Quando l'Istat snocciola i dati sul costo della vita, l'inflazione etc. compie una tragica semplificazione: lo fa a granularità nazionale. Ma niente è più sbagliato, perchè una più attenta analisi dei dati rivelano che esistono forti differenze, in termini di potere d'acquisto, fra le regioni padane e italiche. E le differenze potrebbero anche articolarsi maggiormente prendendo in esame le provincie. Ma ciò che balza agli occhi è che, a media nazionale 100, un lombardo è costretto a spendere quasi il doppio rispetto a un calabrese per assicurarsi il tradizionale "paniere". Va da sé che, di fronte a questa situazione, uno Stato nazionale che costruisca su tale dimensione le proprie politiche del lavoro, è destinato a fallimento. Mentre a Nord, pur di fronte a una situazione di maggior benessere dovuto alla forte diffusione di un ceto produttivo medio e medio-alto, i contratti di diverse categorie dovrebbero essere urgentemente rinnovati, a sud dati alla mano sarebbe possibile sviluppare una politica diversa, ispirata alla riduzione dei costi del lavoro (e del pubblico impiego) che attirerebbe investimenti, alleggerirebbe il tasso di disoccupazione, ridurrebbe i costi di sanità, scuola, polizia locale aumentando il tasso di autonomia delle relative regioni. In assenza di un federalismo integrale, e quindi di un modello alternativo al liberismo, ossia un modello che redistribuisca le risorse indotte dall'industria di trasformazione, focalizzandosi sulla valorizzazione di economie locali auto-centrate, non si può che seguire la strada di un federalismo competitivo che cavalchi i divari socio-economici per ridurre gli stessi nel medio-lungo periodo e porre argine a inique e pessime gestioni della cosa pubblica. Per questo Montezemolo ieri, ha detto delle falsità. Non non ha infatti invitato a questo tipo di federalismo (che verrebbe bocciato dalla triplice, la quale vedrebbe compromessa la sua visione totalitaria delle rivendicazioni salariali, cui vuole prostrarsi), e ha anche negato il diritto alle regioni di tutelare legislativamente il proprio territorio (e per definizione è localmente che si tutela nel miglior modo il tessuto locale) riconoscendo implicitamente a Roma, perno della burocrazia, della generalità, del misconoscimento delle profonde e naturali articolazioni del territorio ad essa sfortunatamente soggetto, questa prerogativa.
Zena