Il pacifismo in guerra contro Bush (e la sua visita in Italia)
di Fabrizio Gualco - 4 giugno 2004
Il pacifismo estremo è una forma di nichilismo politico contemporaneo, data dall'interazione fra un moralismo sterile ed un attivismo irresponsabile Il primo vive di rendita speculando su buone intenzioni e sensi di colpa, il secondo su proclami retorici senza decenza verbale ed invettive prive di onestà intellettuale. Nei fatti, esso si traduce nell'eccesso di antagonismo politico e sociale che fonda le sue pratiche sulla confusione esplicita o implicita tra vittima e carnefice, democrazia e totalitarismo, forza e violenza.
Le pratiche pacifiste, modulate all'estremo, sono le espressioni di chi vive in stato di guerra permanente nei confronti della realtà, ed in generale di tutto ciò che non rientra nei paramentri forniti da una percezione del mondo estremamente semplificata . I sedicenti pacifisti, troppo unilaterali per risultare credibili e troppo agitati per sembrare pacifici, manifestano con l'astio nel cuore, avendo la parola "pace" solamente sulle labbra o su qualche striscione.
La solidarietà con l'America colpita dalla follia del fanatismo terrorista, espressa in forma pressoché corale nei giorni successivi all'11 settembre è durata poco. "Siamo tutti americani": il titolo che all'indomani della tragedia accomunava gli editoriali di Ferruccio de Bortoli sul Corsera e quello di Jean Marie Colombani su Le Monde, è contraddetto dai fatti in modo quotidiano ed inesorabile oggi come non mai. No, non siamo tutti americani. Nemmeno per idea, neppure di striscio.
Chiedetelo agli esponenti della sinistra massimalista, amanti di Zapata e Zapatero. Chiedetelo ad intellettuali come Asor Rosa e Giorgio Agamben, a politici come Cossutta e Bertinotti, ad attivisti extraparlamentari terzomondisti come Strada e Agnoletto: a loro calza meglio l'assurda equazione che un filosofo francese non conformista, Alain Finkielkraut, ha proposto di recente in un suo articolo al fine di evidenziare quanto lo spirito critico del pacifismo ideologico sia labile: se tutto il male viene dall'America - questa l'equazione - vuol dire che tutto il bene può venire dalla lotta contro l'America.
Se l'Europa ha potuto godere di un periodo di pace mai prima vissuto, attraverso cui realizzare e fruire di uno sviluppo economico e sociale di tutto rispetto, ciò in grandissima parte è dovuto all'intervento americano in terra europea La riconoscenza che dobbiamo all'America si determina, tra le altre cose, nel fatto evidente che l'Italia dal dopoguerra ad oggi ha potuto provare e sperimentare la libertà economica, sociale e politica: la libertà concreta avversata dai totalitarismi di ogni ordine e grado.
Senza il sacrificio dei soldati americani saremmo finiti nelle fauci di Hitler o di Stalin. Oggi saremmo infinitamente più esposti ai colpi di ibn Laden & Co. Ieri gli Stati Uniti fornirono, anche in termini di vite umane un contributo fondamentale per la liberazione dell'Europa dal giogo totalitario aprendo la via ad uno sviluppo economico, democratico, civile senza precedenti. Oggi, gli Stati Uniti guidano la lotta contro il terrorismo fanatico, la guerra globale al totalitarismo del XXI secolo, mossa alla multinazionale del terrore che dispone non solo di corpi pronti a farsi saltare in aria, ma anche di cervelli che lavorano non solo per architettare attentati o stragi.
In questa prospettiva, la visita italiana di George W. Bush non da pace ai pacifisti: in un call for action rintracciabile sulla Rete, viene descritto come «Signore dei signori della guerra e del terrore», «criminale contro l'umanità», «capo supremo dei bombardieri e dei torturatori»: per la moltitudine pacifista, il Presidente americano è peggio di Osama ibn Laden, di Saddam Hussein, di Fidel Castro. Più pericoloso degli assassini di Daniel Pearl, Nick Berg, Fabrizio Quattrocchi, Antonio Amato. Antiamericanismo assoluto, totale, senza se e senza ma: l'ennesimo esempio di quanto le pulsioni ideologiche possano oscurare l'intelligenza e produrre delirio.
I pacifisti, siano essi parlamentari o piazzaioli, si dicono antifascisti.Ma al contempo dirsi antitotalitari?Il dubbio rimane.