da www.ilfoglio.it

" Cardia non fa l’indiano sugli scandali, chiede poteri e banche in regola
“Risparmiatori danneggiati e incolpevoli”, l’ammissione che ridà fiducia più di ogni scaricabarile
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Roma. Quella pronunciata ieri a Milano va considerata la prima relazione annuale al mercato finanziario tenuta dal presidente della Consob Lamberto Cardia , poiché l’anno scorso la scadenza cadde proprio a cavallo dell’addio di Luigi Spaventa. L’anno alle spalle è stato orribile per chi è chiamato a esercitare i controlli sulla Borsa, con default come Cirio e Parmalat . E se bisogna esprimere in una sola frase il giudizio, l’alternativa è tra Antonio Di Pietro – “una relazione da Ponzio Pilato” – e Francesco Greco, pubblico ministero ancora in esercizio, “una buona relazione”. Su queste colonne non c’è sospetto di corrività giustizialista, se diciamo che stiamo con Greco. Cardia ha per fortuna deluso chi richiama come un neo il suo approccio giuridico-formalista, e invece ha badato alla sostanza. Ha evitato ogni minimalizzazione degli scandali, ne ha ripercorso ragioni e responsabilità per oltre metà delle sue 32 cartelle, segnalando a una politica che fosse all’altezza il dovere di intervenire non oggi, ma mesi e mesi fa. Come purtroppo non è ancora avvenuto. Se si pensa che solo una settimana fa alla Banca d’Italia alle stesse vicende è stato dedicato poco più di un inciso di circostanza, il contrasto non potrebbe essere che più stridente. Ma salutare . Ovviamente, Cardia ha parlato a nome non del “sistema”, ma della Consob. Dunque è legittimo che abbia richiamato come un punto interrogativo che, nella vicenda Cirio, malgrado “gli elementi critici della situazione finanziaria” fossero “stati gradualmente resi noti anche per le progressive pressioni della Consob, si sia verificata un’ampia diffusione presso il pubblico dei titoli obbligazionari senza la necessaria, esaustiva e tempestiva informazione sulle loro caratteristiche di rischiosità”. Sarebbe stato più interessante, se anche il regolatore bancario avesse detto la sua. La testuale dizione “ risparmiatori danneggiati incolpevoli”, nelle parole di Cardia, suona come un atto di responsabilità che altri ha preferito non fare . Allo stesso modo la descrizione del conflitto d’interessi in cui si vengono a trovare gli istituti bancari – come finanziatori di imprese, consulenti di emissione, collocatori e negoziatori di titoli, e loro acquirenti e venditori come gestori – ha trovato in Cardia l’indicazione di una lacuna normativa da colmare, l’esenzione sin qui garantita dagli obblighi di redazione e pubblicazione del prospetto informativo riservata ai prodotti finanziari emessi dalle banche. Non solo. Cardia è stato anche istituzionalmente di altri più accorto – e corretto, abbiamo l’ardire di aggiungere – riservando esplicita e positiva menzione alla cooperazione in atto con la magistratura per le molte indagini in corso. E riconoscendo che gli interrogativi sollevati dal ministro dell’Economia nelle riunioni del Cicr tenutesi l’estate scorsa – ben prima che Parmalat scoppiasse – hanno rappresentato non indebite interferenze cui opporre il segreto d’ufficio, ma l’invito opportuno e giustificato “a estendere l’esame delle obbligazioni societarie anche al di là del caso Cirio” . Troppi patti di sindacato Ci sarà chi rimprovera Cardia di aver puntato l’indice contro le banche. Ma va invece apprezzata la scelta con cui ha evitato di far menzione esplicita delle 400 lettere di richiesta di chiarimenti recentemente inviate dalla Consob a vertici e funzionari dei maggiori istituti bancari italiani, preferendo invece limitarsi a menzionare la gran mole delle attività ispettive sugli intermediari intraprese dopo i default. Né Cardia ha fatto finta di niente, di fonte alla riforma su controlli e vigilanza in discussione in Parlamento. Le ha dedicato pagine di osservazioni, sposando la “vigilanza per funzioni” – tutto ciò che è trasparenza passi alla Consob, anche per i prodotti bancari, e ciò che è concorrenza vada all’Antitrust, anche nel credito. E chiedendo mezzi, poteri e sanzioni adeguate ai nuovi compiti. Se il legislatore vorrà e saprà darglieli. E’ un peccato, che tutto ciò prevalga sui temi che più ancora descrivono purtroppo l’arretratezza del mercato finanziario italiano. Le poche società quotate. I troppi patti di sindacato, che limitano la contendibilità. Il sonno degli investitori istituzionali nelle assemblee. La bassa percentuale di sindaci e amministratori espressione delle minoranze azionarie. Saremo inguaribili mercatisti, ma è solo dalla soluzione di questa famiglia di problemi – più e meglio che da sanzioni penali esemplari – che si avrà per davvero un mercato finanziario protagonista dello sviluppo italiano.
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Saluti liberali