Rapporto Annuale 2004


Italy (the Italian Republic)
Repubblica italiana

Capo di Stato: Carlo Azeglio Ciampi
Capo del governo: Silvio Berlusconi
Pena di morte: abolizionista per tutti i reati
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati


Il funzionamento del sistema giudiziario non è stato conforme agli standard internazionali. Sono pervenute ulteriori denunce di uso eccessivo della forza e maltrattamenti da parte di agenti delle forze dell’ordine e agenti di custodia, nonché rapporti su persone arrestate e detenute morte in circostanze controverse. Le condizioni di detenzione in alcune strutture, tra cui alcuni centri di permanenza temporanea, non hanno rispettato gli standard internazionali. La mancanza di una legge organica sull’asilo, unita ad alcune disposizioni previste dalla legge sull’immigrazione, ha ostacolato molti richiedenti asilo nell’esercizio del loro diritto all’asilo. Sono stati espressi timori che alcuni richiedenti asilo potessero essere forzatamente rimpatriati in paesi in cui erano a rischio di subire gravi violazioni dei diritti umani. Si è temuta, inoltre, l’espulsione verso il paese di origine – in possibile violazione al principio che vieta il rimpatrio forzato (non-refoulement) – di alcune persone ritenute pericolose per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, senza che fosse loro concessa la possibilità di presentare legittimo ricorso contro l’ordine di espulsione. I rom e alcune altre minoranze etniche hanno subito discriminazioni in molti ambiti, tra cui le operazioni di polizia, la casa e il lavoro. Le organizzazioni per i diritti delle donne hanno riferito di un’alta incidenza di violenza domestica contro le donne, solitamente per mano del marito o del compagno. Ha costituito un problema la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e di avviamento al lavoro forzato.


Esame internazionale del sistema giudiziario

Nel mese di gennaio il Relatore speciale sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati ha riferito alla Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani in merito alla missione compiuta in Italia nel novembre 2002. Egli ha affermato che la tensione tra magistratura e governo permaneva, a "detrimento della dovuta amministrazione della giustizia", comprendendovi anche il ritardo nell’approvazione di riforme giuridiche urgentemente necessarie; che i processi contro il presidente del Consiglio e un suo stretto collaboratore per reati penali di corruzione e falso in bilancio contribuivano a mantenere il clima teso, aggravato dallo sfruttamento, da parte dei due imputati, delle "debolezze" delle procedure giudiziarie per ritardare i processi a loro carico e l’utilizzo, a proprio beneficio, di procedimenti parlamentari e legislativi. Il Relatore speciale ha affermato che l’usanza di alcuni magistrati di candidarsi all’elezione in parlamento senza dimettersi dalla carica giudiziaria e di "esprimere pubblicamente opinioni su argomenti politici controversi" erano incompatibili con l’indipendenza della magistratura.

A febbraio il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, dopo aver esaminato le misure adottate per ridurre l’eccessiva lunghezza dei procedimenti giudiziari, ha rilevato che "dovevano ancora essere compiuti progressi significativi perché la giustizia italiana potesse dirsi completamente in linea con la Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali".


Asilo e immigrazione

Migliaia di migranti hanno continuato a giungere via mare sulle coste meridionali e centinaia di altri sono morti nel tentativo di raggiungere il paese. Sono stati riferiti episodi in cui le navi militari italiane hanno respinto le imbarcazioni dei migranti, negando così ad ogni possibile richiedente asilo l’accesso a procedure eque e imparziali per la determinazione del suo diritto all’asilo. L’intercettazione delle imbarcazioni in mare aperto è stata permessa dalla legge sull’immigrazione approvata nel 2002 e applicata parzialmente dopo l’emanazione di alcuni regolamenti attuativi nel corso dell’anno. È stata espressa preoccupazione su alcune disposizioni della legge che autorizzano la detenzione o la restrizione della libertà di molti richiedenti asilo in circostanze che vanno oltre gli standard internazionali o che permettono l’espulsione di richiedenti asilo durante i procedimenti di appello contro il rifiuto della concessione di asilo. Alcuni richiedenti asilo sono stati lasciati in condizioni di indigenza mentre erano in attesa dei risultati della loro domanda di asilo.

***Centri di permanenza temporanea

Le persone raccolte nei centri di permanenza temporanea – in cui gli immigrati irregolari e i richiedenti asilo respinti possono essere detenuti fino a 60 giorni prima dell’espulsione dal paese o del rilascio – spesso hanno incontrato difficoltà nell’ottenere accesso all’assistenza legale necessaria per contestare la legittimità della detenzione o dell’espulsione. Nel mese di gennaio il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia ha espresso preoccupazione sulla detenzione in tali centri di minorenni non accompagnati, sulla mancanza di strutture adatte a riceverli e su "un aumento dei rimpatri senza un adeguato controllo successivo". Il Comitato ha raccomandato maggiori sforzi per creare speciali centri di accoglienza con permanenza "la più breve possibile".

La tensione è andata crescendo nei centri di permanenza temporanea, che spesso erano sovraffollati, antigienici e non fornivano idoneo regime alimentare e adeguata assistenza sanitaria. Il numero di denunce di aggressioni fisiche ai danni delle persone ospitate nei centri è andato progressivamente aumentando.

*Nel mese di ottobre la procura della Repubblica di Lecce ha concluso l’indagine in merito a una denuncia sporta da 17 giovani nordafricani. Essi avevano denunciato che, dopo aver tentato di fuggire dal centro di permanenza temporanea Regina Pacis nella provincia pugliese nel novembre 2002, insieme a decine di altri reclusi erano stati insultati con epiteti razzisti e aggrediti fisicamente da un prete cattolico che fungeva da direttore del centro, così come da circa 6 membri del personale amministrativo e da 11 carabinieri del servizio di sicurezza. Il procuratore della Repubblica ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di rinviare a giudizio gli accusati.

*È stata avviata un’indagine penale su un episodio durante il quale – dopo un tentativo di fuga di due detenuti nordafricani dal centro di permanenza temporanea di Via Mattei a Bologna, avvenuto nel mese di marzo – circa 11 agenti di polizia, un carabiniere e un funzionario della Croce Rossa sono stati coinvolti in un’aggressione fisica nei confronti dei due uomini e di circa altri 10 detenuti.


Maltrattamenti ad opera della polizia

Le denunce di maltrattamenti e di uso eccessivo della forza da parte della polizia spesso hanno riguardato persone appartenenti a minoranze etniche e manifestanti. Nel mese di gennaio il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia ha espresso grave preoccupazione per il "presunto maltrattamenti di agenti delle forze dell’ordine nei confronti di bambini e la larga diffusione di tali abusi, in particolare verso bambini stranieri e di etnia rom".

Sempre a gennaio, il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa (CPT) ha pubblicato il suo rapporto su una visita compiuta in Italia nel febbraio 2000. Il CPT ha rilevato le continue denunce di maltrattamenti da parte di appartenenti alla Polizia di Stato e all’Arma dei carabinieri e la perdurante mancanza di garanzie fondamentali contro i maltrattamenti durante la detenzione da parte delle forze dell’ordine. Il CPT ha chiesto che i detenuti abbiano il diritto, di prassi e per legge, di consultare tempestivamente e in forma privata un avvocato, nonché l’introduzione del diritto di accedere all’assistenza di un medico.

*Sono state avviate indagini sulle denunce relative a una manifestazione di massa contro la guerra svoltasi a Torino nel mese di marzo, durante la quale la polizia e i carabinieri, facendo uso di manganelli e gas lacrimogeni, avrebbero impiegato forza ingiustificata ed eccessiva contro alcuni dimostranti, in particolare nei confronti di manifestanti pacifici appartenenti alla comunità musulmana della città, tra cui circa 50 donne e bambini.

***Aggiornamenti: operazioni di polizia durante le manifestazioni del 2001

Tra le inchieste penali in corso alcune hanno riguardato le operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico nell’ambito delle dimostrazioni di massa svoltesi a Napoli durante il terzo Global Forum (marzo 2001) e a Genova durante il summit dei paesi del G8 (luglio 2001).

*Nel mese di giugno la procura della Repubblica di Napoli ha chiesto al giudice per le indagini preliminari il rinvio a giudizio per 31 agenti di polizia con imputazioni diverse che vanno dal sequestro di persona alle lesioni personali e alla violenza privata. Alcuni agenti sono stati accusati anche di abuso d’ufficio e di falsificazione di verbali di sequestro e di perquisizione. La decisione del giudice era ancora attesa alla fine dell’anno.

*È terminata nel mese di maggio l’inchiesta sull’uccisione di un manifestante contro il G8, Carlo Giuliani, colpito da un carabiniere in servizio di leva. La giudice per le indagini preliminari ha concluso che l’agente aveva agito per legittima difesa, utilizzando l’arma da fuoco conformemente alla legge, e che non doveva essere incriminato. La giudice ha anche deciso il non luogo a procedere per l’agente alla guida del veicolo che aveva investito il corpo di Carlo Giuliani, ormai a terra dopo essere stato colpito. La giudice ha affermato che l’autista era involontariamente passato in avanti e in retromarcia sopra il corpo e che le perizie medico-legali indicavano che le lesioni risultanti dall’investimento erano lievi e non avevano avuto alcun ruolo nel decesso. Ella ha concluso inoltre che la pistola era l’unico mezzo che il primo agente aveva a disposizione per contrastare la violenza in atto; che, dopo aver agitato la pistola in segno di avvertimento, aveva esploso il colpo fatale ma non aveva mirato a Carlo Giuliani, bensì in aria; e che la traiettoria del proiettile era stata deviata da un calcinaccio lanciato da un manifestante. In seguito, i genitori di Carlo Giuliani hanno annunciato l’intenzione di presentare un’istanza contro l’Italia alla Corte europea dei diritti umani.

*Nel mese di settembre la procura della Repubblica di Genova ha concluso le indagini in merito al comportamento degli agenti delle forze dell’ordine durante un’irruzione in un edifico legalmente occupato dal Genoa Social Forum, il principale organizzatore delle manifestazioni. I procuratori hanno presentato i risultati dell’inchiesta a 30 membri della Polizia di Stato, tra cui alcuni alti ufficiali, consentendo loro di esercitare il diritto a rispondere prima della richiesta di rinvio a giudizio. Le accuse della procura includevano abuso di autorità, lesioni gravi e percosse, calunnia e falsificazione di prove contro le 93 persone arrestate durante l’irruzione, apparentemente al fine di giustificare l’incursione nell’edificio, l’arresto dei 93 dimostranti e il grado di forza impiegato dagli agenti. Nel mese di maggio è terminata l’indagine penale sulle accuse contro i 93 arrestati di resistenza a pubblico ufficiale, furto e porto illegale di armi: la giudice incaricata dell’inchiesta ha concluso che non vi erano prove di resistenza da parte dei 93 arrestati. A dicembre la procura ha chiuso un’inchiesta penale separata sull’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio e ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di procedere all’archiviazione del caso.

*La procura ha terminato anche le indagini su quanto avvenne nella struttura temporanea di detenzione di Bolzaneto, in cui furono portati più di 200 detenuti durante lo svolgimento del summit del G8. I risultati dell’inchiesta riguardavano 47 persone, tra agenti di polizia, carabinieri, personale di custodia e sanitario. Le accuse comprendevano abuso d’autorità, lesioni gravi e percosse, falso in atto pubblico ed omissione di referto.


Maltrattamenti e carenti condizioni di detenzione nelle carceri

Sono continuati a pervenire rapporti di sovraffollamento cronico e insufficienza di personale, carenza di misure sanitarie, assistenza medica inadeguata ed alti livelli di autolesionismo nelle carceri. È stato motivo di preoccupazione il fatto che il regime di massima sicurezza, il cosiddetto "41 bis" – che consente un duro grado di isolamento dal mondo esterno ed è applicabile a prigionieri trattenuti per reati connessi al crimine organizzato o "con finalità di terrorismo ed eversione dello Stato" – possa in certe circostanze equivalere a trattamento crudele, inumano o degradante. Nel già citato rapporto sulla visita compiuta nel febbraio 2000, il CPT ha affermato che tale regime ha avuto come conseguenza nei detenuti un aumento dei problemi legati all’ansia, di disturbi del sonno e di disordini della personalità. Erano in corso numerosi procedimenti penali, alcuni dei quali contraddistinti da eccessiva lunghezza, relativi a presunti maltrattamenti nelle carceri, in alcuni casi equiparabili a tortura.

***Aggiornamento

Nel mese di febbraio un giudice per l’udienza preliminare che esaminava casi di imputati che avevano scelto di essere processati secondo il rito abbreviato (che prevede condanne più miti), ha concluso che nell’aprile 2000 i detenuti del carcere di San Sebastiano, in Sardegna, erano stati sottoposti a maltrattamenti senza preordinazione da parte del personale di custodia. Le sentenze variavano da un’ammenda a 18 mesi di reclusione e sono state inflitte a nove agenti di custodia, all’ex capo del personale di custodia, a un medico carcerario, all’ex direttrice del carcere di San Sebastiano e all’ex provveditore regionale della Sardegna. Il giudice ha stabilito che non vi erano prove per perseguire altri 20 agenti di custodia. Il procuratore si è appellato contro la decisione del giudice e, a fine anno, erano ancora in corso i procedimenti contro i nove agenti di custodia che non avevano scelto il rito abbreviato.


Aggiornamento: il caso di Adriano Sofri

È rimasto in carcere, a scontare una sentenza di 22 anni di reclusione, Adriano Sofri, uno dei tre uomini condannati nel 1995, dopo procedimenti penali la cui equità era stata ripetutamente messa in dubbio, per partecipazione a un omicidio politico avvenuto nel 1972. A giugno la Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibile un’istanza che lamentava la non equità dei procedimenti penali. Più di 300 parlamentari, sia della maggioranza, sia dell’opposizione, hanno quindi chiesto per Adriano Sofri la grazia presidenziale. Nonostante il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio abbiano entrambi espresso il loro favore alla richiesta di grazia, il ministro di Grazia e Giustizia ha bloccato il provvedimento, così come la richiesta di grazia presentata da Ovidio Bompressi, in passato rilasciato dal carcere per motivi di salute. Il terzo uomo condannato per l’omicidio, Giorgio Pietrostefani, è rimasto latitante.