REVISIONISMI. UN FILM DI ANDREA PAMPARANA, FATTO DI 34 INTERVISTE, VA IN EDICOLA E IN TV
Su Craxi e con Craxi, Mani Pulite reloaded in un dvd
Su Tangentopoli un film, nel senso della fiction, c'è già, anche se nessuno lo ricorda. Si chiama Onorevoli detenuti, lo diresse nel 1999 Giancarlo Planta immaginando, «senza scadere in garantismi pelosi» annota il dizionario Mereghetti, le tribolazioni umane e politiche di un deputato socialista in custodia preliminare vessato da un ambizioso procuratore. Magari si potrebbe ripescarlo quando, tra circa un anno, Mani pulite approderà su Canale 5 o Rete 4 dopo una doppia distribuzione in edicola, sotto forma di dvd: una tra due o tre settimane (insomma prima delle elezioni europee) insieme a Panorama, una più in là nel quadro della collana Novecento edita dall'Istituto Luce.
Benché il manifesto, raffigurante su fondo nero la bilancia della giustizia che pende da una parte, lo presenti come «un film di Andrea Pamparana», Mani pulite è, più correttamente, un'inchiesta condotta dal vice direttore del Tg5 e prodotta da Giovanni Di Clemente. Materiale di repertorio, non consumato dalle repliche, scelto con buon senso dello spettacolo (per intenderci, non si vede il nodo scorsoio esibito dalla Lega alla Camera o Enzo Carra in manette), viene mischiato a 34 interviste con protagonisti, osservatori e commentatori delle note vicende giudiziarie. Ne esce fuori un documentario abbastanza equilibrato, sicuramente non «terzista», per usare le parole del suo autore: il quale, rivedendo alcuni dei propri giudizi, sembra dedicare il suo film alla figura politica e umana di Bettino Craxi, vittima sacrificale. E' il segretario del Psi, ripreso alla Camera il 3 luglio del 1992, quando riconosce in una generale chiamata di correo che «buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale», ad aprire i 90 minuti di proiezione; è ancora Craxi, intervistato ad Hammamet nel 1997, a chiudere il filmato ammonendo: «Tutte le volte che compiono delle ingiustizie poi arriva il giorno in cui ognuno fa il bilancio, e si vedrà se l'esaltazione che è stata fatta di certi eroici paladini della giustizia, di certi eroici capitani di ventura, corrisponde a verità». In mezzo c'è l'Italia corrosa, giacobina, gasata di quegli anni cruciali, allorché una intera classe politica venne cancellata in buona misura per via giudiziaria.
A parlare nelle 34 interviste (la versione lunga, 9 ore, sarà accoppiata al film normale) sono politici come Occhetto, Cossiga, Scalfaro, Martelli, Maroni, Macaluso, inquisiti come Cusani e Pomicino, magistrati come Di Pietro e Colombo, giornalisti come Facci, Ferrara, Scalfari, Mauro, Palombelli, Teodori, Pansa, Polito. Il montaggio è talvolta malizioso, in modo da creare un ideale piano e contropiano, un contraddittorio a distanza, ma la tesi di fondo - ci furono due pesi e due misure nell'accanimento giudiziario - appare legittima, anche se Filippo Ceccarelli ieri mattina, dopo aver visto il filmato, parlava di «pestaggio della magistratura» (magari ci si chiede perché mostrare due volte l'avvocato Previti).
Naturalmente ciascuno ripropone il proprio punto di vista: Scalfari, ad esempio, filosofeggia sull'indole «sostanzialmente individualistica e anarcoide» degli italiani citando il principe di Salina, Violante riconosce che la gazzarra davanti al Raphael fu «incivile e vergognosa», Mastella sostiene che «dando subito lo scalpo di Craxi si sarebbe salvata la partita», Cusani accusa la magistratura di «aver lavorato per il re di Prussia, per i poteri forti», risparmiando la Fiat e colpendo la Ferruzzi, Pansa spiega che «probabilmente i meccanismi percettivi dei soldi legati al vecchio Pci erano migliori rispetto a quelli degli altri partiti».
Ma il bello del film, a sorpresa, sta altrove, nei dettagli inattesi, negli ambienti bizzarri che fanno da sfondo alle testimonianze: Occhetto si fa ritrarre accanto a una libreria dove rifulgono centinaia di copie dello stesso libro (il suo); Maroni espone vezzosamente alla telecamera una collezione di cravatte appese al muro dell'ufficio ministeriale; Guzzanti sfodera coloratissime poltroncine maculate, di un adorabile kitsch; Di Pietro piazza sul tavolo, Berlusconi style, una rassicurante foto di famiglia. Già, Di Pietro e Occhetto: ieri cordialmente avversari, quando il primo indagava sul secondo, oggi strana coppia della politica.
da il riformista