Il premier Berlusconi finalmente, dopo un lungo periodo di latitanza, si è presentato alle Camere per spiegare ai parlamentari qual è la situazione del nostro contingente - non che servissero le sue parole - ma soprattutto come il governo in carica intende affrontare l’escalation di violenza che sta imperversando in Iraq, e che sta toccando sempre più da vicino i nostri militari stanziati a Nassirya.
Ovviamente, dopo la visita «zerbinata» all’amicone George, Silvio è tornato in Italia motivato sempre più a rimanere in Iraq - anche perché «il rientro è segno di debolezza» - nonostante gli oltre 11mila morti civili iracheni, i venti nostri militari caduti, e nonostante la quasi totalità degli italiani era ed è contraria a questa guerra illegittima, assurda e ingiusta.
Mi domando allora come sia possibile che in una democrazia, cioè «governo del popolo», il popolo non conti assolutamente nulla nelle scelte importanti, siano esse economiche e/o di politica internazionale?
Ha ragione Massimo Fini, quando nel suo libro «Sudditi» dice che «in realtà nessuna democrazia rappresentativa è una democrazia, ma un sistema di minoranze organizzate che prevalgono sulla maggioranza dei cittadini singolarmente presi, soffocandoli, limitandone gravemente la libertà e tenendoli in una condizione di minorità»?
Effettivamente è così: un sistema di minoranze organizzate, i rappresentanti, che nessuno ha espressamente scelto, sta decidendo per noi e contro di noi. Ma d’altronde si sa «il voto non è libero e il consenso è truccato. Noi non scegliamo i candidati alle elezioni. Li scelgono i partiti, cioè le oligarchie. Il popolo che teoricamente e formalmente detiene la sovranità subisci quindi una doppia o tripla espropriazione. Prima delega la sovranità a dei rappresentanti, poi delega ai partiti la scelta dei candidati e infine, poiché gli apparati fanno blocco su chi vogliono che sia effettivamente eletto, anche dei rappresentanti»[1]
Ecco perché noi cittadini (di una democrazia liberal-rappresentativa) abbiamo solo l’illusione di scegliere e/o decidere, mentre in realtà sono le oligarchie e i poteri occulti che stanno dietro.

A proposito di oligarchie e di potere occulto, continuano e preoccupano molto le sanzioni statunitensi alla Siria, colpevole, di essere un «regime criminale che viola il diritto internazionale». La notizia pubblicata il 19 maggio 2004 dalla Pravda russa è titolata: «Gli USA hanno iniziato i preparativi per la guerra in Siria».
Le sanzioni economiche sono però - e la storia insegna - il preludio alla guerra vera e propria! Qualcuno lo aveva profetizzato in passato: dopo l’Iraq tocca alla Siria; e se ci pensiamo bene non è una cosa molto strana vista dalla mente malata dei neocons guerrafondai statunitensi. L’economica americana oggi è tenuta a galla esclusivamente dalla macchina bellica; se tale macchina dovesse «bucare una ruota», cioè se le guerre si fermassero solamente per un po’, l’economia dello stato più potente del mondo ne risentirebbe moltissimo. Anche perché è bene ricordare che il bigliettone verde, il dollaro, è sopravvalutato del 40% e che un semplice blocco e/o ristagno dell’economia avrebbe conseguenze allarmanti.
Per questo la guerra in Iraq, che Bush & C. hanno mosso per tre motivi principali [ a) controllo dei pozzi petroliferi; b) controllo militare in pieno medioriente, con la costruzione di 14 basi da 110mila soldati; c) dollaro contro euro, per impedire lo scambio petrolio-euro], dovrà per forze di cose essere seguita da altre guerre: Siria, Iran, ecc.
Vi sarebbe un quarto motivo, molto più sottile e subdolo: l’esportazione della democrazia. E’ infatti molto significativo che gli americani quando occupano un Paese, si precipitino a imporre elezioni «democratiche». Come mai? Queste servono esclusivamente per legittimare la loro presa di possesso. Prima occupano militarmente - e sono visti come invasori - poi una volta «imposta» la «democrazia», con le buone o con le cattive, diventano magicamente dei «liberatori».

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Saluti