LA SPINTA MORALE
Mandato da Gianni Pardo Martedì, 01 June 2004, 18:01 uur.
Gli studiosi hanno criticato Marx per avere identificato nell’economia la principale molla dei grandi avvenimenti della storia ma non c’è dubbio che, nel corso dei secoli, l’economia è stata sottovalutata. Sicché, in questo senso, Marx è stato utile. Analogamente ogni volta che si è cercato di vedere che influenza hanno avuto, nei vari secoli, la religione, la sovrappopolazione, le fonti energetiche o le risorse naturali, la follia, e perfino l’invidia, si sono fatti progressi nella comprensione del reale.Su una scala più piccola, e cioè riguardo al modo di funzionamento delle democrazie (i regimi in cui si vota), è interessante valutare il peso della spinta morale.

Nel dibattito pubblico quale si riflette nei giornali, in televisione ed anche in Parlamento, è facile notare come, costantemente, tutti facciano a gara per essere gli uni più morali degli altri. In quei fori la ricerca dell’utile individuale – molla suprema di tutti – è completamente dimenticata. Si critica, severamente e senza attenuanti, ogni comportamento che non sia al più alto livello etico. Il fenomeno è tanto evidente che non dovrebbe essere necessario fornire esempi: ma gli esempi a volte sono più chiari della teoria.
Ricorrente è l’affermazione che non bisognerebbe spendere denaro in armamenti, visto che c’è tanta fame nel mondo. Ovviamente, chi dice questo non si è mai chiesto a che cosa servano gli armamenti, e come mai tutti i paesi vogliano averli: ma non importa. È ovvio che nutrire bambini affamati è più morale che fabbricare o comprare cannoni e tanto basta.

Non appena c’è un grande progetto, tutti sono pronti a dire quante altre cose si potrebbero fare con quei soldi. Nutrire gli affamati (nunc et semper), costruire case per i non abbienti e ospedali per i malati, aumentare le pensioni a tutti. Magari dimenticando che, se si costruiscono ospedali, qualcuno protesterà perché la situazione delle carceri è inumana, bisognerebbe costruirne di nuove. E se si costruiscono le carceri, qualcuno protesterà che si spendono soldi per i delinquenti, mentre c’è gente che vive con cinquecento euro al mese. E che su un certo tratto d’autostrada ci sono state decine d’incidenti mortali e bisogna modificarlo. Si potrebbe continuare indefinitamente.
E molti hanno anche la ricetta (ovviamente moralissima) per i fondi necessari. Ci sono quelli che risolverebbero tutti i problemi economici dei vecchi e dei poveri dimezzando la paga dei deputati, quelli che vorrebbero sequestrare il patrimonio ai ricchi oltre un certo livello (sicuramente non il loro personale), quelli, perfino, che vorrebbero la benzina a dieci euro al litro, “così la gente ricomincerebbe ad andare a piedi e l’aria sarebbe più pulita”. Quasi che la maggior parte della gente circolasse in automobile per divertimento e non si svenasse ogni volta che si ferma al distributore.
Analogamente, quando c’è un grande conflitto sindacale ed una grande impresa è dinanzi al fallimento, tutte le anime buone e morali insegnano che bisogna trovare una soluzione che salvi quell’impresa e tutti i posti di lavoro. Ogni altra soluzione è (moralmente) del tutto inaccettabile. E intanto loro non l’accettano. Come mettere insieme le capre e i cavoli? Non importa. Ci deve pensare qualcun altro. Lo Stato. Lo Stato taumaturgico. Il quale poi, se come taumaturgo fallisce, dev’essere condannato. “Il governo non ha voluto salvare quell’impresa, il governo ha voluto che fossero licenziati quegli operai”. E magari si fornisce la soluzione giusta, cui lo Stato non aveva pensato: bastava raddoppiare le tasse dei ricchi! Bastava eliminare l’evasione fiscale! Bastava raddoppiare i pedaggi delle autostrade, dice quello che non le usa. Bastava triplicare il prezzo degli alcolici, dice l’astemio. E bastava cominciare, intanto, col dimezzare gli stipendi dei parlamentari, dimenticando che saranno pure un mucchio di bricconi strapagati, ma sono solo un migliaio.
Di fatto spesso lo Stato si occupa effettivamente dei problemi delle grandi imprese in crisi, ma lo fa perché se ne occupano i giornali, non perché abbia pietà dei lavoratori. Infatti, se fallisce il salumiere e licenzia il suo banconista, lo Stato non si commuove, anzi nessuno si commuove. Il banconista non ha una famiglia, non mangia, non beve, non ha bisogno di nulla. Neanche di pietà. E infatti i giornali non gliela manifestano.

No, non si finirebbe mai. Basti pensare allo scandalo con cui si accoglie l’idea che gli Stati fanno tutti il proprio interesse. Si dimentica che i francesi hanno sempre parlato di “égoïsme sacré”: i governanti non devono scusarsi per avere fatto gli interessi del proprio paese a scapito degli altri, mancando alla parola data, approfittando della debolezza di qualcun altro e magari con la violenza: è loro preciso dovere, comportarsi così, e se non lo fanno non avranno scuse, nei confronti della storia. Nei confronti della storia e nei confronti dei loro stessi concittadini, quando si vedranno le conseguenze.
Per quanto riguarda la politica, troppi parlano come se, loro personalmente, se fossero eletti, si dedicherebbero anima e corpo al bene comune, dimentichi di sé e dei propri interessi. A cominciare da quello di essere rieletti. Ma il fatto che si critichino tutti i politici, di tutti i partiti e di ogni tempo e paese, non suggerisce l’idea che, o la critica è eccessiva oppure il fatto è inevitabile, e dunque probabilmente anche loro, i moralisti, una volta eletti si comporterebbero come gli altri? Ah già, no, è impossibile. Loro hanno la spinta morale.
È questo, l’equivoco di fondo. Gli adepti della spinta morale non hanno preoccupazioni di realismo, di lezioni dell’esperienza, di economia, di compatibilità soprattutto. Mentre chi suggerisce una soluzione tecnica deve preoccuparsi delle reazioni di coloro che questa soluzione danneggia (non si fa omelette senza rompere le uova), chi indica la Stella Polare del Bene è sicuro di cadere in piedi. Per esempio ogni tanto c’è qualcuno che, dinanzi alle stragi sulle strade, propone di costruire automobili che non facciano più di cinquanta chilometri orari. Se poi sono subissati di obbiezioni sono sempre pronti a rispondere: e vale più una vita umana o tutto quello che dite voi? Forte della superiorità morale, il cittadino etico può sorridere di mille obbiezioni tecniche. Si sa, del resto: la tecnica è inferiore alla morale, qualunque arciprete potrà confermarlo. E chi indica un qualunque Bene da perseguire non rischia nulla. Se per esempio qualcuno obietta al costruttore di prigioni più umane in Puglia che sarebbe bene costruire, piuttosto, un ospedale a Sassari, quel tale risponderà con aria trionfante che lo Stato deve fare sia l’una sia l’altra cosa, visto che ambedue sono necessarie. E i soldi? Trovare i soldi è affare dello Stato. E allora aumentiamo le tasse? Certamente, aumentiamole: ma ai ricchi. E chi sono i ricchi? I ricchi sono quelli che guadagnano più di me.

In conclusione, non c’è modo di fermare questa valanga di moralità. Malgrado la sua spesso patente imbecillità, essa manifesta il sentimento di molta gente. E dunque di molti elettori. Ecco perché i politici sono costretti a fare discorsi analoghi. A presentarsi come molto più morali di come siano e di come mai potrebbero essere. Col bel risultato di vedersi poi accusare d’essere disonesti ed ipocriti, visto che non hanno realizzato quell’impossibile che avevano promesso. E senza la cui promessa i cittadini non li avrebbero eletti.
La cosa dolorosa è che, mentre il Foro è pieno di Catoni, la vita privata è piena di persone egoiste, avide, scorrette. Tutto il contrario di quel mondo di predicatori del Bene. Ognuno di noi non sfugge al contrasto, peggio che stridente, tra un Bene lontano - predicato da tutti purché a spese di altri - e il bene concreto cui il singolo, nel proprio interesse, si appiglia senza scrupoli e con sfacciata avidità. Si pensi all’evasione fiscale. Tutti sono pronti a bollarla col marchio della più severa indignazione ed invocano per i cattivi la galera e il sequestro di tutti i beni. Solo che anche loro sono evasori. L’avvocato che, distrattamente, dà un consiglio alla sorella per una questione di condominio è un evasore: dovrebbe emettere fattura e dare la sua parte allo Stato. Idem per il meccanico che ripara l’auto del cognato o per il professore (i professori sono dei grandi moralisti) che danno lezioni private senza emettere fattura e senza mai inserire l’introito nella dichiarazione dei redditi. Tutte queste persone obietterebbero, se pure capissero il ragionamento, che “va bene, è evasione, ma così piccola!”. Dimenticando che evade poco chi può evadere poco ed evade molto chi può evadere molto.
La spinta morale ammorba pericolosamente l’aria della vita pubblica. Perché il singolo, quando agisce nel proprio interesse, agisce razionalmente e, secondo la teoria economica classica, si ha il massimo bene generale quando ciascuno agisce ragionevolmente nel proprio interesse. Quando invece i singoli, non sentendosi coinvolti personalmente, possono agire (e votare) secondo la spinta morale, i loro comportamenti cessano d’essere ragionevoli. Mirano al Bene supremo, e sono dunque soggetti ai più stupidi idola, alla demagogia, alla politica dell’invidia vindice e miope. Insomma ad un Bene Supremo che, a volte, somiglia al disastro supremo.
Madame Rolland, condannata alla ghigliottina, esclamò: O Giustizia, quanti crimini si commettono in tuo nome!
La Giustizia, si sa, è supremamente morale.

Giannipardo@libero.it





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