Immaginiamo che la frase «capisco che gli iracheni possano prendere le armi contro le forze di occupazione», l’abbia pronunciata uno dei leader dell’Ulivo.In origine postato da krentak
Sono tutte affermazioni ampiamente condivisibili. Non comprendo (seriamente) l'ironia di Fecia.
E che a questa affermazione egli ne abbia aggiunta un’altra:
«Non tutti i combattenti sono terroristi».
E un’altra ancora:
«Non sopportano di essere occupati».
Per poi concludere:
«Né io né nessun altro vorremmo essere al loro posto».
Immaginiamo che succederebbe appena queste dichiarazioni fossero trasmesse dalle agenzie.
Cosa sarebbero capaci di replicare i Bondi, i Cicchitto, i Baget Bozzo e le altre zelanti staffette del pensiero unico berlusconiano.
Pensate alle tremende accuse che da costoro pioverebbero sull’imprudente leader ulivista.
Di essere amico dei terroristi.
Complice degli assassini di Quattrocchi e Amato.
Mandante morale della strage di Nassiriya.
La sera stessa, in un’edizione speciale di «Porta a Porta», l’equilibrato conduttore potrebbe finalmente coronare la lunga e appassionata ricerca dedicata allo smascheramento degli uomini di Al Qaeda infiltrati nel centrosinistra.
E procedere quindi all’incriminazione, in diretta, della opposizione al completo, dell’intero movimento per la pace (palloncini compresi) e di tutti coloro che si ostinano a non comprendere che in Iraq non esiste alcuna resistenza armata ma solo pochi terroristi assassini che la pacifica popolazione, sempre grata agli Stati Uniti e a Berlusconi, ha già provveduto a isolare.
Non potendo accusare anche George W. Bush (autore di quelle frasi nell’intervista a «Paris Match») di antiamericanismo e intelligenza col nemico, i nostri patetici guardiani dell’Occidente dovranno prendere atto della dura realtà.
Per uscire dal pantano iracheno, e dalla solitudine internazionale, il presidente americano ha assoluto bisogno dell’Europa.
Di quella stessa Europa disprezzata quando non ha voluto seguire l’avventura della guerra e a cui adesso chiede disperatamente una mano per far passare le sue risoluzioni alle Nazioni Unite.