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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Lo Stato Maggiore a Fort Apache

    da www.ilfoglio.it

    " L’ennesimo “primo vero passo” della federazione ulivesca, Prodi è contento
    Referendum sulla fecondazione e riforme costituzionali continuano a dividere, primarie dopo le regionali del 2005
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    Roma. “Buongiorno”, dice Romano Prodi. Sono le quattro del pomeriggio, ma pazienza. Che poi quella di ieri sia stata, per il futuro candidato del centrosinistra, una buona giornata, a sera ancora pochi si sentivano di garantirlo. Come dice un dirigente diessino, a commento della lunga riunione del vertice del listone, osservando le facce lunghe dei partecipanti, “i fischietti non c’erano e i coriandoli sono finiti”. In pratica, l’entusiasmo non è alle stelle, ma lo scontro non è devastante. Che tanto, come ammette con una certa rassegnazione un partecipante al vertice, “queste riunioni ormai non servono proprio a convincere chi la pensa diversamente da te”. Lo scontro più acceso (ma i toni, dicono, sono rimasti soft) si è verificato tra Francesco Rutelli e Piero Fassino sul tema della federazione, con il segretario ds che spingeva sull’acceleratore e quello della Margherita che pigiava sul freno, richiamandosi anche alle “decisioni prese dalla direzione del partito”. Infine, decisione favorevole, ma con cautela; avvio, ma con parsimonia. Piccoli passi, pochi metri, diversi paletti. Secondo Rutelli si tratta del “primo vero passo in avanti”; secondo Enrico Boselli “abbiamo iniziato un cammino”; secondo Luciana Sbarbati “il cammino è ripreso”. Quanto poi la faccenda sia complicata, basta sentire lo stesso Prodi: sulla federazione “le decisioni finali e formali verranno dagli organi dei quattro partiti”, c’è da reperire “un responsabile per ogni settore”, si riunirà “un gruppo di lavoro per definire le proposte su organi della federazione’”, e via così.
    Quattro ore e passa di discussione, nove persone intorno a un tavolo che intervenivano, volta per volta, diligentemente, sui temi che Prodi sottoponeva loro: un elenco infinito, dalla guerra all’Onu, dall’economia alla fecondazione, dalle riforme istituzionali alla federazione, dalla coalizione al programma, dalle regionali alle “regole per stare insieme”. Faccenda complessa ma necessaria, come ammette Sbarbati, dato che loro della lista unitaria si sentivano “reduci di un esercito che non c’è più, di un progetto che sembrava finito”. Senza contare le settimane di continue tensioni dietro le spalle, lo scontro durissimo tra Prodi e Rutelli. Il quale, del resto, continua a guardare con un certo sospetto la convergenza tra il Professore e Fassino. Che ieri, puntualmente, si è ripresentata sul tema della federazione. “Rutelli è molto più cauto di noi”, ripetevano a fine riunione gli uomini di Fassino. Che però hanno chiarito a Prodi che, alle elezioni regionali si possono certo sperimentare forme di federazione, “ma se si tratta di un progetto nazionale, con un input dal centro, forme di sperimentazione spurie non ci interessano”.

    D’Alema va via prima
    D’Alema, con espressione non proprio gioiosa, va via un’ora prima degli altri, schivando l’arrivo delle pizzette a pomeriggio inoltrato. “Ci sarà una dichiarazione importante di Prodi”. Eccola. Scendono dai giornalisti, appunto, Prodi e Rutelli, Fassino e Sbarbati e Boselli. “Conferenza stampa”, diranno in seguito le agenzie. Conferenza si fa per dire. Parla solo Prodi, per leggere il lungo elenco delle cose trattate, niente domande, niente curiosità. Gli altri quattro in silenzio ascoltano, piano annuiscono, in silenzio si defilano. Su temi più caldi dello scontro politico di questi giorni, il candidato premier del centrosinistra qualcosa dice e qualcosa tace. Sulla fecondazione, per esempio, “ferme restando le diverse valutazioni sul referendum, bisogna lavorare per migliorare la legge”. Più netto, Prodi, sulle riforme istituzionali, con una nuova plateale sconfessione dell’astensione alla Camera di Ds e Margherita, definendo il progetto governativo uno “strazio della Costituzione”, contro il quale “siamo pronti a batterci fino al referendum”. Così, nella coalizione, da un alleato come l’Udeur arrivano in pochi minuti un elogio per la presa di posizione sul referendum, “finalmente da Prodi qualcosa di moderato”, e una critica complessiva da Clemente Mastella su tutto il resto: “Così si va al massacro, Fort Apache non mi interessa”. Siccome tutti dicono che si tratta solo dei primi passi, Prodi convoca per il 4 ottobre gli stati generali dell’opposizione “per definire insieme l’agenda”. E pare spuntarla definitivamente sull’annosa questione delle primarie: “Il nostro orientamento è tenerle dopo le elezioni regionali, cioè nel prossimo autunno”. Nel muto defilarsi degli altri leader dell’ex listone, Prodi ancora borbotta: “E’ andata bene”. E da novembre promette pure di riprendere il pullman.

    (21/09/2004)
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    Saluti liberali

  2. #2
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    dal quotidiano LIBERO di oggi

    " L’Ulivo segue Prodi contro Ciampi

    di GIANLUCA ROSELLI ROMA -

    Romano Prodi si è destato dal suo torpore. Ma per il centrosinistra è un risveglio che non scioglie i tanti nodi venuti al pettine. Stretto nella morsa Rutelli- Marini del suo stesso partito, costretto a trovare sponde politiche sotto la Quercia e ingabbiato nel gioco dei veti incrociati delle forze della coalizione, il Professore nelle ultime settimane è rimasto prudentemente al coperto, quasi timoroso di scoprire le sue carte. Un silenzio che, secondo alcuni istituti di ricerca, gli è costato un discreto calo nei sondaggi. Una latitanza notata anche dai più acuti osservatori, come il direttore del Corriere Stefano Folli, che domenica scriveva: « Sui maggiori temi nell’agenda del Paese, la voce di Prodi si è sentita troppo poco » , citando ad esempio la politica estera, il terrorismo, le riforme, fino al referendum sulla procreazione assistita. Letto l’editoriale, Prodi si è dato una sveglia: ha bocciato il referendum sulla procreazione assistita proposto anche dalla Margherita, ha bacchettato l’Ulivo per l’astensionismo in Parlamento sulle riforme, ha sottolineato che le primarie o si fanno come dice lui oppure è inutile. Ieri, infine, è arrivata la seconda parte. Con un vertice di quattro ore a Roma, i leader dell’Ulivo ( oltre a Prodi, Piero Fassino e Massimo D’Alema per i Ds, Francesco Rutelli e Arturo Parisi per la Margherita, Enrico Boselli e Roberto Villetti per lo Sdi, Luciana Sbarbati per i Repubblicani e Giuliano Amato per se stesso), nel primo vertice del centrosinistra dopo la pausa estiva, hanno deciso di suonare la marcia funebre all’unica novità portata da Prodi nel panorama della politica italiana: la lista unica. Il mitico ” listone”, infatti, come per magia si è trasformato in “ federazione dei partiti dell’Ulivo”. « Abbiamo avviato il lavoro per la nascita della federazione, ma le decisioni finali spetteranno ai quattro partiti che hanno dato vita alla lista unitaria » , ha detto ieri Prodi al termine dell’incontro. Sì, ma il “ listone” che fine fa? « Saranno i livelli locali dei partiti a decidere se alle prossime elezioni regionali le forze di “ Uniti nell’Ulivo” riproporranno o meno la lista unitaria » , ha puntualizzato il Professore, spiegando che i partiti dovranno decidere anche in base ai diversi sistemi elettorali regionali. Insomma, la lista unica ormai è relegata a questione locale, ad argomento periferico, materia di discussione non più delle segreterie centrali ma bensì delle sezioni di Bergamo alta o Vibo Valentia. A livello parlamentare, invece, il Professore spiega che « saranno i capigruppo di Camera e Senato a proporre le modalità per organizzare il coordinamento parlamentare della federazione » . Il Professore ostenta serenità, ma per lui si tratta di una sconfitta colossale : colui che sognava di dar vita al “ partito democratico” unico del centrosinistra si è visto costretto a fare marcia indietro di fronte alle frenate di Fassino, ma soprattutto di Rutelli, che mai e poi mai oggi sarebbe disposto a sacrificare la Margherita sull’altare della lista unitaria. E così, avanti con la federazione, anche se non si è capito quando e come dovrà nascere. Forse l’arcano verrà svelato nel prossimo vertice annunciato per il 4 ottobre. L’incontro di ieri, però, è servito a fare chiarezza almeno su un tormentone dell’estate ulivista: le primarie. « Vanno fatte nell’autunno 2005, dopo le Regionali » , ha annunciato Prodi, che in serata dal palco della Festa di Liberazione ha anche “ incoronato” Bertinotti come futuro ministro. Durante il vertice, poi, i leader dell’Ulivo hanno fatto il punto su molte questioni aperte. Ed è sempre Prodi a tirare le somme. Sull’Iraq: « Ora la priorità è liberare le due ragazze, ma questo non cambia il nostro giudizio negativo sulla guerra, che è lo stessoespresso da Kofi Annan » . Sulla procreazione: « Le divergenze sul referendum rimangono, ma lavoreremo per migliorare la legge » . Sul programma: « Verrà messo a punto più avanti, dopo un viaggio per conoscere i problemi del Paese » . Sulle riforme: « La proposta della maggioranza è inaccettabile nel merito e nel metodo: non si può stravolgere la Costituzione solo con l’articolo 138 » . E infatti oggi alla Camera l’Ulivo chiederà la sospensione dell’esame del ddl. Bocciatura anche per la politica economica del governo e per il ministro Siniscalco, « che non è differente da Tremonti » , e che il Professore invita a « riferire in Parlamento sui conti reali del Pa e s e » . « Un vertice positivo » èsta to il commento di Rutelli e D’Alema. A fotografare la realtà, però, è il correntone Ds, che tramite il sito di Aprile fa sapere: « Primarie dopo le Regionali, rinvio sulla federazione, contrasti sulla fecondazione e niente convenzione programmatica: insomma, l’Ulivo ha deciso di non decidere. Il dibattito rimane arroccato tra i partiti, mentre il ruolo da leader di Prodi non decolla. Sconcertante » .
    "


    Saluti liberali

  3. #3
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    RECITE A SOGGETTO

    di PAOLO FRANCHI


    È il nostro leader, parli. Quante volte si è chiesto a Romano Prodi di tagliar corto con le polemicuzze che agitano l’Ulivo e di far sentire il suo peso provvedendo in prima persona a indicare la rotta? Bene, Prodi ha cominciato a farlo, e su questioni davvero non secondarie, come le riforme istituzionali e la fecondazione assistita. Dichiarandosi sconcertato per le tentazioni compromissorie che emergerebbero nel centrosinistra sulle prime. E preoccupato, a proposito della seconda, di un referendum che, a suo dire, dilanierebbe il Paese. Piuttosto che fare chiarezza, però, le sue parole sembrerebbero aver aumentato la confusione. Per motivi di merito e di metodo.
    Può darsi che gran parte del centrosinistra abbia sbagliato ad astenersi alla Camera sul «Senato federale». Ma davvero non si può dire che il «Senato federale» sia una novità sconvolgente per l’Ulivo. Per contrastarla fieramente in via di principio, il centrosinistra avrebbe dovuto ripudiare, e con grande solennità, gran parte del federalismo propugnato, a torto o a ragione, in questi anni.
    E quella astensione non esclude affatto, anzi, che, quando si entrerà nel merito, lo scontro sulle riforme si faccia assai aspro. Dunque? Forse il candidato premier dell’opposizione si è scoperto radicale a costo di mettere in ulteriore difficoltà i suoi stessi sostenitori? Forse sì, forse è possibile.
    Ma anche in questo caso resterebbe da spiegare l’altro appello, quello per trovare in fretta, sulla fecondazione assistita, una soluzione legislativa che sbarri la via ai referendum. Non si può escludere che l’intesa ragionevole cui lavorano in tanti venga raggiunta in extremis.
    Ma stupisce che proprio alla stretta finale, e nelle stesse ore in cui Piero Fassino chiamava i suoi a mobilitarsi per la raccolta delle firme, Prodi abbia rappresentato il referendum alla stregua di una iattura. Come se divorzio e aborto, già tanti anni fa, non avessero insegnato nulla in proposito.
    Quanto al metodo, è vero. Il leader, per essere tale, deve dire la sua, farla pesare, battersi perché prevalga anzitutto nel proprio campo. Ma non è né un profeta né un oracolo né un commentatore. Il consenso se lo deve guadagnare, la sua voce deve levarla quando la decisione politica si forma, e nelle sedi dovute. Purtroppo, nel centrosinistra, non si sa quali siano esattamente queste sedi e come la decisione si formi.
    Capita, così, che un po’ tutti rischino di recitare a soggetto.

    Paolo Franchi

    Corriere della Sera





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  4. #4
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    dal sito di IDEAZIONE

    " Ulivo, il ritorno dell’Armata Brancaleone
    di Pierluigi Mennitti

    I commentatori di sinistra più maliziosi hanno messo in relazione la ripresa del gradimento verso il governo Berlusconi, evidenziato da tutti gli ultimi sondaggi, con la pessima performance fornita in queste ultime settimane dai leader dell’Ulivo. Prodi in testa. Il direttore di Repubblica Ezio Mauro c’è andato giù pesante, sottolineando come il centrosinistra abbia in poco tempo dilapidato il vantaggio accumulato nei mesi pre-estivi, ritrovandosi oggi dilaniato da incomprensibili (per gli elettori) rivalità personali e senza uno straccio di leader da poter contrapporre a Berlusconi .

    In effetti al presidente del Consiglio è bastato dismettere i panni goderecci del premier in vacanza, togliere dal capo la bandana e infilare al collo una più sobria cravatta. Un operoso silenzio alla ripresa settembrina, rafforzato da un buon successo della trattativa Alitalia e da una maggiore compattezza dell’esecutivo. Restano al palo i problemi legati all’organizzazione interna di Forza Italia, primo partito della coalizione, e quelli relativi alla sua strategia politica: l’idea di farne una sezione italiana del Ppe sembra un salto all’indietro, visto che questo fu già un cavallo di battaglia del 1999 ed oggi il centro sarebbe visibile e riconosciuto proprio in Forza Italia, se solo si pensasse a come riempirlo di contenuti. Ma a sinistra sono riusciti a far di peggio. E se i dispetti tra i leader dei vari partiti e l’inconsistenza della rinnovata leadership di Prodi sono il fenomeno esteriore, ben più grave è l’assenza di una linea programmatica riconoscibile.

    Problema che non può restare irrisolto nel momento in cui il centrosinistra intende davvero candidarsi alla guida del paese. Su troppi punti le varie anime della coalizione divergono nettamente e sottovalutare il difficile lavoro di amalgama di una proposta di governo è un errore imperdonabile. Già prima del voto di giugno, un cronista esperto come Giampaolo Pansa aveva avvertito i segretari del centrosinistra del limite programmatico. Ricavandone una sconsolata impressione: quelli credono di aver già vinto e non gli interessa elaborare alcuna strategia. Una partigiana lettura dei risultati elettorali aveva inoltre alimentato l’illusione di essere ormai alle soglie di Palazzo Chigi. Il dato elettorale più politico, quello delle Europee, avrebbe invece consigliato prudenza. Sicuri di aver ormai la vittoria elettorale in tasca e di dover soltanto posizionarsi per meglio raccogliere i frutti del ritrovato potere, i leader ulivisti hanno ingaggiato una guerra di posizione che ha lacerato rapporti e iniziative, rispolverando nelle menti degli elettori il ricordo di cinque anni di inettitudine: quelli dei governi Prodi - D’Alema – Amato.

    Quando nel 2006 si voterà per rinnovare l’esecutivo, gli italiani vorranno capire quali novità l’Ulivo propone agli elettori, visto che, negli uomini, la compagine è esattamente la stessa che venne battuta nel 2001 e, nelle politiche, la divisione tra sinistra moderata e sinistra di governo si è accentuata. A meno di non voler spacciare per novità le amenità surreali della soubrette Flavia Vento, nuova opinion leader invitata alla Festa nazionale della Margherita di Monopoli, che ha gettato nello sconforto il perplesso uditorio di partito che ha assistito alla performance. Roba da far impallidire addirittura la macchinetta metti supposte rivelata da Elisabetta Gardini. Anche per la politica spettacolo bisogna avere le carte in regola.

    21 settembre 2004
    "


    Shalom

 

 

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