politica del Fronte Antimondialista, che è antistatunitense ed antisionista!




Abbiamo sempre sostenuto (e sempre lo faremo) la nostra tesi, ormai consolidata nel tempo, la quale ci porta ad affermare con tranquillità e decisione la nostra fiduciosa speranza riguardo ad una fattiva e costruttiva resistenza dei popoli nei riguardi del neoimperialismo capitalistico, targato USA. Lo andiamo da tempo ripetendo che il Sistema tentacolare della piovra può essere neutralizzato, ed i segnali, infatti (nonché le contraddizioni interne al Sistema capitalista), ce lo attestano pienamente. In realtà, il potere imperiale non è riuscito a pacificare l'Afghanistan benché lì tutti i gruppi imperialisti ufficialmente collaborino alla pacificazione. Tanto meno gli USA sono riusciti a pacificare l'Iraq. Al contrario.
Dopo la rapida occupazione (marzo-aprile 2003) e dopo che Bush il primo maggio, sempre del 2003, proclamò la fine della guerra, la resistenza non cessa di rafforzarsi ed estendersi.
Ancor meno pacificata è la Palestina. Qui l'unico vero alleato del quale l'amministrazione USA dispone, lo stato giudaico-sionista denominato Israele, non riesce a soffocare la seconda Intifada, sebbene abbia fatto e faccia ricorso a forme di repressione di una ferocia degna del loro capo, e cioè il macellaio assassino di Sabra e Chatila, Ariel Sharon.
La battaglia antiimperialista dei tre Paesi si inserisce sempre più maggiormente nel più ampio movimento rivoluzionario (speriamo) che interessa praticamente tutti i Paesi arabo-mussulmani (dall'Estremo Oriente al Medio Oriente, all'Africa del Nord) e che ha già importanti ripercussioni nei territori metropolitani dell'Europa e degli USA. Certamente, per chi da credito in Occidente alla propaganda massmediatica giudaico-statunitense questi movimenti popolari altro non sarebbero che movimenti di fanatici integralisti ed oscurantisti, nemici della libertà e della democrazia. In realtà l'Islàm oltre a essere il supporto religioso di questi popoli in lotta contro l'imperialismo, è anche il veicolo trainante, nonché aggregativo, che da legittimazione alla rivolta dei singoli individui, così come dei popoli, contro la tirannia e l'ingiustizia.
Per chi lo osserva superficialmente, senza il senso della storia e dando credito alla propaganda imperialista, il fronte antagonista che vuoi combattere i presidi geoeconomici del nuovo ordine mondiale rappresenta l'esclusivo frutto delle forze oscurantiste e antiprogressiste. Queste ignobili menzogne vengono insufflate di continuo dai mass-media nelle menti della popolazione occidentali; menzogne che tra l'altro non si fondano minimamente su un dato storico ed oggettivo.
Infatti, le nazioni protagoniste di questo focolaio di ribellismo anti imperialista hanno in comune il fatto di essere dei Paesi con grandi Tradizioni di Civiltà (e questo basta a far piazza pulita di tutte le dicerie che legano la loro attuale «arretratezza» alla religione islamica che esisteva anche quando questi Paesi furono all'avanguardia della civiltà mondiale) che l'imperialismo Occidentale ha legato al comune caso mondiale della storia e nello stesso tempo relegato all'oppressione coloniale (nel ruolo di colonie e semicolonie). I popoli della maggior parte di questi Paesi hanno partecipato attivamente e su grande scala alla battaglia anticoloniale durante la prima ondata di ribellismo antioccidentale ed anticapitalista scoppiata in quei Paesi, e cioè: Indonesia, Filippine, Malaisia, India, Pakistan Afghanistan, Iran, Iraq, Turchia, Siria, Libano, Palestina, Emirati Arabi, Yemen, Egitto, Sudan, Marocco.
All'interno di queste nazioni nacquero così a cavallo degli anni '50 e '60 delle forti ondate di contestazioni contro l'imperialismo Occidentale. La protesta di questi popoli portò al potere molte figure di spicco che, come capi politici, promossero nei rispettivi Stati una forma politico-economica nazionalista e socialista. Tale forma politica di convergenza di interessi tra i vari Paesi su menzionati venne poi definita politica del panarabismo, e cioè la creazione di un blocco unico ed unito tra tutti i popoli di lingua, religione e cultura araba, compresa anche la Libia (che geograficamente è appartenente al continente africano), tramite la guida del suo capo Gheddafi. Gli altri esponenti politici che si adoperarono affinchè si creasse l'unione della nazione araba furono: Sukarno (Indonesia), Nebeu (India), Mossadeq (Iran), Kassem (Iraq), Assad (Siria), Arafat (Palestina), Nasser (Egitto), Bumedien (Algeria).
Come si può notare, l'esempio della via panaraba, socialista e nazionalista fu presa al dettaglio (o quasi) anche da altre nazioni di certo non appartenenti al contesto arabo. Contro questo nuovo corso politico ed economico, multinazionali e Stati occidentali riuscirono, da una parte, tramite interventi armati e, dall'altro, mobilitando alcuni gruppi religiosi reazionari in funzione antisocialista, alla fine a ristabilire una condizione economica e sociale precedente al nuovo corso politico. Non è certo un caso di come la monarchia wahabita dell'Arabia svolse un ruolo reazionario e filo-occidentale. Tramite la sua personale distorsione dell'Islàm riuscì, infatti, a far mostrare come eretici tutti quei leader e movimenti politici che si battevano per una «terza via»; dopodiché la stessa monarchia saudita trovò appoggio nei gruppi wahabiti che, guarda caso, da quel momento in poi agiranno in tutti gli scenari mondiali ove vi siano degli interessi statunitensi, o da preservare o da conquistare (Afghanistan nell'80, Russia, Bosnia, Filippine, Afghanistan nel 1994, con l'insediamento dei Taliban).
Per i gruppi imperialisti fu un'operazione analoga a quella condotta in Europa ed in particolare in Italia nel secondo dopoguerra: fare del clero in generale e del Vaticano in particolare (tramite il supporto e l'indirizzo dei servizi segreti) i dirigenti di uno schieramento a difesa dello status quo economico e politico dettato dagli indirizzi e dalla volontà del Pentagono. Ma ecco che nel mondo arabo-mussulmano accade qualcosa che sfugge di mano sia ai piani degli USA ed anche alle centrali religiose wahabite.
Infatti, la seconda devastante crisi del capitalismo, sopravvenuta a partire dalla seconda metà degli anni 70, ha portato con sé la ricolonizzazione dei paesi semicoloniali con il conseguente inasprimento del loro saccheggio monetario (debito estero e privatizzazione delle risorse naturali del settore economico pubblico e dei servizi pubblici). A questo punto i movimenti di protesta radicali in seno alla società araba sono sfuggiti di mano anche ai centri religiosi che precedentemente tutto avevano fatto fuorché dare ai loro rispettivi popoli una coscienza politica e rivendicativa. Conseguenzialmente i capi religiosi per evitare di essere "scavalcati" da una realtà a loro estranea, hanno dovuto "immettercisi" con il fine di cavalcarla per non essere scavalcati, dandogli così formalmente e strumentalmente il proprio placet pur nella irrisorietà e nell'inautentica volontà di farlo realmente. Quindi, gli Stati Uniti hanno così potuto assistere ai continui assestamenti, se non addirittura terremoti, (rispetto alla loro auspicata stabilità) che, di continuo, si sono succeduti nell'area Medio Orientale, dagli anni 70 ad oggi. A cominciare dalla nascita dell'OLP e di Hamas in Palestina, i quali movimenti partigiani (nel vero senso della parola) sono diventati promotori e fautori della lotta contro lo stato invasore ed occupante, e cioè la realtà giudaico-sionista denominata Stato d'Israele. A ciò si deve aggiungere la grandiosa rivoluzione iraniana, Sciita e mussulmana, la sola, vale la pena ricordarlo, che si possa definire spontanea e sincera. Difatti, le uniche guide religiose che da sempre hanno avversato il governo filo-statunitense dello scià, e, quindi, si sono sin dai primordi schierati al fianco del popolo oppresso, furono esclusivamente gli Ayatollah iraniani.
Ed è per questo che la violenza omicida della famigerata e sanguinaria polizia segreta dello scià (la Savak) si abbattè su tantissimi di loro, come su migliaia di donne, vecchi e bambini che, al contrario della maggior parte del mondo arabo, vedevano fin dall'inizio nella religione islamica la forza dirompente per lottare e vincere contro l'ingiustizia e la tirannide. Khomeyni non fu insediato al potere con un colpo di Stato, ma bensì fu la volontà popolare che fece sì che lo si riportasse, dal suo esilio in Francia, dentro i confini della sua Patria, incoronandolo poi come Guida Suprema della rivoluzione religiosa iraniana.
Quella iraniana è stata e rimane l'unica rivoluzione religiosa del XX secolo. In seguito sarà il fantoccio nelle mani ebraico-statunitensi, Saddam Hussein, che verrà armato ed indirizzato dall'Occidente contro la Repubblica Islamica dell'Iran, al fine di mettere termine alla rivoluzione iraniana ed alla sua essenza antistatunitense ed antisionista. Sapete tutti come la storia si sia poi conclusa...
Quindi, tornando ai tanti e sempre più frequenti "campanelli di allarme" che gli USA hanno negli ultimi 30 anni sentito suonare vicino ai loro timpani, si è poi giunti ad un definito ed assoluto giro di vite da parte dell'imperialismo, dopo la caduta delle torri gemelle nel 2001.
Nasce allora la teoria (e la pratica) della guerra preventiva e permanente. Il capitalismo non può permettersi di perdere tempo, né tanto meno può permettere ad altri che si intacchino i propri piani di salassamento di popoli e risorse; cosicché si possa poi dire (come si è detto): «o con noi o contro di noi!». Ciò letto fra le righe equivale a dire: «accettate quello che noi vi imponiamo, o altrimenti creiamo dei falsi presupposti inventati ad arte e vi distruggiamo!».
Nasce allora la legislazione speciale antiterrorismo nella UE, alla «guerra mondiale contro il terrorismo». Si passa poi all'aggressione in Afghanistan (dove c'erano al potere i Talebani, creati, armati e sostenuti dalla CIA e dai servizi segreti pakistani, nonché dall'Arabia Saudita in chiave anti-Russia nei primissimi anni '80) e all'Iraq (che con l'11 settembre e con il presunto terrorismo islamico c'entravano come i cavoli a merenda), per giungere poi all'accelerazione dei contrasti tra gruppi e Stati imperialisti al riarmo generale, e di conseguenza fino a terminare con la cancellazioni delle conquiste sociali ad opera delle masse popolari, all'interno degli Stati occidentali.
L'aggressione USA contro l'Iraq ha reso, di fatto, più evidenti le divergenze di interessi tra gli USA e la Unione Europea, in genere, e l'asse franco-tedesco in particolare. Sono venuti, quindi, alla luce del sole e si sono scontrati due modi diversi di intendere le relazioni internazionali ed ognuno dei due fronti si è posizionato in conformità dei suoi interessi: il contrasto politico tra le due parti rispecchia il contrasto di interessi dei due fronti. Quindi, il contrasto ha probabilità di permanere a lungo, e addirittura di alimentarsi sempre di più per evolversi successivamente, dando vita a nuovi risvolti politici ed economici.
L'aggressione contro l'Iraq ha, inoltre, direttamente leso interessi francesi e tedeschi, nel campo degli investimenti ed in quello dei commerci. In Iraq, nel Medio Oriente ed in Asia Centrale non solo i gruppi imperialisti degli USA riservano per sé investimenti e mercati, ma intimano a vecchi clienti di altri gruppi imperialisti di cambiare fornitori, banchieri e relazioni. Le intimidazioni contro la Siria e la Repubblica Islamica dell'Iran sono finite in pasto all'opinione pubblica. Ma proprio la virulenza dell'attacco USA ha, questa volta, indotto gli imperialisti dell'UE a non cedere, ma a contrattaccare. Non solo sul terreno immediato, ma soprattutto rafforzando la stessa struttura dell'UE. Da parte loro, gli USA cercheranno, sempre maggiormente, di "affogare" l'UE politica nel mercato comune dei 25. Ebbene, gli imperialisti franco-tedeschi hanno risposto con le "collaborazioni rafforzate" e con "l'Europa a più velocità"; l'avviata costruzione dello stato maggiore europeo, il "sistema Galileo", l'intervento comune in Iran, l'avvio di una politica industriale, di ricerca e finanziaria comune (questo significa lo sfondamento franco-tedesco dei parametri di Maastricht). Il blocco franco-tedesco, se confermerà la volontà politica di fare i suoi interessi, obbligherà per forza di cosa i gruppi imperialisti degli altri Paesi a seguirli, probabilmente anche quelli britannici.
La unione europea costituisce già oggi una comunità finanziariamente, tecnologicamente ed industrialmente, in grado di fare fronte ad ogni sfida. Anche il ritardo sul campo militare, rispetto agli USA, è secondario. Per il momento, agli imperialisti franco-tedeschi basta essere in grado di fare in modo che i loro clienti in giro per il mondo non debbono cedere alle sanzioni economiche, diplomatiche e relative alle forniture militari minacciate dagli USA. Vale la pena ricordare che già negli anni 70 fu lo Stato francese e non quello USA ad addestrare gli Stati Sudamericani alla controguerriglia ed alla tortura. L'attivismo diplomatico franco-tedesco nei confronti della Russia, della Cina e del Giappone conferma che la volontà politica di far fronte all'arroganza ed al saccheggio dell'imperialismo degli USA si è rafforzata ed incomincia ad assumere il ruolo di via necessaria per uscire dalla stagnazione economica della UE. Certo questo non vuoi dire che ormai la coppia Francia-Germania si è costituita definitivamente come nucleo della coalizione anti-USA. L'impresa appare così gravida di incognite che le esitazioni sono inevitabili: il voto alla Risoluzione 1511 al Consiglio di Sicurezza dell'ONU (che legalizza l'occupazione USA dell'Iraq) non è l'unico segnale di queste esitazioni. I gruppi imperialisti europei devono superare lo scoglio delle loro divisioni interne: le divergenze di interessi oggettivamente amplificate dalla mancanza di unità costituzionale, pur con la nuova costituzione europea approvata, non pone realmente fine alla questione. Ma lo scoglio maggiore che essi devono superare è costituito dalle masse popolari europee. Non si tratta di una fantasia sentimentale; si tratta del fatto "solido e duro" che per lanciarsi in una competizione a 360 gradi con l'imperialismo degli USA (che è peraltro l'unica condotta che essi possono mettere in campo per uscire dalla stagnazione economica) i gruppi imperialisti europei devono indurre le masse popolari all'interno dei loro Stati ad accettare il riarmo e le riforme (pensioni, mercato del lavoro, sicurezza sociali, ecc) ed a collaborare alla loro lotta per l'egemonia mondiale, almeno quanto le masse popolari in America collaborano con la politica imperialista degli Stati Uniti.
Altro che "diritti umani", "democrazia" e "sviluppo"! Criminali ed infami: ecco il vero volto dei servi dell'imperialismo! Se questa, quindi, è la realtà socio-politica a noi presente, se questo è nella sua totalità (e lo è veramente) il quadro d'insieme dello stato di cose, che sempre maggiormente ci verrà imposto con ogni mezzo senza nessuno scrupolo da parte del potere, passando (come è stato già fatto in passato) sopra la dignità ed i diritti e la vita dei singoli casi come dei popoli, noi come Nazionalrivoluzionari e combattenti politici abbiamo il preciso obbligo di gettare le basi programmatiche di un progetto politico e rivoluzionario che tramite la controinformazione e la mobilitazione di massa tenti di arginare il decorso rovinoso che questi criminali tentano di applicare ai popoli di Europa e non.
Dobbiamo innanzi tutto appoggiare ogni rivolta popolare anticapitalista ed antimondialista in qualsiasi parte del globo, ove questa nasca e si svolga. Dalla rivolta sciita in Libano alla lotta partigiana Palestinese, entrambe vittime dell'invasore-occupante giudeo-sionista. Per poi passare alla resistenza afghana, a quella irachena contro la criminale barbarie degli USA e dei loro alleati; senza poi tralasciare la lotta che in Colombia vede contrapposte le FARC contro le bande criminali filo-governative dirette dalla CIA. E poi aggiungerò fregandomene altamente se qualche borghese di destra si indignerà (speriamo sia proprio così) che noi Nazionalrivoluzionari appoggiamo idealmente anche le varie resistenze comuniste nei differenti scenari ove queste si situano e combattono: dal Perù al Nepal, dall'India alle Filippine, alla Turchia. Non ci interessano gli steccati verbosi e verbali, ciò che dobbiamo cercare e trovare è l'unità politica del Fronte Antimondialista, che è antistatunitense ed antisionista! La metodologia operativa può essere anche discussa ed analizzata, approvata o ricusata, ma sul bersaglio cui concentrare i nostri sforzi no! E neanche può minimamente essere preso in considerazione il fatto di dilettarci dialetticamente su come e quando attivarci politicamente, al fine di innescare la nostra giusta battaglia politico-rivoluzionaria: subito, ora! Il metodo, invece, lo abbiamo già ripetuto centinaia di volte. Facendo opera di proselitismo nei posti di lavoro, tra i precari, i disoccupati, i senza casa, tra i nullatenenti e tra tutti quelli che subiscono la tirannide di questo Stato che altro non è che la lunga mano del capitale internazionale e cosmopolita. Dando, quindi, a queste persone una coscienza-conoscenza politica e rivendicativa nonché rivoluzionaria dovremo poi, come avanguardia politica, creare il "ricettacolo" organizzativo che accolga prima e sappia muovere successivamente figure politiche nel campo della battaglia politico-rivoluzionaria. Ma proprio per evitare voli pindarici di 'icarica' memoria, rimaniamo nel terreno a noi presente e pertinente, con i piedi ben piantati al suolo.
Come prima fase dobbiamo con tutte le nostre forze "sfondare" all'esterno, nel mezzo di quelle realtà alle quali a noi interessa propagare il nostro messaggio politico. Dobbiamo, in ultima sintesi, trovare alleati tattici e strategici da qualsiasi parte provengano e con qualsiasi formazione politica e dottrinaria; questo nel momento attuale non è affatto essenziale.
Ciò che invece è e sarà sempre imprescindibile sarà la volontà politica di essere e di costruire e di fare politica in termini radicali rispetto a dei postulati incontrovertibili di tipo anticapitalistici e rivoluzionari rispetto all'ordine di cose esistenti e che investa, quindi, l'intera sfera del vivere e dell'essere (politica, economia e società, rapporti interpersonali ecc.). Su questo non dobbiamo invece accettare minimamente discussioni.
Bene, diamoci da fare contro tutto e tutti, abbiamo una sola vita, vediamo allora di spenderla bene. Se avremo vissuto combattendo, statene certi, non potremo mai essere sconfitti. Vada come vada; 'sputiamo' in faccia al potere mondialista, gridiamogli in volto tutta la nostra avversione possibile, ieri come oggi: «Me ne frego!».


Massimiliano De Simone