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    Predefinito Quando ti morde la tarantola...

    Il Tarantismo
    di Eugenio Imbriani

    «Genuit hic natura arachneum animal nocentissimum…», la natura vi ha generato (nella penisola salentina), un animale dannosissimo, un ragno, scrive nel 1513 il medico umanista Antonio De Ferrariis nella più famosa delle sue epistole, De situ Japygiae, il cui veleno viene espulso al suono di flauti e tamburi. Non ci crederei, aggiunge, se non ne avessi avuto numerose prove. Il morso di questo ragno, la tarantola, causa, secondo la credenza diffusa, uno stato estremo di prostrazione e di malessere nel malcapitato, da cui è possibile risollevarsi, temporaneamente, grazie a una pratica terapeutica che si basa sulla musica e sulla danza. Soprattutto le donne sono colpite dal male. Una volta che se ne sia capita la natura, viene convocata una orchestrina (un tamburello, un violino, una chitarra, anche solo variamente accoppiati tra loro o combinati con altri strumenti) che attacca una serie di motivi musicali, una vera e propria esplorazione, per comprendere quale di essi risvegli il tarantato: talvolta il ritmo è quello forsennato della pìzzica, e allora la persona colpita dal morso si solleva e danza a lungo, in maniera scomposta, anche per molte ore e per giorni, tolte brevi pause diurne di riassopimento e le notti; ma il ritmo può essere anche più blando e il motivo lamentoso. Durante la terapia i tarantati si mostrano particolarmente sensibili ai colori, ai profumi, agli oggetti luccicanti; talvolta aggrediscono persone che indossino un capo del colore che li eccita. La guarigione è temporanea, perché il malato ricade ogni anno nello stato di malessere, nel periodo corrispondente a quello del primo morso. Nel XVIII secolo si diffonde la devozione per San Paolo quale guaritore e protettore dei tarantati; luogo centrale della sua venerazione è una cappella a lui dedicata situata della città di Galatina, e benefica, perché vomitiva, era considerata l’acqua del pozzo ad essa adiacente chiuso nel 1959.

    Per secoli medici, viaggiatori, geografi, curiosi e, più di recente, antropologi, hanno raccontato lo svolgersi di questa strana terapia, alcuni celiando sull’efficacia sia del veleno che della cura, altri soffermandosi sull’anatomia dei ragni pugliesi, in qualche caso deridendo le vittime del morso, in altri rivelando un atteggiamento più partecipe e votato alla comprensione del fenomeno.

    Il più importante studio sul tarantismo rimane La terra del rimorso di Ernesto De Martino (1908-1965), etnologo e storico delle religioni, il quale organizzò e diresse la spedizione di una équipe di studiosi nel Salento nel 1959 (tra essi l’etnomusicologo Diego Carpitella, lo psichiatra Giovanni Jervis, il fotografo Franco Pinna); il libro uscì due anni dopo. De Martino comprese la natura di "male culturale" del tarantismo, cogliendo nei momenti della terapia il ricorso a uno schema tramandato nelle comunità di soluzione delle crisi che non avevano, però, origine dall’avvelenamento subito da alcun ragno. Il tarantismo osservato da De Martino era ormai un fenomeno residuale, aveva perduto la complessità del rito emersa dalle vecchie testimonianze.


    Tarantola

    Non è chiaro quale specie di ragno identifichi il nome tarantola, o taranta; stuoli di osservatori hanno cercato di individuarla con precisione e hanno studiato la morfologia e l’anatomia dei ragni pugliesi. D’altro canto, l’origine del male non sempre viene attribuita al morso del ragno: essa può nascere dalla "sfiatatura" - un incantamento - di un serpente, o di un cane, o dalla puntura di un’ape. In ogni caso, nella tarantola è plasmato il simbolo della crisi. Nel Salento sono due i ragni il cui morso può produrre seri effetti tossici sugli uomini: la lycosa tarentula, rapida, mobilissima, aggressiva, il cui veleno agisce localmente e procura reazioni molto appariscenti nei dintorni della parte colpita; il latrodectus tridecim guttatus, lento e sornione, vive nascosto e attende che la preda si impigli nella rete: il morso può causare effetti generali molto gravi e dolorosi, fino a un irrigidimento del corpo, della durata di alcuni giorni. È verosimile che l’esperienza degli effetti prodotti dalla puntura del latrodectus e del comportamento aggressivo della lycosa abbia contribuito alla elaborazione del simbolo, la tarantola, che dà vita e orizzonte alla crisi. Il tarantato assume il carattere dell’animale che lo ha morso: la tarantola può essere canterina, o sorda – e allora alla danza e al canto si sostituirà un lamento che ha la cadenza del pianto funebre -, amare colori particolari, o sguazzare nell’acqua, preferire una melodia e un ritmo piuttosto che altri.


    Pizzica

    «Alcuni usano ballare nelle case; altri nei crocicchi delle vie; alcuni vestiti a festa, altri quasi seminudi; alcuni tenendo in mano i fazzoletti, o simili adornamenti femminili, altri reggendo pesanti arnesi della casa. Uno dei più barbari balli è quello che taluni fanno nell’acqua. E non solamente nell’acqua si agitano per mezza persona, ma continuamente se ne versano con un catino sul capo e sulle spalle. È una cosa che muove a pietà, e a sdegno per così orribile pregiudizio! Immancabilmente è accompagnato il ballo dal monotono e cadenzato suono del violino, e dal rullo ineguale di un tamburello colle nacchere, suono e cadenza che si approssimano all’altro della pìzzica-pìzzica, ch’è il ballo più antico e veramente popolare, tutto proprio del nostro popolo, la cui tradizione si spegne nei secoli più lontani»; così scriveva alla fine del secolo scorso Giuseppe Gigli in Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d’Otranto (1893, nuova edizione 1998), usando toni poco pietosi nei confronti dei tarantati. In modo più articolato e illuminato aveva toccato lo stesso tema Luigi Giuseppe De Simone in La vita della Terra d’Otranto (1876, nuova edizione 1997): la pìzzica è una danza erotica che si esegue in coppia molto simile alla tarantella, di cui è forse uno sviluppo; oggi se ne conosce una versione semplificata, ma sappiamo come si sviluppava nell’Ottocento: una ragazza comincia a ballare da sola, quindi invita un partner, lo respinge, ne chiama un altro, e chiunque sia, anche se vecchio e malmesso, è costretto ad accettare e a danzare per il tempo che lei desideri; quando è stanca lascia al compagno il compito di menare la danza.

    Al ritmo della pìzzica si esegue un altro ballo tipico del luogo, e cioè la danza delle spade o dei coltelli durante la quale due uomini mimano una lotta con i coltelli, specialità nella quale, ancora nel ventesimo secolo inoltrato, i salentini pare che eccellessero; in particolare, essa viene eseguita nella notte della festa di San Rocco a Torrepaduli, in provincia di Lecce.

    Dal sito Amaltea edizioni - Home page
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-05-10 alle 01:13
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  2. #2
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    Predefinito Quando ti morde la tarantola...

    Ne hanno scritto uomini di scienza, antropologi ed etnologi, ne hanno ricercato le cause, descritto i gesti, interpretato i segni. Di certo si è stabilito che non esiste in Puglia alcun ragno in grado di provocare quei sintomi e le cause del tarantismo vanno ricercate altrove. Innanzitutto nella cultura di una terra, la Puglia, da sempre crocevia di popoli, di storia, mediterranea per sua stessa natura, terra di sole e di sofferenza, di antichi riti tribali e di simboli pagani mai dimenticati. "Terra di mezzo" e come tutte le terre di mezzo magica e sacra.

    Il ragno diventa l'espediente, il segno, la forza scatenante di una sofferenza più profonda, repressa, mai vinta: la sofferenza di chi lavora la terra, di individui ai margini del vivere sociale, che nel ragno e nel ballo trovano l'unica occasione per porsi al centro dell'attenzione, per dar libero sfogo alle frustrazioni di un anno. Non a caso la taranta preferisce le donne, emarginate fra gli emarginati, vittime di una società patriarcale e contadina che le relegava in un ruolo subalterno e oscuro.

    Rivincita mitica, dunque: capovolgimento delle regole quotidiane, come un tempo il carnevale. Per un giorno è possibile impazzire, ballare. Ma non basta: chi ha visto una di queste donne ballare, sa che la frenesia è reale e che sconvolge e dilania. La cultura non può da sola spiegare il malessere profondo ed esaurirne le cause.

    Le tarantate, nuove menadi di Puglia, aprono uno spiraglio su simbolismi arcani. Da sempre il serpente, il ragno e altri animali striscianti sono simboli sessuali: ricordi di una società matriarcale, poi vinta da invasori che portavano nuove immagini e nuove divinità. Apollo che sconfigge il serpente Pitone, Indra che si sbarazza di Vrtra, Iahweh che vince il Leviatano, lo stesso Dio cristiano che condanna il serpente segnano il trionfo di un’ideologia solare, del maschile sul femminile. Il ragno è l'idea della Terra madre che riaffiora, è la forza di simboli e rituali antichi, non vinti dal Cristianesimo e dalla ragione.

    Già nel '700 la Chiesa tentava di dare una coloritura cristiana al tarantismo: oggi, ogni 28 e 29 giugno i tarantati salentini (in numero sempre minore) ripetono la loro danza il giorno di San Paolo, all'interno della chiesa di Galatina. Chiedono la grazia al santo e, alla fine della frenetica danza, sperano di non dover più ballare l'anno successivo. Ma San Paolo viene dopo: è un'aggiunta cristiana. In origine ci sono il morso della taranta, il ballo, il tamburo, cerchio mitico simbolo dello spazio sacro. In origine ci sono la terra e la psiche e ricordi ancestrali, che ciascuno di noi si porta dentro.


    BIBLIOGRAFIA:

    De Martino, Sud e Magia (Feltrinelli)
    De Martino, La terra del rimorso (Il Saggiatore)
    Chiriatti, Morso d'amore. Viaggio nel tarantismo (Caponi)
    Campbell, Mitologia accidentale (Mondadori)


    Liberamente tratto dal sito Trovasalento.it




    Tarantata di Galatina (Lecce)

  3. #3
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    Predefinito

    LA TARANTA
    di Gianfranco Mingozzi


    Il documentario di Gianfranco Mingozzi è stato girato a Nardò e a Galatina nel 1962, con la consulenza di Ernesto de Martino. Il commento e la voce fuori campo sono di Salvatore Quasimodo.
    Questo filmato è stato premiato al Festival dei Popoli del 1962.






    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 25-11-16 alle 00:34

  4. #4
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    Predefinito Rif: Quando ti morde la tarantola...

    Il tarantismo tra sciamanesimo e mito della Dea Madre
    di Leonella Cardarelli

    Il tarantismo tra sciamanesimo e mito della Dea Madre

    Dal sito http://www.unknown.it/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-05-10 alle 01:09
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  5. #5
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    Predefinito

    Parlare oggi di tarantismo significa non poter prescindere dalla ricerca sul campo che Ernesto De Martino ha condotto sul fenomeno in Puglia, a partire dall'estate del 1959. "La terra del Rimorso" raccoglie i risultati di questa ricerca e inquadra il tarantismo come fenomeno storico-religioso, offrendo a completamento un'interpretazione simbolica di ogni suo elemento. Tutto è simbolo nel tarantismo: la taranta, il rito, la terapia, la risoluzione del male, il ri-morso.

    La cura più efficace consiste nel "far crepare" la tarantola con la simulazione della "danza" del ragno, che si svolge con il supporto di una base musicale, di simboli gestuali, con il richiamo a elementi religiosi e con la partecipazione della collettività.

    La cura del tarantato si svolge in due momenti: il primo vede la terapia eseguita a domicilio con l'ausilio di un apparato allestito per l'occasione (dal 1976 però questa non ha più luogo), il secondo coincide con l'appuntamento rituale in occasione della festa di S. Paolo, il 28 e 29 Giugno, a Galatina. Qui l'esorcismo viene ripetuto e, confidando nella grazia del Santo e nel potere della sua acqua, ha finalmente soluzione. La guarigione è comunque temporanea: i sintomi del morso si ripresenteranno ogni anno (ri-morso) all'incirca nel periodo del primo morso. E il simbolismo rituale tornerà ad agire.



    Con il morso, la taranta trasmette il proprio colore e la propria melodia, e i musici devono saperli individuare entrambi per esorcizzarne gli effetti (ai diversi tipi di tarante corrispondono arie musicali e colori diversi). La musica ha quindi una duplice funzione: diagnostica e terapeutica. Nella fase diagnostica permette di identificare la taranta responsabile del morso ("libertina", "triste e muta", "tempestosa", ecc.) e quindi anche il colore che le è proprio e che, di solito, corrisponde a una particolare melodia ed è confermato dalla scelta che il tarantato compie tra i nastri di colore diverso posti lungo il perimetro rituale.

    Oltre all'esorcismo musicale e cromatico, fondamentali sono i cicli coreutici compiuti dal tarantato in più "crisi" della durata di due o tre ore l'una. Una volta individuata la melodia giusta, il malato reagisce e comincia a dimenarsi nel perimetro rituale iniziando il ciclo coreutico nella fase a terra, strisciando sul dorso, imitando l'animale e cercando di risolvere la sua dipendenza. La fase in piedi, regolata da figure coreutiche quali saltellato semplice, doppio e lanciato, avvia il tarantato alla risoluzione della possessione che si conclude quando il soggetto cade al suolo sfinito.


  6. #6
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    Predefinito Rif: Quando ti morde la tarantola...

    Salvatore Quasimodo ha scritto delle parole straordinarie a commento di un vecchio documentario che era fino a qualche anno fa su You Tube. Quel documentario titolato: <<La terra del rimorso>> ora non è più visibile, ma quelle parole restano perchè le ho trascritte. Belle e straordinariamente toccanti. In quella terra ormai rimane solo il ricordo di quei riti arcaici, pagani, legati a al dolore di una esistenza grama e estremamente difficile.
    Un grande popolo che ha espresso la sua spiritualità vera fuori dal devastante criastinesimo che tutto ha inquinato con i suoi riti e con i sui crocefissi. Parole sacre, di una profondità e di una sapienza inimmaginabile.

  7. #7
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    Predefinito Rif: Quando ti morde la tarantola...

    Non avevo visto che Silvia ha postato proprio quel documentario che porta le sublimi parole del premio Nobel per la leteratura Salvatore Quasimodo.
    Grazie che ho così potuto rivedere quel documentario che credevo perso, anche il titolo che ho riportato è inesatto , la regia è di Gianfranco mingozzi.
    Bello di una bellezza straordianria! Grazie della riscoperta.
    Grazie Silvia tante

  8. #8
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    Predefinito Rif: Quando ti morde la tarantola...

    Prego.

    E' un documentario che ho trovato molto interessante, mi fa piacere che l'abbia apprezzato anche tu.

  9. #9
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    Predefinito Rif: Quando ti morde la tarantola...




    "Le tarantate ricordavano menadi, baccanti, coribanti e quant'altro nel mondo antico partecipava a una vita religiosa percossa dall'orgiasmo e dalla mania" ("La Terra del Rimorso" di Ernesto de Martino, Il Saggiatore, Milano, 1961).

    La letteratura sul tarantismo ha fatto frequente riferimento al suo aspetto musico-terapeutico. Dal Seicento, tutta una serie di autori, a cominciare dal Kircher, aveva considerato il fenomeno soprattutto come un esempio di "iatromusica", e, ancora nel 1948, l'etnomusicologo Marius Schneider, direttore dell'Istituto di Etnografia Musicale di Berlino, aveva pubblicato un saggio sui riti medicinali, nel quale il tarantismo e la tarantella come danza delle spade avevano una parte importante.
    Pubblicato da luigi pellini

  10. #10
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    Predefinito Rif: Quando ti morde la tarantola...

    Teresa De Sio racconta la Taranta

    Esordio letterario (con Einaudi) per la cantautrice napoletana:
    «Pensiero violento che si balla»


    di Biagio Coscia

    Lecce - Dalla canzone, luogo della sintesi per eccellenza, al romanzo. «È una forma che consente analisi approfondite», spiega Teresa De Sio. «Come autrice di canzoni è come se finora avessi scattato delle fotografie che poi ho messo in versi. Ora mi sono data uno spazio più ampio per raccontare delle storie» .


    È un romanzo quasi ‘‘musicologico’’…

    «È un libro che non ha nulla a che fare con la mia vita di musica, ma ha molto a che fare con la musica popolare alla quale accede da tutta un’altra porta. In realtà, questo romanzo è stato scritto per raccontare ai ragazzi che cos’è la taranta, com’è nato il tarantismo e da dove arrivano gli epigoni di quella tradizione che ora si dedicano alla pizzica, al ballo e alla taranta».


    Il pretesto è una storia contadina.

    «Ho sempre pensato che per capire il mondo fantastico del Salento e il tarantismo fosse indispensabile entrare nell’argomento con una storia. È un mondo arcaico fatto di terra e di contadini. Una società rurale molto chiusa al mondo, con pochi contatti in un’Italia, quella degli anni Cinquanta, dove esistevano le stesse infelicità delle persone che vediamo oggi. Situazioni e sofferenze alle quali ora diamo nomi tecnici altisonanti e che curiamo con un complesso armamentario di medicine, cure, sedute analitiche. Si trattava comunque di depressione. Stati d’animo, malesseri che arrivavano da situazioni estreme di disagio come violenze subite, e che allora erano inconfessabili, erano cose che non potevano essere dette. Situazioni che nascevano in ambiti famigliari e coinvolgevano soprattutto donne e bambini. Tutto questo aveva bisogno di una forma di riscatto per trovare una soluzione».


    Il nodo del racconto è una terribile violenza subita e non confessata.

    «Qui arriva il morso del ragno, della taranta. Chi era affetto da tarantismo diceva di essere stato morso da un ragno che iniettava una dose di veleno e lo spirito di una persona morta. Chi era colpito dal tarantismo allora poteva fare quello che voleva. In quella situazione, e in quel contesto, il giudizio della società non lo poteva raggiungere. Non si è mossi dalla propria volontà ma dalla puntura del ragno e dallo spirito che torna a danzare. Eppure solo in quel modo la persona colpita poteva avere il proprio riconoscimento, la riabilitazione».


    Tutto accade, l’abbiamo detto, nel Salento degli anni Cinquanta.

    «È un romanzo corale con una trama fitta di voci e di personaggi in un luogo, Mangiamuso, che ho immagi*nato come poteva essere a quell’epoca. In un momento molto critico della cultura contadina. Quando un mon*do fatto di tradizioni secolari comincia a incrinarsi e a tramontare, a cedere il passo alla cultura di massa, alla tv, alla scolarizzazione, alla musica pop. Il racconto ha toni cupi e drammatici, data anche la storia».


    Ma ora cos’è successo alla taranta?

    «Non credo che il tarantismo sia un fenomeno concluso. Non è più terapeutico, ma è sopravvissuta la musica che conserva un forte potere aggregativo. Io dico sempre che la musica folk è il rock del popolo, e la taranta ne è uno degli esempi più sorprendenti » .


    Quanto c’è d’autobiografico? Magari un personaggio nel quale si è raccontata?

    «Non c’è alcun personaggio nel quale potrei riconoscermi. Quanto ai riferimenti autobiografici, non ce n’è molti. O forse qualcuno sì, nel senso che involontariamente ho raccontato sofferenze che, benché in modo diverso, sono state anche mie. Non credo esistano opere dell’ingegno umano che non portino tracce della vita dell’autore».


    I protagonisti della musica arrivano ormai dai reality della tv, e una storia sulla taranta è quasi sovversiva...

    «Magari è come accendere una lampadina che aiuta a guardare nel buio».


    06 novembre 2009

    Teresa De Sio racconta la Taranta - Corriere del Mezzogiorno

    Dal sito Corriere del Mezzogiorno - © Riproduzione riservata
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 06-10-10 alle 22:07
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

 

 
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