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    Predefinito 22 maggio - S. Rita da Cascia

    Il 22 maggio si celebra la memoria di S. Rita da Cascia, la santa dei casi impossibili.
    In suo onore apro questo thread.

    Augustinus

    *****
    Dal sito SANTI E BEATI:

    Santa Rita da Cascia, Vedova e religiosa

    22 maggio - Memoria Facoltativa

    Roccaporena, presso Cascia, Perugia, c. 1381 - Cascia, Perugia, 22 maggio 1447

    La tradizione ci racconta che, portata alla vita religiosa, fu data in sposa ad un uomo brutale e violento che, convertito da lei , venne in seguito ucciso per una vendetta. I due figli giurarono di vendicarlo e Rita, non riuscendo a dissuaderli, pregò Dio farli piuttosto morire. Quando ciò si verificò, Rita si ritirò nel locale monastero delle Agostiniane di Santa Maria Maddalena. Qui condusse una santa vita con una particolare spiritualità in cui veniva privilegiata la Passione di Cristo. Durante un'estasi ricevette una speciale stigmata sulla fronte, che le rimase fino alla morte. La sua esistenza di moglie di madre cristiana, segnata dal dolore e dalle miserie umane, è ancora oggi un esempio.

    Patronato: Donne maritate infelicemente, Casi disperati

    Etimologia: Rita = accorc. di Margherita

    Martirologio Romano: Santa Rita, religiosa, che, sposata con un uomo violento, sopportò con pazienza i suoi maltrattamenti, riconciliandolo infine con Dio; in seguito, rimasta priva del marito e dei figli, entrò nel monastero dell’Ordine di Sant’Agostino a Cascia in Umbria, offrendo a tutti un sublime esempio di pazienza e di compunzione.

    Martirologio tradizionale (22 maggio): A Cascia, in Umbria, santa Rita Vedova, Monaca dell'Ordine degli Eremiti di sant'Agostino, la quale, dopo le nozze del secolo, amò unicamente l'eterno sposo Cristo.

    Fra le tante stranezze o fatti strepitosi che accompagnano la vita dei santi, prima e dopo la morte, c’è ne uno in particolare che riguarda s. Rita da Cascia, una delle sante più venerate in Italia e nel mondo cattolico, ed è che essa è stata beatificata ben 180 anni dopo la sua morte e addirittura proclamata santa a 453 anni dalla morte.
    Quindi una santa che ha avuto un cammino ufficiale per la sua canonizzazione molto lento (si pensi che sant’Antonio di Padova fu proclamato santo un anno dopo la morte), ma nonostante ciò s. Rita è stata ed è una delle più venerate ed invocate figure della santità cattolica, per i prodigi operati e per la sua umanissima vicenda terrena.
    Rita ha il titolo di “santa dei casi impossibili”, cioè di quei casi clinici o di vita, per cui non ci sono più speranze e che con la sua intercessione, tante volte miracolosamente si sono risolti.
    Nacque intorno al 1381 a Roccaporena, un villaggio montano a 710 metri s. m. nel Comune di Cascia, in provincia di Perugia; i suoi genitori Antonio Lottius e Amata Ferri erano già in età matura quando si sposarono e solo dopo dodici anni di vane attese, nacque Rita, accolta come un dono della Provvidenza.
    La vita di Rita fu intessuta di fatti prodigiosi, che la tradizione, più che le poche notizie certe che possediamo, ci hanno tramandato; ma come in tutte le leggende c’è alla base senz’altro un fondo di verità.
    Si racconta quindi che la madre molto devota, ebbe la visione di un angelo che le annunciava la tardiva gravidanza, che avrebbero ricevuto una figlia e che avrebbero dovuto chiamarla Rita; in ciò c’è una similitudine con s. Giovanni Battista, anch’egli nato da genitori anziani e con il nome suggerito da una visione.
    Poiché a Roccaporena mancava una chiesa con fonte battesimale, la piccola Rita venne battezzata nella chiesa di S. Maria della Plebe a Cascia e alla sua infanzia è legato un fatto prodigioso; dopo qualche mese, i genitori, presero a portare la neonata con loro durante il lavoro nei campi, riponendola in un cestello di vimini poco distante.
    E un giorno mentre la piccola riposava all’ombra di un albero, mentre i genitori stavano un po’ più lontani, uno sciame di api le circondò la testa senza pungerla, anzi alcune di esse entrarono nella boccuccia aperta depositandovi del miele. Nel frattempo un contadino che si era ferito con la falce ad una mano, lasciò il lavoro per correre a Cascia per farsi medicare; passando davanti al cestello e visto la scena, prese a cacciare via le api e qui avvenne la seconda fase del prodigio, man mano che scuoteva le braccia per farle andare via, la ferita si rimarginò completamente. L’uomo gridò al miracolo e con lui tutti gli abitanti di Roccaporena, che seppero del prodigio.
    Rita crebbe nell’ubbidienza ai genitori, i quali a loro volta inculcarono nella figlia tanto attesa, i più vivi sentimenti religiosi; visse un’infanzia e un’adolescenza nel tranquillo borgo di Roccaporena, dove la sua famiglia aveva una posizione comunque benestante e con un certo prestigio legale, perché a quanto sembra ai membri della casata Lottius, veniva attribuita la carica di ‘pacieri’ nelle controversie civili e penali del borgo.
    Già dai primi anni dell’adolescenza Rita manifestò apertamente la sua vocazione ad una vita religiosa, infatti ogni volta che le era possibile, si ritirava nel piccolo oratorio, fatto costruire in casa con il consenso dei genitori, oppure correva al monastero di Santa Maria Maddalena nella vicina Cascia, dove forse era suora una sua parente.
    Frequentava anche la chiesa di S. Agostino, scegliendo come suoi protettori i santi che lì si veneravano, oltre s. Agostino, s. Giovanni Battista e Nicola da Tolentino, canonizzato poi nel 1446. Aveva tredici anni quando i genitori, forse obbligati a farlo, la promisero in matrimonio a Fernando Mancini, un giovane del borgo, conosciuto per il suo carattere forte, impetuoso, perfino secondo alcuni studiosi, brutale e violento.
    Rita non ne fu entusiasta, perché altre erano le sue aspirazioni, ma in quell’epoca il matrimonio non era tanto stabilito dalla scelta dei fidanzati, quando dagli interessi delle famiglie, pertanto ella dovette cedere alle insistenze dei genitori e andò sposa a quel giovane ufficiale che comandava la guarnigione di Collegiacone, del quale “fu vittima e moglie”, come fu poi detto.
    Da lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la nascita di due gemelli e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e renderlo più docile; fu un cambiamento che fece gioire tutta Roccaporena, che per anni ne aveva dovuto subire le angherie.
    I figli Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, crebbero educati da Rita Lottius secondo i principi che le erano stati inculcati dai suoi genitori, ma essi purtroppo assimilarono anche gli ideali e regole della comunità casciana, che fra l’altro riteneva legittima la vendetta.
    E venne dopo qualche anno, in un periodo non precisato, che a Rita morirono i due anziani genitori e poi il marito fu ucciso in un’imboscata una sera mentre tornava a casa da Cascia; fu opera senz’altro di qualcuno che non gli aveva perdonato le precedenti violenze subite.
    Ai figli ormai quindicenni, cercò di nascondere la morte violenta del padre, ma da quel drammatico giorno, visse con il timore della perdita anche dei figli, perché aveva saputo che gli uccisori del marito, erano decisi ad eliminare gli appartenenti al cognome Mancini; nello stesso tempo i suoi cognati erano decisi a vendicare l’uccisione di Fernando Mancini e quindi anche i figli sarebbero stati coinvolti nella faida di vendette che ne sarebbe seguita.
    Narra la leggenda che Rita per sottrarli a questa sorte, abbia pregato Cristo di non permettere che le anime dei suoi figli si perdessero, ma piuttosto di toglierli dal mondo, “Io te li dono. Fà di loro secondo la tua volontà”. Comunque un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono, fra il dolore cocente della madre.
    A questo punto inserisco una riflessione personale, sono del Sud Italia e in alcune regioni, esistono realtà di malavita organizzata, ma in alcuni paesi anche faide familiari, proprio come al tempo di s. Rita, che periodicamente lasciano sul terreno morti di ambo le parti. Solo che oggi abbiamo sempre più spesso donne che nell’attività malavitosa, si sostituiscono agli uomini uccisi, imprigionati o fuggitivi; oppure ad istigare altri familiari o componenti delle bande a vendicarsi, quindi abbiamo donne di mafia, di camorra, di ‘ndrangheta, di faide familiari, ecc.
    Al contrario di s. Rita che pur di spezzare l’incipiente faida creatasi, chiese a Dio di riprendersi i figli, purché non si macchiassero a loro volta della vendetta e dell’omicidio.
    S. Rita è un modello di donna adatto per i tempi duri. I suoi furono giorni di un secolo tragico per le lotte fratricide, le pestilenze, le carestie, con gli eserciti di ventura che invadevano di continuo l’Italia e anche se nella bella Valnerina questi eserciti non passarono, nondimeno la fame era presente.
    Poi la violenza delle faide locali aggredì l’esistenza di Rita Lottius, distruggendo quello che si era costruito; ma lei non si abbatté, non passò il resto dei suoi giorni a piangere, ma ebbe il coraggio di lottare, per fermare la vendetta e scegliere la pace. Venne circondata subito di una buona fama, la gente di Roccaporena la cercava come popolare giudice di pace, in quel covo di vipere che erano i Comuni medioevali. Esempio fulgido di un ruolo determinante ed attivo della donna, nel campo sociale, della pace, della giustizia.
    Ormai libera da vincoli familiari, si rivolse alle Suore Agostiniane del monastero di S. Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro; ma fu respinta per tre volte, nonostante le sue suppliche. I motivi non sono chiari, ma sembra che le Suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie del luogo e solo dopo una riappacificazione, avvenuta pubblicamente fra i fratelli del marito ed i suoi uccisori, essa venne accettata nel monastero.
    Per la tradizione, l’ingresso avvenne per un fatto miracoloso, si narra che una notte, Rita come al solito, si era recata a pregare sullo “Scoglio” (specie di sperone di montagna che s’innalza per un centinaio di metri al disopra del villaggio di Roccaporena), qui ebbe la visione dei suoi tre santi protettori già citati, che la trasportarono a Cascia, introducendola nel monastero, si cita l’anno 1407; quando le suore la videro in orazione nel loro coro, nonostante tutte le porte chiuse, convinte dal prodigio e dal suo sorriso, l’accolsero fra loro.
    Quando avvenne ciò Rita era intorno ai trent’anni e benché fosse illetterata, fu ammessa fra le monache coriste, cioè quelle suore che sapendo leggere potevano recitare l’Ufficio divino, ma evidentemente per Rita fu fatta un’eccezione, sostituendo l’ufficio divino con altre orazioni.
    La nuova suora s’inserì nella comunità conducendo una vita di esemplare santità, praticando carità e pietà e tante penitenze, che in breve suscitò l’ammirazione delle consorelle. Devotissima alla Passione di Cristo, desiderò di condividerne i dolori e questo costituì il tema principale delle sue meditazioni e preghiere.
    Gesù l’esaudì e un giorno nel 1432, mentre era in contemplazione davanti al Crocifisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi nella fronte, producendole una profonda piaga, che poi divenne purulenta e putrescente, costringendola ad una continua segregazione.
    La ferita scomparve soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma, fatto per perorare la causa di canonizzazione di s. Nicola da Tolentino, sospesa dal secolo precedente; ciò le permise di circolare fra la gente.
    Si era talmente immedesimata nella Croce, che visse nella sofferenza gli ultimi quindici anni, logorata dalle fatiche, dalle sofferenze, ma anche dai digiuni e dall’uso dei flagelli, che erano tanti e di varie specie; negli ultimi quattro anni si cibava così poco, che forse la Comunione eucaristica era il suo unico sostentamento e fu costretta a restare coricata sul suo giaciglio.
    E in questa fase finale della sua vita, avvenne un altro prodigio, essendo immobile a letto, ricevé la visita di una parente, che nel congedarsi le chiese se desiderava qualcosa della sua casa di Roccaporena e Rita rispose che le sarebbe piaciuto avere una rosa dall’orto, ma la parente obiettò che si era in pieno inverno e quindi ciò non era possibile, ma Rita insisté.
    Tornata a Roccaporena la parente si recò nell’orticello e in mezzo ad un rosaio, vide una bella rosa sbocciata, stupita la colse e la portò da Rita a Cascia, la quale ringraziando la consegnò alle meravigliate consorelle.
    Così la santa vedova, madre, suora, divenne la santa della ‘Spina’ e la santa della ‘Rosa’; nel giorno della sua festa questi fiori vengono benedetti e distribuiti ai fedeli.
    Il 22 maggio 1447 Rita si spense, mentre le campane da sole suonavano a festa, annunciando la sua ‘nascita’ al cielo. Si narra che il giorno dei funerali, quando ormai si era sparsa la voce dei miracoli attorno al suo corpo, comparvero delle api nere, che si annidarono nelle mura del convento e ancora oggi sono lì, sono api che non hanno un alveare, non fanno miele e da cinque secoli si riproducono fra quelle mura.
    Per singolare privilegio il suo corpo non fu mai sepolto, in qualche modo trattato secondo le tecniche di allora, fu deposto in una cassa di cipresso, poi andata persa in un successivo incendio, mentre il corpo miracolosamente ne uscì indenne e riposto in un artistico sarcofago ligneo, opera di Cesco Barbari, un falegname di Cascia, devoto risanato per intercessione della santa.
    Sul sarcofago sono vari dipinti di Antonio da Norcia (1457), sul coperchio è dipinta la santa in abito agostiniano, stesa nel sonno della morte su un drappo stellato; il sarcofago è oggi conservato nella nuova basilica costruita nel 1937-1947; anche il corpo riposa incorrotto in un’urna trasparente, esposto alla venerazione degli innumerevoli fedeli, nella cappella della santa nella Basilica-Santuario di S. Rita a Cascia.
    Accanto al cuscino è dipinta una lunga iscrizione metrica che accenna alla vita della “Gemma dell’Umbria”, al suo amore per la Croce e agli altri episodi della sua vita di monaca santa; l’epitaffio è in antico umbro ed è di grande interesse quindi per conoscere il profilo spirituale di S. Rita.
    Bisogna dire che il corpo rimasto prodigiosamente incorrotto e a differenza di quello di altri santi, non si è incartapecorito, appare come una persona morta da poco e non presenta sulla fronte la famosa piaga della spina, che si rimarginò inspiegabilmente dopo la morte.
    Tutto ciò è documentato dalle relazioni mediche effettuate durante il processo per la beatificazione, avvenuta nel 1627 con papa Urbano VIII; il culto proseguì ininterrotto per la santa chiamata “la Rosa di Roccaporena”; il 24 maggio 1900 papa Leone XIII la canonizzò solennemente.
    Al suo nome vennero intitolate tante iniziative assistenziali, monasteri, chiese in tutto il mondo; è sorta anche una pia unione denominata “Opera di S. Rita” preposta al culto della santa, alla sua conoscenza, ai continui pellegrinaggi e fra le tante sue realizzazioni effettuate, la cappella della sua casa, la cappella del “Sacro Scoglio” dove pregava, il santuario di Roccaporena, l’Orfanotrofio, la Casa del Pellegrino.
    Il cuore del culto comunque resta il Santuario ed il monastero di Cascia, che con Assisi, Norcia, Cortona, costituiscono le culle della grande santità umbra.

    Autore: Antonio Borrelli










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    Urna col corpo incorrotto di S. Rita

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    A. M. Nardi, S. Rita, 1947, Cascia








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    Predefinito Omaggio quotidiano a santa Rita da Cascia

    Eccomi ai tuoi piedi, o gloriosissima taumaturga santa Rita, che dal santuario di Cascia, dove si venera il tuo corpo, spargi nel mondo le più insigni beneficenze; eccomi ad offrirti un omaggio quotidiano del mio cuore, riconoscente e devoto.
    Ti venero o santa degli impossibili, salvami sempre dai mali irreparabili.
    Ti invoco, o figlia rassegnata del Crocifisso, tieni lungi da me e dai miei cari la disperazione, che è la morte dell'anima.
    Ti lodo, o modello dell'età giovanile, difendi la gioventù dalle insidie dell'incredulità e della corruzione.
    Ti benedico, o pietosa soccorritrice di tutte le miserie, porgimi aiuto in ogni bisogno e sventura.
    Ti esalto, o eroina di ogni virtù, ottienimi la grazia di imitarti nella mansuetudine, nella pazienza, e nella carità. Così piacerò sicuramente a Dio e onorerò te, che niente altro desideri se non di vederlo benedetto da tutti.
    Ti amo, mia potentissima patrona, nella tua intercessione ho riposto tutte le più belle speranze. Domanda a Gesù Crocifisso, ai cui piedi sei rappresentata in tutte le tue immagini in atto di ricevere una spina della Sua corona dolorosa, domanda e ottienimi il perdono dei miei peccati. Intercedi per me presso di Lui specialmente per questa grazia...
    Ti saluto, o stella di Cascia, gemma dell'Umbria, gloria purissima dell'Italia, astro fulgido del Paradiso! Sii guida fedele a me e ai miei cari nelle tempeste della vita, conducimi al porto sospirato del cielo, affinché possa amarti e benedirti, e con te amare e benedire in eterno il misericordioso Signore. Amen.

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    OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO

    PELLEGRINAGGIO DEI DEVOTI DI SANTA RITA DA CASCIA


    Sabato, 20 maggio 2000

    Cari Concelebranti, fratelli e sorelle nel Signore!

    Il Grande Giubileo del 2000 sta richiamando a Roma folle di fedeli in preghiera, per celebrare il grande dono della venuta al mondo del Redentore e per rinnovare la propria fede in Cristo e nella Santa Chiesa, che ne continua l'opera fino alla fine dei secoli.

    In questo devoto pellegrinaggio avete voluto inserirvi anche voi, devoti di Santa Rita, provenienti da Cascia, dall'Umbria e da varie regioni del mondo.

    Qui siete voluti venire portando con voi le venerate spoglie della Santa, ricordando quel lontano 24 maggio del 1900, allorquando il Papa Leone XIII di v.m. l'elevava agli onori degli altari e la proponeva come modello di vita cristiana alle generazioni di questo secolo ed a quelle future.

    1. Una presenza di Dio

    Entrando in questa splendida piazza di S. Pietro, voi avere cantato l'inno della Santa: "Ogni stagione del mondo / attraversa una notte / e l'uomo sempre si sente/ smarrito e bambino, / sente il bisogno di stelle, / segni d'amore nel cielo, / e il Signore le accende, / nel cielo lassù".

    Santa Rita è un segno di quest'amore di Dio. La storia della Chiesa è segnata da tante figure meravigliose di uomini e donne, che sono diventate per noi una prova della potenza santificante della Grazia di Cristo ed un incoraggiamento a proseguire nel nostro cammino.

    Questo è anche il messaggio che Santa Rita da Cascia da più di cinque secoli trasmette a tanti uomini e donne nell'Italia e nel mondo. È il messaggio della santità che può fiorire in ogni condizione sociale. È il messaggio della conformità totale alla Volontà di Dio, anche nell'ora del dolore.

    2. L'abbandono in Dio

    Nel Vangelo abbiamo ascoltato la parola di Gesù: "Ogni tralcio che porta frutto il Padre mio lo pota, perché ne porti ancor più" (Gv 15, 2). La potatura a cui fu sottoposta la giovane Rita da Cascia fu molto profonda. Essa però si abbandonò totalmente nelle mani del Signore. Come è riportato nell'iscrizione dell'urna in cui riposa, "tucta allui se diete", tutta a Lui si diede. Per Gesù visse ed operò. Come il Crocifisso soffrì e perdonò, ricordando sempre le parole di Gesù in croce: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23, 34).

    Questa fu la sua spiritualità come sposa e come madre. Questo fu il suo atteggiamento interiore nei lunghi anni - circa quaranta - passati nel Monastero di S. Maria Maddalena. Essa seppe ritrovare nella preghiera il respiro della speranza e nell'abbandono nelle mani di Dio Padre il segreto della sua serenità in ogni prova.

    Così la vediamo di fronte all'uccisione dello sposo ed alla tragedia della peste che la priva dei suoi figli. Così la contempliamo nella pace del convento, in totale adesione alla volontà di Dio. Con Dante, la Santa avrebbe potuto ripetere: "In sua voluntate è nostra pace".

    3. Come in cielo

    Nelle prime tre domande del "Padre nostro" Gesù ci ha invitato ad elevare il nostro sguardo verso il Padre: al suo Nome, al suo Regno, alla sua Volontà, a quella sua volontà che deve attuarsi sulla terra, come essa si realizza nel cielo. S. Giovanni Crisostomo così commentava: "perché la terra non sia diversa dal cielo" (omelia su S. Matteo 19, 5)!

    Alla scuola di S. Agostino, la nostra Santa aveva imparato a vedere in Gesù il modello perfetto dell'adesione alla volontà del Padre. Leggiamo infatti, in S. Agostino, nel suo commento al "Padre nostro": "Possiamo anche, senza offendere la verità, dare alle parole: "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra" questo significato: sia fatta la tua volontà nella Chiesa come nel Signore nostro Gesù Cristo, sia fatta nella Sposa ciò che si è fatto nello Sposo, che ha compiuto la volontà del Padre" (De Sermone Domini in monte, 2, 6).

    4. Le nostre rose

    Cari devoti di S. Rita, siete qui convenuti per celebrare il vostro Giubileo. Molti hanno portato con sé anche una rosa, il fiore tanto caro alla nostra Santa e che ben rappresenta l'ideale della sua vita: tutto per amore, solo per amore. Ma la rosa più bella che possiamo oggi portare con noi è quella del nostro amore a Cristo ed alla Sua Santa Chiesa. Sarà il frutto più bello del Giubileo.

    Con questo spirito era venuta qui, presso la tomba di S. Pietro, la nostra Santa, insieme alle altre Agostiniane del suo convento, in occasione della canonizzazione di fra Nicola da Tolentino, il 5 giugno del 1446. Qui aveva rinnovato la sua fede e si era rinnovata nella preghiera. Sia così anche per tutti voi!

    5. Conclusione

    Ritornerete così alle vostre case portando con voi il ricordo di questa giornata luminosa, confortati anche dalla Benedizione del Papa, che presto sarà in mezzo a noi.

    Il Papa Urbano VIII, che da Vescovo di Spoleto, aveva ben conosciuto l'irradiazione spirituale che proveniva dalla grande figura della religiosa di Cascia, l'aveva proclamata Beata il 1° luglio 1628. Il Papa Leone XIII la canonizzava poi agli albori di questo secolo, il 24 maggio del 1900.

    Giovanni Paolo II si unirà fra breve alla nostra comune preghiera, affinché la grande Santa di Cascia continui ad intercedere per tutti noi, perché possiamo essere fedeli alla nostra vocazione cristiana, trasmettendo la fiaccola della nostra fede alle generazioni del Terzo Millennio. E così sia!


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    UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II

    AI PARTECIPANTI AI PELLEGRINAGGI GIUBILARI
    DEI DEVOTI DI SANTA RITA DA CASCIA
    E DEI CAVALIERI DEL LAVORO


    Sabato, 20 maggio 2000

    Carissimi Fratelli e Sorelle!

    1. Sono lieto di porgervi un cordiale benvenuto e di manifestarvi la mia gioia per il singolare evento che ci ha qui raccolti. Siete giunti numerosi per compiere il vostro pellegrinaggio a Roma e varcare la Porta Santa del Grande Giubileo. Saluto il caro Monsignor Riccardo Fontana, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, e lo ringrazio per le parole ed i voti augurali che a vostro nome mi ha rivolto. Saluto i Padri Generali, i Religiosi e le Monache dell'Ordine di sant'Agostino, come pure le Autorità presenti di ogni ordine e grado. Questa vostra presenza mi richiama alla memoria la sosta che ho avuto modo di compiere vent'anni fa nel Comune di Cascia, per visitare le popolazioni colpite dal sisma del 1979.

    Tra di noi oggi vi è una pellegrina illustre che, dal cielo, si unisce alla nostra preghiera. E' santa Rita da Cascia, le cui spoglie mortali, trasportate a Roma dalla Polizia Italiana, accompagnano le schiere dei devoti che l'invocano con affettuosa familiarità ed a lei manifestano con fiducia i problemi e le angosce che pesano sul loro cuore.

    Il santuario di Cascia oggi si è come trasferito in Piazza san Pietro. E a venerarla siete venuti voi, cari pellegrini, da ogni parte del mondo. Insieme con lei, voi intendete rinnovare al Vicario di Cristo, come ella fece, quand'era in vita, i sentimenti più profondi di fedeltà e di comunione.

    I resti mortali di santa Rita, che quest'oggi qui veneriamo, costituiscono una testimonianza significativa dell'opera che il Signore compie nella storia, quando trova cuori umili e disponibili al suo amore. Noi vediamo il corpo esile di una donna piccola di statura ma grande nella santità, che visse nell'umiltà ed ora è nota nel mondo intero per la sua eroica esistenza cristiana di sposa, di madre, di vedova e di monaca. Radicata profondamente nell'amore di Cristo, Rita trovò nella sua fede incrollabile la forza per essere in ogni circostanza donna di pace.

    Nel suo esempio di totale abbandono a Dio, nella sua trasparente semplicità e nella sua granitica adesione al Vangelo è possibile anche a noi trovare le indicazioni opportune per essere cristiani autentici in quest'alba del terzo millennio.

    2. Ma qual è il messaggio che questa Santa ci trasmette? E' un messaggio che emerge dalla sua vita: umiltà ed obbedienza sono state la via sulla quale Rita ha camminato verso un'assimilazione sempre più perfetta al Crocifisso. La stigmata che brilla sulla sua fronte è l'autenticazione della sua maturità cristiana. Sulla Croce con Gesù, ella si è in certo modo laureata in quell'amore, che aveva già conosciuto ed espresso in modo eroico tra le mura di casa e nella partecipazione alle vicende della sua città.

    Seguendo la spiritualità di sant'Agostino, si fece discepola del Crocifisso ed "esperta nel soffrire", imparò a capire le pene del cuore umano. Rita diventò così avvocata dei poveri e dei disperati, ottenendo per chi l'ha invocata nelle più diverse situazioni innumerevoli grazie di consolazione e di conforto.

    Rita da Cascia fu la prima donna ad essere canonizzata nel Grande Giubileo dell'inizio del secolo ventesimo, il 24 maggio 1900. Nel decretarne la santità, il mio Predecessore Leone XIII osservò che ella piacque a Cristo, tanto che la volle insignire con il sigillo della sua carità e della sua passione. Un simile privilegio le fu accordato per la sua umiltà singolare, per l'interiore distacco dalle brame terrene e per l'ammirabile spirito penitenziale che accompagnarono ogni momento della sua vita (cfr Lett. ap. Umbria gloriosa sanctorum parens, Acta Leonis XX, pp. 152-153).

    3. Mi piace quest'oggi, a cent'anni dalla sua canonizzazione, riproporla come segno di speranza specialmente alle famiglie. Care famiglie cristiane, imitando il suo esempio, sappiate anche voi trovare nell'adesione a Cristo la forza per portare a compimento la vostra missione al servizio della civiltà dell'amore!

    Se chiediamo a santa Rita quale sia il segreto per questa straordinaria opera di rinnovamento sociale e spirituale, essa ci risponde: la fedeltà all'Amore crocifisso. Rita con Cristo e come Cristo giunge alla Croce sempre e solo per amore. Come lei, allora, volgiamo lo sguardo e il cuore a Gesù morto sulla croce e risorto per la nostra salvezza. E' lui, il nostro Redentore, che rende possibile, come fece per questa cara Santa, la missione di unità e di fedeltà che è propria della famiglia, anche nei momenti di crisi e di difficoltà. E' ancora lui che rende concreto l'impegno dei cristiani nel costruire la pace, aiutandoli a superare i conflitti e le tensioni, purtroppo così frequenti nella vita quotidiana.

    4. La Santa di Cascia appartiene alla grande schiera delle donne cristiane che "hanno avuto significativa incidenza sulla vita della Chiesa, come anche su quella della società" (Lett. ap. Mulieris dignitatem, 27). Rita ha bene interpretato il "genio femminile": l'ha vissuto intensamente sia nella maternità fisica che in quella spirituale.

    Ricordavo, nel sesto centenario della sua nascita, che la sua lezione "si concentra su questi elementi tipici di spiritualità: l'offerta del perdono e l'accettazione della sofferenza, non già per una forma di passiva rassegnazione […], ma per la forza di quell'amore verso Cristo che proprio nell'episodio della coronazione ha subìto, con le altre umiliazioni, un'atroce parodia della sua regalità" (Insegnamenti V/1 [1982], 874).

    Carissimi Fratelli e Sorelle, nel mondo la devozione a santa Rita è simboleggiata dalla rosa. E' da sperare che anche la vita di tutti i suoi devoti sia come la rosa raccolta nel giardino di Roccaporena nell'inverno che precedette la morte della Santa. Sia, cioè, una vita sostenuta dall'amore appassionato per il Signore Gesù; un'esistenza capace di rispondere alla sofferenza e alle spine con il perdono e il dono totale di sé, per diffondere ovunque il buon profumo di Cristo (cfr 2 Cor 2, 15), mediante l'annuncio coerente e vissuto del Vangelo. A ciascuno di voi, cari devoti e pellegrini, Rita riconsegna la sua rosa: ricevendola spiritualmente, impegnatevi a vivere come testimoni di una speranza che non delude, e missionari della vita che vince la morte.

    5. Rivolgo ora il mio pensiero cordiale ai soci della Federazione Nazionale Italiana dei Cavalieri del Lavoro, giunti a Roma per celebrare il loro Giubileo. A tutti do il mio benvenuto. Carissimi, la vostra attività è al servizio dell'elevazione economica e sociale dei lavoratori. Vi auguro che, grazie al vostro sforzo, possiate costantemente contribuire al bene comune, alla formazione dei giovani che si inseriscono nel mondo della produzione, alla progressiva eliminazione delle ingiuste sperequazioni, alla soluzione del preoccupante problema della disoccupazione.

    Dinanzi ai rapidi cambiamenti, che investono la società moderna, siate pronti ad affrontare le sfide attuali dell'economia e della globalizzazione, senza perdere mai di vista i fondamentali valori della dignità dell'uomo, della solidarietà con i più deboli, della umanizzazione della fatica e della socialità del lavoro.

    6. Carissimi Fratelli e Sorelle, invoco su di voi la protezione di Maria, in questo mese a Lei particolarmente dedicato. Per sua intercessione, per intercessione anche di santa Rita e san Benedetto siano concesse tutte le grazie necessarie a voi e ai vostri cari. Vi assicuro per questo la mia preghiera, mentre di cuore tutti vi benedico.

  7. #7
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    Ritratto di S. Rita

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    G. da Molazzano, S. Rita da Cascia, Patrona delle rose

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